Raymond Depardon, Marcel Privat, Le Villaret, Le Pont-de-Montvert, Lozère, 1993

Le peregrinazioni fotografiche di Raymond Depardon in mostra alla Triennale di Milano

La vita moderna è la prima mostra personale in Italia del fotografo e regista francese Raymond Depardon, presentata da Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain, con la complicità dell’artista francese Jean-Michel Alberola.

L’errance, il vagabondare, il girovagare alla ricerca costante della giusta distanza da instaurare con le persone e con i luoghi che l’artista incontra durante le peregrinazioni. La ricerca di un altrove che permette di vivere nel presente, di perdersi e allo stesso tempo di trovare la quotidianità, senza conoscere una meta precisa. Dare valore ad ogni paesaggio raccontandone la sua esperienza umana. Questi sono gli intenti, raggiunti con successo, di Depardon che con il mezzo della fotografia e del video riesce a far parlare ciò che viene da lui immortalato. È il reale il protagonista nei suoi lavori, invece che il sensazionale; la quotidianità piuttosto che il momento privilegiato.

La mostra comprende otto serie fotografiche, due film e un’esposizione di libri pubblicati dall’artista. 

Monumentali fotografie a parete, appartenenti alla serie “Errance (1999-2000)”, segnano l’andamento del percorso espositivo alternandosi alle varie sezioni differenziate cromaticamente. 

“Piemonte (2001)” è un omaggio alla nostra penisola ed in particolar modo a questa regione che Depardon ha vissuto da vicino, sia fisicamente che emotivamente. Sono state selezionate diciassette fotografie di Torino, tra quartieri silenziosi e piazze deserte. 

La sezione “Communes (2020)” consiste in una serie realizzata in alcune regioni francesi meridionali a ricordo di quei paesi tipici del sud della Francia che vennero a lungo minacciati da un progetto di estrazione di gas di scisto che coinvolgeva 280 comuni e che è stato poi abbandonato nel 2015. Le fotografie, tutte in bianco e nero, immortalano stradine in acciottolato, facciate irregolari di vecchie case e piccoli dettagli che testimoniano una silenziosa presenza umana, come la biancheria stesa sui balconi o le sedie al bar. 

La serie “Manhattan Out (1980)” presenta una tecnica peculiare che Depardon utilizza una volta giunto a New York nel 1980 con l’intenzione di camminare senza una meta precisa, fotografando tutto il giorno con la sua Leica appesa al collo, non sollevando mai l’apparecchio verso il viso. Questo modus operandi sperimentale conferisce ai lavori una visione in movimento e quel senso di frenesia e caoticità tipici della Grande mela. 

Lo stesso anno, per il Sunday Times Magazine, l’artista realizza una serie fotografica a colori vivaci che viene presentata nella sezione “Glasgow (1980)”: grazie al suo grandangolo il fotografo sperimenta la distanza corretta dai soggetti che trova nella desolata periferia – un’anziana signora che mostra segni di una borghesia passata, alcuni senzatetto, dei bambini che giocano – immortalandoli in un contesto di luce metallica e forti contrasti. 

Il percorso espositivo continua con una piccola sala video che presenta “New York, N. Y. (1986)”, un cortometraggio di dieci minuti che racconta il suo difficile rapporto con la città. Si tratta del frutto di un lungo lavoro: quattro minuti di riprese ogni giorno durante i due mesi di soggiorno hanno prodotto un film contemplativo che presenta tre lunghe inquadrature in sequenza, la città al calare della notte ripresa dalla funivia di Roosevelt Island, una strada silenziosa di sera attraversata da passanti, un long travelling notturno in direzione opposta al primo piano. 

“La France (2004-2010)” è la grande sezione successiva. Depardon per sei anni cerca di fotografare la Francia contemporanea, quella vera e ordinaria, lontana dai cliché romantici e dagli stereotipi. Attraversa molti paesi al volante del suo camioncino, aspettando la giusta luce. La sala della Triennale è tappezzata, lungo tutta l’altezza, da imponenti fotografie dai colori brillanti che fissano eternamente piazze, luoghi di passaggio tra rurale e urbano, bar, uffici postali, scuole e altri luoghi quotidiani. È il ritratto genuino della sua Francia moderna. 

“Rural (1990-2018)” è il risultato di quasi trent’anni di Depardon nelle comunità rurali del Massiccio Centrale francese: le fotografie raccontano il mondo contadino di oggi, delle piccole imprese e degli agricoltori che ancora si affidano ai metodi della coltivazione tradizionale. 

L’ultima e toccante sala presenta la serie “San Clemente (1977-1981)” ed è connessa al lavoro che Depardon ha svolto, dalla fine degli anni Settanta, negli ospedali psichiatrici di Trieste, Napoli, Arezzo, Torino e dell’isola di San Clemente, a Venezia. L’incontro con Franco Basaglia, pioniere della psichiatria moderna, lo porta ad intraprendere questo progetto: raccontare la vita dei manicomi alla vigilia dell’adozione della Legge 180, la Legge Basaglia del 1978, destinata a rivoluzionare il sistema ospedaliero psichiatrico italiano. 

In tutta la sua carriera, Raymond Depardon sperimenta metodi di fotografia, esplora mondi e contesti dalle caratteristiche più diversificate, riuscendo sempre a fornire un megafono a chi ha troppa poca voce ed uno sguardo singolare sul mondo. Le molteplici situazioni in cui si viene a trovare lo portano a mostrare alcuni spaccati della vera vita moderna, sempre fedele alle sue costanti ricerche su cosa sia la modernità in fotografia, come rappresentare le trasformazioni di un paesaggio e quale sia la giusta distanza da tenere con il soggetto.

PROROGATA Fino al 12 giugno 2022