Giulia Tarditi

Giulia Tarditi intervistata da Lorenzo Kamerlengo per The Hermit Purple, Luoghi remoti e arte contemporanea su Segnonline.

Parlami di un tuo maestro, o di una persona che è stata importante per la
tua crescita.

Nella mia crescita artistica ci sono state sicuramente tre figure che hanno inciso profondamente la mia formazione. Tre figure che all’inizio per obbligo, essendo i miei professori di indirizzo, poi per piacere mi hanno sostenuto nel proseguire nel mio progetto artistico. Tre personalità opposte tra loro, tre maestri più che fondamentali per la mia crescita. Sto parlando di Massimo Barzagli, Sergio Breviario e Simeone Crispino. Detto questo, devo ringraziare uno di loro in particolar modo, che è riuscito a mettermi in totale crisi con il mio lavoro, crisi che mi ha lanciato verso la ricerca artistica che sto continuando a sviluppare da circa un anno a questa parte. Sto parlando di Simeone Crispino, che con Stella Scala compone il  duo Vedova Mazzei.

Quali sono secondo te il tuo lavoro/mostra migliore ed il tuo lavoro/
mostra peggiore? E perché?

Lavoro migliore?… In questo periodo ho riconsiderato tanti lavori, soprattutto quelli minori, come disegni e dipinti di piccolo formato. Grazie a queste riflessioni ho rivalutato il segno come linguaggio.
Sicuramente il lavoro che tiene conto di questo è il lavoro “Woman name” prodotto nel luglio 2019. Scritta a bombolette spray acriliche liquitex (un colore per lettera), realizzata su tela di lino preparata in bianco acrilico (300×250 cm). Lavoro che mi ha permesso di fare un esperienza molto significativa e che mi ha onorato molto esser stata invitata immediatamente dopo la mia laurea triennale accademica, alla Residenza artistica Bocs Art curata da Giacinto Di Pietrantonio.
Invece, il peggior lavoro che io abbia mai prodotto fino a d’ora penso che sia un nudo su tela realizzato con marker nero e stecche d’olio rosso. Anche se poi, grazie a quello, sono riuscita a creare dei nudi a bomboletta spray acrilica liquitex di un color rosa impalpabile su plastiche e con il colore oro su tela di lino preparata in bianco acrilico.

Se ti ritrovassi su un’isola deserta, proseguiresti la tua ricerca artistica?
Se sì, in che modo?

Sì, continuerei la mia ricerca artistica, forse solo a livello visivo… Sfrutterei l’occasione per immagazzinare immagini, forme e colori che non riuscirei mai a percepire a pieno nel luogo in cui vivo. A livello pratico, invece, non so se riuscirei a lavorare immediatamente, anche se ad un certo punto si scatenerebbe sicuramente l’istinto di mettere in pratica un qualcosa e questo implicherebbe trovare nuovi materiali e supporti per realizzare un qualcosa o un nonqualcosa.

In che modo sta influendo l’isolamento di questo periodo su di te?

Durante la prima settimana mi sono bloccata totalmente, visto che mi trovo nel mio paesino d’origine e non nel mio appartamento/studio a Torino!
Dopo questo primo trauma, ho iniziato di nuovo a produrre molti schizzi e qualche murales/graffito.
Questa reclusione, alla fine, mi sta dando la possibilità di riflettere a quello che ho fatto durante il mio percorso accademico e non, fino ad oggi, oltre ad un ridimensionamento su tanti i fronti. Cambiamenti che, spero mi portino a nuove aperture e chiusure mentali rispetto al mio progetto artistico.
In conclusione, ho tempo finalmente per riflettere, posare lo sguardo su tante cose e pormi delle domande vecchie con una calma profonda e sì, anche annoiata… Alla fine ci siamo tutti ritrovati in un’isola deserta!

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