Nordine Sajot, "Mise en Place", Substratum Galleria, Roma, ph. Courtesy dell'artista.

MISE EN PLACE – Nordine Sajot. Una semantica corporale

Il progetto quadrimestrale di arte contemporanea e design, presso Substratum Galleria, nel rione Monti, ospita fino alla fine del mese di luglio la mostra “Mise en Place”, arte contemporanea e design.

SUBSTRATUM, studio di architettura con sede nel cuore dello storico rione Monti a Roma, fondato nel 2017 dagli architetti Giorgia Castellani e Giovanni Tamburro, ospita all’interno di Substratum Galleria, fino alla fine di luglio, il progetto Mise en Place, arte contemporanea e design. Nella nuova stanza della casa ricreata, ovvero la cucina, le opere dell’artista pluridisciplinare Nordine Sajot si configurano come strumenti di una ‘apparecchiatura’ simbolica predisposta all’attivazione di una ritualità condivisa. L’allestimento, concepito dallo studio, infatti, definisce appieno la funzione relazionale di questo spazio abitativo.
Al centro è installata Gold, isola monolitica nera di Situazione Architettura, rivestita con il sofisticato e resistente fenix nero ing, frutto dell’arte “semi artigianale” del brand italiano For Kitchen, mentre a lato, nella nicchia, sono collocati due elementi a giorno, realizzati con il laminato abete bruno.

Il design, in relazione con le opere di Nordine Sajot, trasforma l’ambiente domestico in un unico corpo. I lavori, così presentati, risultano densi dell’indagine antropologica dell’artista che si situa alla base di questioni evolutive, fisiologiche e relazionali umane.

In uno scenario di comunione, come il momento dell’assunzione del cibo, la nostra indaga il gesto e il senso di prossimità che genera verso il proprio corpo e l’altro.
Le sagome scultoree, dunque, sono espressione di una delle forme comunicative nella società. Il linguaggio è quindi importantissimo per denotare l’essere non solo nella sua esistenza ma anche nella sua morfologia, al fine di definire un’identità individuale e sociale.


In dialogo con l’artista

L.C. Nella tua pratica, quanta importanza riveste il linguaggio del corpo in relazione al cibo e quanto rilievo assume la consapevolezza del consumo alimentare individuale, preminentemente come rito condiviso?

N.S. Credo che il linguaggio del corpo abbia un’importanza fondamentale, in quanto prima dell’apparizione di qualsiasi linguaggio parlato visivo o scritto è stato alla base di questioni relazionali nella lotta alla sopravvivenza e quindi anche nel modo di procurarsi i cibi stessi; perché non solo fossero sani ma anche sostanziosi per intere comunità, e poi, accompagnati da quel che sono diventati riti sempre più elaborati nella loro condivisione, per via dell’importanza vitale che questi alimenti possiedono, oltre a questioni simboliche che hanno rivestito presto una dimensione più spirituale. Il corpo è il nostro strumento, il nostro veicolo e lo comprendiamo facendolo funzionare attraverso un’esplorazione propria, attraverso lo scambio con l’altro e nell’ingerire cibi non solo lo alimentiamo al livello energetico ma con una presa di coscienza e di autoconsapevolezza evolutiva condivisa. Da lì parte la mia ricerca su oggetti e stoviglie che hanno una particolare valenza storica oltre che nella storia del design, legati sia all’alimentazione che a questioni socioculturali che impattano l’inconscio collettivo e che riconducono anche ad un approfondimento antropologico e visivo che considera teorie sull’evoluzione della specie e fattori sociologici e psicologici legati a sistemi identitari, di dominanza e di comunicazione. Le sculture e le fotografie esposte in galleria sono dunque così delle impronte in cui pieno e vuoto, presenza e assenza, bianco e nero, linguaggi visivi e del copro dialogano sul filo di questi approfondimenti e sono stati scelti per Mise en place come oggetti scultorei fra arte e design, forma e funzione, per una riflessione sull’abitata nel ritualizzare simbolicamente i nostri bisogni primari.

L.C. La condivisione del cibo è anche ritualistica: l’alimentazione afferma la “sacralità” della condizione umana, ritualizzando le sue pratiche…

N.S. In effetti, una caratteristica degli esseri umani passa attraverso questo modo di mettersi in relazione con l’universo, il proprio ambiente, il proprio corpo, e anche l’altro. Il cibo ha poi rivestito una valenza sacra e anche ritualizzata nel riconoscimento della sua fondamentale importanza al sostentamento vitale. Oramai la società del consumo, o meglio dell’over consumo, nella quale viviamo oltrepassa, frammenta, sovrappone a queste questioni una conoscenza di tipo più scientifica, nutrizionale, socioculturale o peggio, soggetta a mode che rimandano a bisogni indotti da sistemi capitalisti molto più superficiali e dispendiosi che esprimono il raggiungimento narcisista e individualista di cui le nostre società si rendono dipendenti al livello globale.

L.C. Il valore simbolico del rito scandisce momenti significativi dell’esistenza, riportando l’individuo a sfere di significato collettive e sovra-personali. Tornando alla connessione con il rito dell’ex-voto come usanza “sacra”, il gioiello trasmuta in un preziosissimo forziere-opera intriso di un immenso portato di storia e cultura sociali…

N.S. Gli ex-voto erano digli oggetti pagani di metallo, cera, legno o pietra che spesso rappresentavano il corpo o elementi di esso, scritte o immagini installate su altarini, sui muri della città e nelle chiese per grazie ricevute. Elementi pagani che hanno poi acquisito una valenza fra religione e rituale. È per via di questa specifica valenza degli oggetti votivi nella questione scultorea antropologica che ho sviluppato un linguaggio di forme scultoree che dialoga a sua volta con altre mie serie di fotografie sul linguaggio del corpo. Le serie di sculture Ex-voto sono uno studio sull’espressione e sulle posizioni degli arti superiori e inferiori dedicati alla presa e all’appoggio in situazione di pasto. Le forme isolano e uniscono corpo, gesto, oggetto e cibo, creando delle sagome che ne sono la rappresentazione e fanno nascere un linguaggio di forme articolate le une con le altre. Le suddette forme rimandano a metalinguaggi geroglifici o alle impronte parietali primitive evidenziando la gestualità dei pasti e il loro senso rituale, dove l’importanza del bere, mangiare e condividere è fondamentale nei rapporti sociali. I gioielli così, sono dei multipli delle sculture che integrano questo linguaggio di forme corporee in un ritorno al corpo stesso sotto forma “ornamentale”.

L.C. Nel contesto esplicitato, ad affiancare le opere connesse alla pratica dell’artista, è stata esposta la sua produzione di gioielli Ex-voto in argento. Nella storia del gioiello d’artista, Nordine Sajot si inserisce, infatti, in quella rarissima pratica che ritaglia il rituale connesso all’ex-voto per rintracciarne l’affondo sociale, e tratta il gioiello non come parte alienata rispetto all’opera ma come opera in senso stretto che accoglie il pensiero principe del suo fare artistico.

In tal senso, la sua ricerca si pone come ulteriore avanzamento della famosa produzione del gioiello d’artista, iniziata negli anni ’40 e ‘50 nella Capitale, considerata centro di sperimentazione orafa a livello italiano e capace di portare la gioielleria italiana nel mondo, con nomi come Mirko Basaldella, Franco Cannilla, Giuseppe Uncini, Giulio Turcato, Giuseppe Capograssi e Afro, tra i tanti scultori e pittori che frequentavano il laboratorio di Mario, in via del Corso.

Tra i riferimenti bibliografici di Nordine, afferenti alla sua ricerca e all’esposizione, ricordiamo importanti volumi come Il gesto e la parola di André Leroi-Gourhan, Cannibalismo ed evoluzione di Volfango Lusetti, Les mots et les choses di Michel Foucault e Le système des objets di Jean Baudrillard.


Mise en Place – Nordine Sajot

SUBSTRATUM – Via in Selci, 84b, 00184 – Roma
T. 064823658 – www.substratum.it

In collaborazione con Situazione Architettura

Communication Manager Amalia Di Lanno
info@amaliadilanno.com

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