A sinistra: Pompeo Borra “Senza titolo” , s.d., olio su tela, cm 80 x 59,5. Collezione MUSEUM, Bagheria. A destra: Pompeo Borra “Cesarina” , 1931, olio su tela, cm 71 x 56,5. Collezione Centre Pompidou, Parigi.

L’Arte è di tutti! ma è per tutti?

Dopo “Fontana” del 1917 di Marcel Duchamp e “Fine di Dio” del 1963-64 di Lucio Fontana, servono ancora opere come “The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living” del 1991 di Damien Hirst o “Comedian” del 2019 di Maurizio Cattelan?

Ci sono critici che scrivono d’arte usando un linguaggio astruso, come gli scienziati che scrivono di astrofisica. Il dilemma nasce perche l’astrofisica è per i soli scienziati, mentre l’arte è per tutti.

Poi c’è la questione del mercato dell’arte che non risponde alla storia dell’arte, perché l’Arte con la “A” maiuscola non si piega alle mode che alimentano il mercato. Un mercato parallelo gestito da case d’asta poco professionali, ma con sempre maggiori fidelizzati, nonostante gli analisti sanno che gran parte di questi affari si trasformeranno in una bolla destinata a scoppiare. 

I veri collezionisti appassionati d’arte e competenti, come potevano essere i Guggenheim, aborrono da ogni tentativo di speculazione artistica, standosene alla larga dagli artisti del mercato speculativo; per loro, come per i musei, l’unico indicatore sono i manuali di storia dell’arte.

La differenza tra i due tipi di collezionisti sta nel fatto che il primo parla delle proprie opere dicendo ‘che bello questo quadro’ e magari aggiunge il suo ipotetico valore, il secondo invece, si premura di collocarle nella storia dell’arte e magari, riferendosi come in questo caso all’opera di  Pompeo Borra la descrive così: “Osservando questo dipinto si rimane abbagliati da una luce bianca e radiosa, diversa da quella che si può trovare in “Cesarina” del 1931, opera dello stesso autore presente nella Collezione del Centro Pompidou di Parigi; la luce di “Cesarina” ci riporta agli anni bui degli italiani, in quanto l’artista si relaziona col grigiore di quegli anni. Mentre a partire dagli anni sessanta, quando il benessere si diffonde tra gli italiani, la sua pittura si fa luminosa come in quest’opera.
Oltre allo stupore della luce, l’opera ci mostra un ovale, ovvero l’ovocite, simbolo della fertilità. 
Guizzanti e vermicolanti sono i riflessi dei segni-colori che invadono la superficie come gameti maschili e, continuando a parafrasare, il riferimento è all’embrione al centro che rappresenta l’alba di una nuova vita.”

Allorché non tutti sono pronti a questa differenza, rimane il problema di come dire a questi poco avvertiti fruitori che dipinti come questo oltre a rappresentare la storia dell’arte, sono un sano nutrimento dell’anima. 

Infatti, ai sedicenti appassionati d’arte basta appagare il piacere visivo e tutt’al più la (poco probabile) convinzione di aver fatto un buon affare.

Termino ricordando un’opinione diffusa tra i grandi pensatori: Il novanta per cento di quello che viene prodotto non è arte; il nove per cento è arte che dovrà affrontare la verifica del tempo, solo l’uno per cento sono capolavori che rimarranno per i prossimi due trecento anni e chissà, forse di più. 

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