Doris Salcedo, Palimpsest, 2013–2017 Installation View, Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2022 Hydraulic equipment, ground marble, resin, corundum, sand and water; dimensions variable © the artist photo: Mark Niedermann

Muta preghiera scritta sulla sabbia

Fino al 17 settembre 2023, alla Fondation Beyeler, Riehen (Svizzera), Palimpsest di Doris Salcedo

Quattrocento metri quadrati della Fondazione Beyeler di Riehen, presso Basilea, sono oggi occupati da una pavimentazione provvisoria fatta essenzialmente di sabbia impastata con resine artificiali. Su sessantasei grandi mattonelle sono tracciati quasi trecento nomi, sovrapposti gli uni agli altri a coppie: una prima stesura è composta da una sabbia appena più scura di quella che fa da base, una seconda è fatta di acqua, versata dal basso verso l’alto da una serie di forellini che fungono da pori artificiali attraverso cui una gigantesca epidermide respira e traspira.

I nomi sono quelli di alcuni dei migranti morti nel vano tentativo di attraversare l’Oceano Atlantico o il Mar Mediterraneo. Quelli trascritti con la sabbia appartengono alle ondate migratorie precedenti il 2010, quelli tracciati con l’acqua ai flussi successivi a quell’anno e ripetutisi fino al 2016. Il risultato è che l’acqua lentamente ma inesorabilmente cancella la sabbia, ma nel farlo a sua volta si deforma, e perciò entrambe le liste di nomi rischiano di sparire o comunque di diventare in gran parte illeggibili.

Doris Salcedo, Palimpsest, 2013–2017 Installation View, Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2022 Hydraulic equipment, ground marble, resin, corundum, sand and water; dimensions variable © the artist photo: Mark Niedermann

Palinsesto è il titolo dell’opera della colombiana Doris Salcedo che la Fondazione Beyeler espone fino al 17 settembre 2023, quasi per un intero anno. Il palinsesto, lo sappiamo bene, è il procedimento utilizzato nell’antichità classica e fino al medioevo e consistente nel riciclo delle pergamene, materiale allora raro e prezioso, sulle quali i testi scritti in precedenza venivano raschiati e sostituiti da nuovi sovrapposti. Uno degli aspetti più interessanti, quando ci si avvicina allo studio del palinsesto, è che il processo di sostituzione prescinde dal valore letterario, estetico, artistico, ma perfino intrinseco, dei testi coinvolti. Un regolamento interno di un monastero poteva prendere il posto di un grandioso poema epico, o una lettera di un feudatario a un suo sottoposto poteva sopraffare un fondamentale capitolo di un testo di storia o di filosofia, magari proprio perciò perduto per sempre.

Così, i nomi dei migranti morti nell’estremo tentativo di riscatto delle proprie vite scompaiono per la mera azione meccanica dell’acqua sulla sabbia, e con essi non solo la memoria ma lo stesso significato della loro esistenza. Non è poi indifferente la scelta dei materiali, visto che proprio l’acqua degli oceani e la sabbia del deserto sono i sepolcri che più spesso oggi ingoiano le migliaia dei senza nome che scompaiono nel tentativo di sfuggire a guerre e povertà. 

Doris Salcedo, Palimpsest, 2013–2017 Installation View, Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2022 Hydraulic equipment, ground marble, resin, corundum, sand and water; dimensions variable © the artist photo: Mark Niedermann

 «Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga». Così scriveva Primo Levi in Se questo è un uomo, perché il nome è l’ultima cosa che resta a chi è stato spogliato di tutto: della dignità, del rispetto, perfino della vita. Non è un caso che nel diritto romano, già in epoca repubblicana, la damnatio memoriae fosse una pena accessoria particolarmente grave, applicata solo a chi si fosse macchiato dei più odiosi tra i delitti. La cancellazione del nome e di qualsiasi vestigia del passaggio del reo da questa terra segnava l’atto definitivo di disprezzo della persona. È su questo rischio che Primo Levi ci metteva in guardia nel suo capolavoro, ed è qui che idealmente Doris Salcedo raccoglie il suo testimone.

L’opera è intesa come monumento e memoriale, e se i visitatori sono invitati a percorrerla, per poter cercare di leggere i nomi anche sulle mattonelle più lontane, sono al tempo stesso pregati di mantenere il massimo rispetto e non calpestare la sottile scrittura sopravvissuta. Il senso etico del lavoro di Salcedo è dunque altissimo e prevale perfino su una soluzione estetica perfetta, ottenuta con un equilibrio sottile tra delicatezza e potenza.

Doris Salcedo, Palimpsest, 2013–2017 Installation View, Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2022 Hydraulic equipment, ground marble, resin, corundum, sand and water; dimensions variable © the artist photo: Mark Niedermann

Nel 2012 l’artista colombiana aveva esposto al Maxxi di Roma Plegaria muda, “Preghiera muta”. Si trattava di centoventi coppie di tavoli di legno sovrapposti e separati da un sottile strato di terra, sul quale, attraverso un complesso sistema di fori e tubicini di irrigazione, crescevano fili d’erba di un verde scintillante. Anche in quel caso il recupero della memoria e l’omaggio alle vittime innocenti e ignote di tante violenze costituiva il nucleo centrale dell’opera, e non a caso la misura dei tavoli era esattamente quella delle bare. Anche in quel caso, la forza evocativa non cancellava la severa bellezza del lavoro. Alcuni connotati formali sono presenti in entrambe le opere, firme riconoscibili di Salcedo: le coppie di tavoli e di nomi, la sovrapposizione degli uni e degli altri, la specularità che ne deriva, e ancora il sofisticato sistema di irrigazione attraverso tubicini e pori, dal basso verso l’alto.

La grande sala della fondazione è molto luminosa, come il resto della struttura, anche grazie al tetto a pannelli ideato da Renzo Piano. I colori chiari e caldi, accentuati dai toni della sabbia, diffondono un’aura consolatoria sulla distesa di mattonelle e di nomi. Una muta preghiera trascritta sul palinsesto.

Doris Salcedo, Palimpsest, 2013–2017 Installation View, Fondation Beyeler, Riehen/Basel, 2022 Hydraulic equipment, ground marble, resin, corundum, sand and water; dimensions variable © the artist photo: Mark Niedermann

Doris Salcedo
Palimpsest, 2013–2017
Fondation Beyeler, Riehen/Basel
dal 9 ottobre 2022 al 17 settembre 2023