Esiste – e sussiste nel nostro immaginario – una fotografia che non si limita a catturare l’istante, ma che invoca l’eternità. George Hoyningen-Huene (San Pietroburgo, 1900 – Los Angeles, 1968) fu uno dei pochissimi artisti del Novecento capaci di fare della macchina fotografica uno strumento di composizione lirica e intellettuale. Le sue immagini, che oggi possiamo ammirare nelle sale eleganti di Palazzo Reale, sono costruite come sculture, illuminate come dipinti fiamminghi, composte come partiture musicali. Non sorprende che Richard Avedon lo definisse “il maestro di tutti noi”. Perché Hoyningen-Huene fu molto più che un fotografo: fu architetto della visione, coreografo del corpo, teorico silenzioso di un’estetica che sapeva parlare la lingua dei classici e quella delle avanguardie. La mostra ‘GEORGE HOYNINGEN-HUENE. Glamour e Avanguardia’ svela qualcosa in più: il lavoro del fotografo che sapeva ascoltare la luce.

Lee Miller and Agneta Fischer, 1932
© George Hoyningen-Huene Estate Archives
Curata con rigore e profondità da Susanna Brown, già al Victoria & Albert Museum, la mostra meneghina è concepita come un romanzo visivo in dieci capitoli, ognuno dei quali scava nel tessuto della vita e dell’opera di Hoyningen-Huene come un movimento musicale. Le oltre 100 fotografie esposte, molte delle quali stampate al platino-palladio, rivelano l’estrema sensibilità tecnica e poetica di un autore capace di raccontare non solo il visibile, ma anche l’invisibile: il gesto interiore, l’enigma del corpo, la sospensione del tempo. Dalla giovinezza nell’Europa post-rivoluzionaria, al fervore culturale della Parigi Anni Venti, dalle collaborazioni con Chanel, Schiaparelli, Cartier, fino all’approdo negli Stati Uniti come ritrattista delle star e consulente del colore a Hollywood, ogni sezione è un tuffo in una dimensione altra: quella dove la bellezza non è ornamento, ma pensiero incarnato.

Erna Carise, 1930
© George Hoyningen-Huene Estate Archives
Ci si immerge subitamente nella Ville Lumière del secondo decennio del ‘900, in cui Hoyningen-Huene, rifugiatosi dopo la Rivoluzione russa, incontra Man Ray, Picasso, Cocteau, Lee Miller e altri protagonisti del Surrealismo e delle Avanguardie. È in questo mondo brillante e inquieto che il fotografo sviluppa il proprio sguardo ‘Tra Jazz e Ballets Russes‘, ove la luce danzava con i corpi di Serge Lifar e Olga Spessivtzeva, ritratti mentre indossavano i costumi disegnati da Giorgio De Chirico. Nelle foto di Josephine Baker, la modernità esplodeva, mentre lo sguardo di Hoyningen-Huene si faceva liquido, partecipe, quasi musicale. La fotografia qui diventa coreografia silenziosa.

Serge Lifar and Olga Spessivtzeva as Bacchus and Ariadne,1931
© George Hoyningen-Huene Estate Archives
Proseguendo tra le sale di Palazzo Reale, gli scatti del Sir della fotografia costruiscono i corpi come templi secondo un classicismo reinventato, svelando la sua ossessione più profonda: l’ideale classico. I corpi maschili e femminili, scolpiti nella luce, posano come statue greche, ma sempre con una vibrazione interiore. C’è ordine, proporzione, simmetria. Ma c’è anche turbamento, mistero, sensualità.
Divers (1930), forse la sua immagine più celebre, costruita sulla presenza di due corpi di spalle che hanno la potenza silente di colonne affacciate sull’infinito, è stata definita una delle immagini più potenti del secolo, scelta da Anna Wintour tra le fotografie più significative nella storia di Vogue. In essa non c’è solo moda: coesistono mitologia contemporanea, purezza metafisica, sacralità laica.

Divers, Horst and Lee Miller, Swimwear by Izod,1930
© George Hoyningen-Huene Estate Archives
Muse e modernità mentre la moda si trasformava in visione era il tragitto intrapreso da Hoyningen-Huene; i ‘capitoli’ dedicati alla moda haute couture sono tra i più sorprendenti e intellettualmente stimolanti. Non solo perché Egli fu tra i primi a elevare la fotografia di moda a forma d’arte autonoma, ma perché in ogni suo scatto c’è un pensiero sulla forma, sul potere, sull’identità. Le sue modelle non sono mai decorazioni: sono icone moderne. Con Lee Miller, compagna di avventure artistiche, Hoyningen-Huene costruisce un dialogo tra soggetto e sguardo che anticipa riflessioni femministe e performative. Le sue immagini per Chanel e Schiaparelli raccontano l’anima segreta del vestito: il suo farsi simbolo, il suo parlare senza voce. Tra le pieghe delle sue composizioni perfette, Egli inserisce spostamenti onirici, slittamenti del senso, atmosfere irreali. La sezione L’essenza del sogno, ad esempio, evidenzia come l’artista abbia saputo assorbire il Surrealismo, senza mai imitarlo, ma facendolo defluire nella sua ricerca di un’immagine sospesa tra sogno e ragione. Nulla è letterale, tutto è evocato. Un cappello troppo grande, una modella in posa come una marionetta, un’ombra che suggerisce un’altra presenza: sono fessure nel reale, spiragli da cui entra il perturbante. È qui che Hoyningen-Huene si fa intellettuale dell’immagine, capace di decifrare ed evocare l’invisibile attraverso il visibile.

Maggy Rouff, 1939
© George Hoyningen-Huene Estate Archives
Quando nel 1936 si trasferì a New York per Harper’s Bazaar, e poi a Hollywood, Hoyningen-Huene trasforma la sua estetica. Si immerse nella luce del cinema, studiò il colore come i pittori rinascimentali, collaborò con Charlie Chaplin, Greta Garbo, Sophia Loren. Gli scatti hollywoodiani sono ritratti dell’eternità del glamour, ma anche testimonianze di un’estetica profondamente colta. In una scena de Il diavolo in calzoncini rosa, costruì una palette di azzurri ispirata a Nanà di Manet. In altre occasioni, richiamò il rosso Tiziano, il verde Lotto. Era la pittura che incontra la celluloide, l’arte che si travestiva da cinema, la moda che si faceva narrazione visiva.
Hoyningen-Huene fu anche, discretamente ma consapevolmente, un autore queer ante litteram. Nella Hollywood degli anni ’50 progettò il giardino della villa di George Cukor, che divenne luogo d’incontro per la comunità gay dell’epoca. Il suo modo di rappresentare il corpo maschile – luminoso, solenne, desiderato – è ancora oggi una testimonianza radicale. La sua visione fu sempre inclusiva, delicatamente rivoluzionaria, profondamente intellettuale. E proprio questa capacità di abitare i margini – tra moda e arte, tra classico e moderno, tra desiderio e forma – lo rende oggi un artista estremamente attuale.

George Hoyningen-Huene photographing Rita Hayworth, 1943
© George Hoyningen-Huene Estate Archives
Alla sua morte, nel 1968, lasciò il suo archivio a Horst P. Horst, amico e discepolo, che ne ha curato la trasmissione. Oggi, grazie alla George Hoyningen-Huene Estate Archives a Stoccolma, le sue opere ritornano a splendere. Noi, a Palazzo Reale, non assistiamo solo a una restituzione museale: siamo testimoni di una rinascita poetica. Il fotografo ci insegna ancora a guardare oltre. A cercare l’equilibrio, il silenzio, il battito nascosto della bellezza. A pensare per immagini. A sentire con gli occhi.

Ritratto di Horst P. Horst e George Hoyningen-Huene, Parigi,1937
Photo Roger Schall © Schall Collection
Una mostra capitale del pensiero visivo per rigore, raffinatezza, occasione imperdibile per chiunque cerchi nella bellezza un atto di pensiero, una lezione di grazia, una meditazione visiva, una carezza intellettuale. George Hoyningen-Huene non ci chiede di guardare: ci chiede di entrare. Di abitare il suo mondo.
E da lì, non si torna indietro.

Ritratto di George Hoyningen-Huene, Parigi, 1937
Photo Roger Schall © Schall Collection
GEORGE HOYNINGEN-HUENE. GLAMOUR E AVANGUARDIA
a cura di Susanna Brown
Milano, Palazzo Reale
21 gennaio – 18 maggio 2025
www.mostrageorgehh.it
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CMS.Cultura | Anna Defrancesco
Ufficio Stampa Comune di Milano
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