Il Bosco sacro e la natura dell’ombra – Paola Zampa a Casa Vuota

Si è appena conclusa la personale di Paola Zampa aperta in occasione dei cinque anni di attività della homegallery romana Casa Vuota.

«Nascosto in un albero folto è un ramo che ha foglie d’oro e il gambo flessibile, sacro a Proserpina: tutta la selva lo copre e fitte ombre lo cingono di convalli.A nessuno è dato di entrare nei regni segreti se prima non svelle quell’aureo germoglio». (Virgilio, Eneide, VI, 136, tr. E. Cetrangolo, Firenze, Sansoni 1966)

Attraversando le soglie di Casa Vuota ci si addentra tra la pelle del bosco, nelle viscere di una natura enigmatica e terrifica, attraente e spettrale, tra leggende, miti e riti di una emersione ancestrale: la mostra Bosco sacro di Paola Zampa, a cura di Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, negli spazi espositivi dell’abitazione al Quadraro, al suo quinto anniversario, è un sentiero di ombre e luci rischiarate da reminiscenze di culti antichi, un corteo mistico di carte, piombi e oggetti che aleggiano come essenzamagica e immaginaria, inquieta e trasfigurata, rilucente e cupa, selvaggia e fatale.Una natura cultuale e letteraria nell’archetipo del bosco sacro, locus amoenus e inamoenus, domina lo sguardo del fruitore come cardine semantico arcaico, misteriosa dimora di potenze divine ed insieme selva oscura e impervia, immensa e tenebrosa, affascinante e maliosa nella sua ambiguità. Frammenti del mito si diramano lungo le pareti della casa scoprendo le radicalità simboliche chepermangono attraverso il tempo, tra brani di luce filtrata dalle carte, riflessa nei piombi ricamati da filamenti purpurei, rilucente nel bianco di bucrani, ossa ed elementi vegetali, emergente nei contorni di cortecce ombrose, icone auree di culti passati.

L’installazione site specific Bosco sacro partecipa di questo scorrere di epoche e culti come trama narrativa che avvolge lo spazio in un soffio sottile e costante.Nella sacralità di un recinto abitativo divenuto labirinto di spoglie, fronde, ritorni iconografici, reliquie e segni, sospese presenze arboree si irradiano come apparizioni primitive, linfe innervate nell’oro che uniscono vita e morte in una discesa o elevazione verso epoche remote, verso un altrove mistico ed un racconto antico di cui sono silenziosi custodi.Tra terra e cielo, basso e alto, tra viscere terrestri e ieraticità celesti, gli alberi sono compresenza e accordo di due mondi, assi cosmici e principi ciclici che nell’opera dell’artista vengono presentati spogliati del loro apparato fogliare e portati ad una essenzialità formale e ad una stilizzazione determinata da una densità metafisica, raccolta in una physis immaginaria. Nell’opera Totentanz 3 l’iconografia della Venere Botticelliana viene cucita come delicato e labile contorno di identità punzonata su piombo, mentre l’ossatura scheletrica dipinta ad olio emerge e rifulge nella comunione dell’identico, in una coincidenza tra umano e divino trasfigurata nella morte o nella coesistenzae dualità di eros e thanatos.

Cucita su lastre radiografiche, tra le immagini della struttura ossea, l’opera Totentanz presenta un satiro danzante nella sua esuberanza bestiale ed ebbra: un grado estatico pervasivo in comunione con la sorgente vitale, il demoniaco, l’umano e il feratico, concentrati nell’essenzialità e verticalità corporea della colonna vertebrale in cui precarietà e resistenza si riscoprono continue e contigue lotte di verità e di equilibrio.Nelle opere Ossa, Fantasmi, Tracce, pulsione di vita e attrazione mortifera si compongono in una unione intima e formale stringente, come ex voto pagani che racchiudono spazi e confluenze tra luce e tenebra, impronte e vestigia radicate eppure fuggevoli, riconosciute e perdute ad un tempo. La mostra Bosco sacro si svela rimanendo un misterioso incanto di dualità e affinità, intricata trama unitaria tra sorgente luminosa e cono d’ombra.