La sacralità nel mostruoso – Claudio Magrassi

Negli spazi della Galleria Triphè, poco lontana da Castel Sant’Angelo, a Roma, si sono aperte labili finestre inquiete a mondi cupi ed attraenti. Il demiurgo di queste caravaggesche scene è il pittore tortonese Claudio Magrassi, in cui qui è presente con una sua personale, curata da Maria Laura Perilli, dal titolo ABSENTIA.

Di Caravaggio l’artista non riprende solo l’uso fortemente scenico della luce che porta l’opera quasi ad abbracciare lo spettatore, a circondarlo, ma anche il suo spirito barocco, di inquietudine umana ed esistenziale che si annida nelle perturbanti profondità delle tinte scure. Tornano in mente anche le pitture nere di Goya, la loro angosciosa simbologia, che in Magrassi appare però più addolcita. Attraverso un magistrale uso della tecnica pittorica ad olio l’artista mette in scena criptici significanti in una sorta di epica contemporanea abitata da mostri, uomini tatuati ed entità senza tempo, in cui non mancano chiari rimandi alla simbologia cristiana. “Le scene offrono all’osservatore una poliedrica lettura ancorata, però, ad un unicum: un percorso di sofferenza umana che trova nella dimensione spirituale il vero riscatto” ci dice la curatrice, a volerci schiarire l’impegnativa quanto affascinante decifrazione. 

Claudio Magrassi, ABSENTIA, Galleria Triphè, 2019

Decifrazione ostica, spesso, anche delle fisionomie delle figurazioni che si presentano in un’inquietante non-identità, in una “presenza ma assenza” pregna di un’angosciosa purezza esistenziale. E’ il caso della figura centrale dell’opera che dà il titolo alla mostra, ma anche di quelle nei dispositivi ovali, che ricordano i cammei ottocenteschi, con stranianti cornici plastiche, in cui i volti femminili, sotto una sottile aureola, scompaiono nell’esagitato movimento, a differenza dei loro corpi nudi che restano immobili. Essi sono dominati da un cuore in aggetto sul piano pittorico, infilzato da sottili lame di luce dorata, in una figurazione che ricorda l’iconografia mariana. Nelle loro varianti più piccole, invece, le evocazioni umane acquistano una preziosità spiazzante, dovuta anche all’applicazione di inserti d’oro.

Mitologie antiche e contemporanee si mescolano in surreali e rugginosi palcoscenici che mettono in mostra l’assolutezza dell’umanità. In essi dominano sempre i numerosi dettagli, come nel caso di Hybris, in cui la figura più illuminata è una donna a cui due farfalle coprono il volto come a nasconderne la bellezza, o in Stigmain cui un moderno martire crocefisso, di cui si nota il tatuaggio, “ferita sotto forma di messaggio, simbolo del passaggio dall’esterno all’interno dell’anima”, che nella sua trasfigurazione del passato è costellato da disparati rimandi simbolici: un pavone, un nano vestito da pagliaccio, Palazzo Lombardia in fiamme, delle rovine antiche che circondano il palco di un circo itinerante.

Per l’artista “l’Absentia non è una vera e propria assenza ma deve essere concepita come una continua presenza”. Una vicinanza alla sofferenza primigenia che accomuna tutti in questo stato e che ci porta a tendere a quell’aspirazione spirituale, quella fioca luce onirica con cui Magrassi ci svela liriche mostruosità che si rapportano ad una sacralità diffusa. Condizione esistenziale di un genere umano ferito, senza tempo, che faticosamente aspira alla Salvezza.

“ABSENTIA” di Claudio Magrassi

a cura di Maria Laura Perilli

dal 3 ottobre al 31 dicembre 2019

Galleria Triphè

Via delle Fosse di Castello, 2 – Roma

orario: dal martedì alla domenica 10.30-12.30 e 16.30-19.30

ingresso gratuito

tel: 366 1128107

email:info@triphe.it

sito:http://www.triphe.it/