Gli spazi di Palazzo Vizzani Lambertini Sanguinetti ospitano dal 22 maggio la mostra intitolata Another Chance, progetto espositivo site-specific che vede coinvolto Friedrich Andreoni; artista cresciuto tra l’Italia e il Medio Oriente e che vive da qualche anno nella capitale tedesca. Le ricerche e la pratica artistica di F. Andreoni si focalizzano nelle dimensioni scultoree e psicologiche del suono e della materia, mediante più media tra i quali: scultura, suono, atti performativi e video. Egli esplora come questi volumi abitino la memoria dei luoghi e del tempo, danzando tra emissione e ricezione, evento e traccia, letterale e immaginato, significato e significante. L’artista desidera indagare e sovvertire le strutture sociali del contemporaneo, astraendole attraverso diversi filtri interpretativi e mettendone in luce le potenziali espressioni creative ancora sconosciute.
Grazie all’attento lavoro dell’artista F. Andreoni i dettagli delle sale del rinascimentale Palazzo Vizzani Lambertini Sanguinetti riemergono come l’alta marea, storie, echi e tracce celate dal tempo sono ora protagonisti. L’artista durante i mesi di permanenza nel palazzo, sede del progetto residenza-studio, ha avuto la possibilità di entrare in sinergia con il luogo e, nel tempo trascorso è stato in grado di metter a fuoco i dettagli attraverso una lente d’ingrandimento per poi delicatamente sottoporli come un ricercatore scientifico alle luci della ribalta. Se prima erano messe dietro le quinte, ora grazie il suo sguardo tornano a essere osservate in primo piano, come attori in scena le crepe nei muri, gli affreschi anneriti dalla fuliggine, gli elementi architettonici nascosti o parzialmente scomparsi ritrovano la loro dignità, essi si trasformano in veri e propri dispositivi narrativi, aprendo una riflessione sui temi della memoria e dell’oblio.
Con sensibilità F. Andreoni è riuscito adare voce agli elementi marginali che formano e costituiscono il Palazzo, luogo storico della città bolognese, dove nei secoli hanno soggiornato più famiglie aristocratiche che hanno modificato, aggiunto e/o sottratto diversi elementi durante la loro permanenza, esattamente come l’artista compie in questi due mesi di residenza artistica, sicché egliporta con sé nuovi spunti, tracce in-visibili, come l’installazione che prende il nome della mostra: Another Chance, in altre parole? Un’altra possibilità, lo dimostra una stanza vuota del palazzo, dove è possibile immergersi nella quasi totalità del buio, benché una torcia come un faro, illumina sopra le nostre teste in modo intermittente, la meravigliosa quadratura settecentesca tipica del rinascimento bolognese, cosicché da evidenziare i dettagli degli affreschi, attraverso un movimento circolare della luce vi è un gioco di rivelazione e sparizione che desidera richiamare la natura sfuggevole del ricordo di chi vi è passato scivolando via col tempo.

Attraversando le stanze si percepiscono suoni ambientali amplificati che scandiscono un processo di reminescenza progressiva, in cui ogni sala si fa eco un’epifania. L’artista desidera rendere omaggio a un luogo denso di storia, proponendo al fruitore una riflessione sull’identità degli spazi e del tempo che li ha attraversati, sicché una voce di donna si propaga da una stanza, essa come il canto delle sirene di Ulisse ci invita all’ascolto in modo introspettivo, poiché sentendo attentamente le parole pronunciate ci accorgiamo che essa pronuncia la seguente frase: Better off Alone; si tratta di una canzone pop dell’ultima decade del novecento ma reinterpretata, stravolta in chiave cinquecentesca. Dunque una voce che incredibilmente si diffonde nello spazio attraverso una piccola radiolina accanto ad un letto. Better off Alone, nonché titolo della sua opera sonora, è una cantilena a mezza voce che invoca come fosse un’orazione la dissonanza di un tempo che credeva nella chiarezza delle risposte e, in una promessa che poi si dissolve in un fanciullesco fischiettio nel riverbero solitario che, contrasta con l’articolazione linguistica incalzante dell’opera all’ingresso della mostra: no one n. one, posta in dialogo con un affresco staccato rappresentante l’accecamento di Polifemo, esso, era stato originariamente pensato per un’altra collocazione, ossia posto su un camino, mentre oggi è inserito sul lato opposto del corridoio, l’affresco di Polifemo si presenta d’innanzi a noi salendo le scale d’ingresso del palazzo, spazio marginale, luogo di passaggio che l’artista ha saputo rivalutare con la sua opera sonora mediante un gioco linguistico, poiché in inglese il numero uno si dice “n. one”, anche se nessuno pronuncia “n o one”, similitudine lessicale della lingua inglese, qui F. Andreoni gioca con l’idea della dicotomia di essere tutto e di esser niente, come in certi momenti della vita. Essendo poi quest’opera posta all’ingresso, può richiamare l’azione del bussare alla porta e quindi l’atto di annunciarsi, questo gioco sonoro lessicale è espresso in modo sonoro attraverso una lista letta dall’artista con scritte le varie possibilità di essere tutto e d’esser nessuno.


Queste sono alcune delle opere realizzate dall’artista poiché in mostra vi sono anche una serie di trentasei studi a fusaggine, ossia disegni di architetture che si astraggono (Untitled Stanza aperta), vi sono anche tavole verticali ricoperte di una velatura gessosa che richiamano gli stucchi di un’anticamera, dove vi è raffigurato un “affresco allagato” (Flooding 1 e Flooding 2) e ancora, un camino rovesciato nel portico d’ingresso, opera intitolata Somewhere, nonché un calco che si rifrange come uno specchio d’acqua solidificato preso da uno dei camini delle stanze che si ri-collega alla costellazione di lampade (Untitled Reflectors series) della sala superiore e, altri particolari lavori al fine di indagare le memorie, le stratificazioni temporali e l’evoluzione dell’architettura restando fedele alla sua originale cifra stilistica. La mostra è fruibile fino al 31 maggio 2025.


