“La prima donna al mondo ad affermarsi strutturalmente nel ruolo di critica d’arte, la teorizzatrice di una linea identitaria per l’arte italiana, l’ideatrice di un movimento oggi rivalutato come il Novecento Italiano, la promotrice del contemporaneo italiano sulla scena internazionale con decine di mostre in importanti capitali europee e americane, è stata per decenni rimossa dalla storiografia. Perché? Sulla sua figura ha pesato la storia personale, una lunga relazione intellettuale e poi amorosa con Benito Mussolini, la colposa imperdonabile condivisione di pagine tragiche del fascismo, che poi peraltro –lei di origini ebraiche-la costringerà all’esilio sudamericano”.
La Sarfatti porta sulle sue spalle un onere extra-culturale, le viene cucito addosso un demone storico troppo vituperante, una macchia genetica che ha sempre impedito di cogliere la formidabile ispirazione e l’opera di una personalità brillante e modernissima. Dipartendo dagli essenziali scritti biografici e critici a firma di Karin Wieland, Rachele Ferrario, Gianfranco Maraniello e dal Fondo Sarfatti del Museo Mart, Mattioli con il suo bisturi analitico e con sentimento appassionato restituisce a Margherita Sarfatti il rilievo, la visibilità, la dignità intellettuale che ella di certo merita.
Necessario –e affascinante- è l’itinerario disegnato dall’autore, un vero e proprio viaggio nel mondo culturale e politico, nazionale ed internazionale, che abbraccia quasi un secolo, sempre teso ad una volontà di liberazione terapeutica e di redenzione che non appare però mai specioso o disfunzionale. E dunque accompagniamo Margherita nelle sue storie di giovinezza veneziana (la sua biografia ci riporta ad una formazione europea per vocazione, sensibilità e forme espressive), nel suo matrimonio con l’avvocato Cesare Sarfatti, nel fondamentale trasferimento a Milano, nella sua relazione con il Duce (scevra dall’intransigenza di certa critica e filtrata dalla potente damnatio memorae che da sempre le è stata cucita addosso), nell’esilio sudamericano fino alla scomparsa nella sua dimora comasca.
Questa “regina senza corona”, come la definisce Alma Mahler, detiene un’archetipica energia mercuriale e tesse i suoi destini intrecciandoli a quelli delle personalità di maggior spicco della cultura internazionale: Antonio Fradeletto, Eleonora Duse, Matilde Serao, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Albert Einstein. Gli interessi artistici si ampliano all’attività politica e giornalistica, consentendoci di riconoscere della Sarfatti il lato più autentico per attività, ambizioni, attitudini, doveri “sacri”. La necessità di dare un respiro alla Dignità Intellettuale della Sarfatti sta scritta in ogni pagina di questa matura lettura dell’Italia dell’arte del novecento: post hoc, ergo propter hoc , nel tentativo di superamento di roghi culturali più o meno visibili e di schermi grigi che ineluttabilmente ingabbiano il senso vero delle cose.