ARCO Lisboa

Fabrizio Garghetti, Fluxus e altre performance

La Galleria Scoglio di Quarto dedica una mostra al fotografo milanese.

Gillo Dorfles quando parla di “puntualità percettiva” fa riferimento alla capacità del fotografo di cogliere l’attimo, il momento più importante di un’azione riuscendo a garantire nel tempo non soltanto la memoria di un’esperienza ma anche una lettura creativa e critica di ciò che è accaduto.

In questa definizione terminologica si colloca perfettamente il lavoro di Fabrizio Garghetti (Salsomaggiore, 1939), figura poliedrica del panorama culturale lombardo che ha iniziato la sua carriera nella seconda metà degli anni ’60 lavorando per riviste musicali e documentando, con la sua macchina fotografica, la nascita di spazi alternativi come “Parametro” di Franco Quadri, e le prime esibizioni di ballerini e coreografi d’avanguardia come Pina Bausch, Carolyn Carson, i Pilobolus, Susanne Linke e Merce Cunningham. I suoi interessi nei confronti della musica e della danza lo hanno spinto ad imbattersi in uno dei movimenti più radicali che la cultura umana potesse concepire ovvero Fluxus, apripista di quelle che saranno successivamente le esperienze della Performing Art.

Ben Vautier, 1971.

Molto probabilmente se non ci fosse stato il lavoro di documentazione di Fabrizio Garghetti una parte delle esperienze Fluxus sarebbero andate perse, mentre oggi, grazie all’impegno del fotografo lombardo, è possibile apprezzare le azioni compiute da artisti come Daniel Spoerri, Davide Mosconi, Giuseppe Chiari, Ben Vautier, Dick Higgins e Yoko Ono.Il poderoso archivio di Fabrizio Garghetti e nello specifico la sezione dedicata a Fluxus e ad altre performance viene reso pubblico attraverso una mostra allestita presso gli spazi della galleria Scoglio di Quarto, diretta da Gabriella Brembati. L’appuntamento espositivo è stato inaugurato lo scorso 28 settembre e potrà essere visitato fino al prossimo 14 ottobre.

John Cage, 1977.

La mostra, a cura di Roberto Mutti, è tra gli appuntamenti del Photo Festival in corso a Milano e rientra nel sessantesimo anniversario dalla nascita di Fluxus. Il progetto espositivo, anche nella scelta dell’allestimento, è di tipo immersivo; il visitatore è letteralmente inondato da una quantità di scatti fotografici che non lasciano nulla al caso e che raccontano, secondo quella logica di “puntualità percettiva”, gli acme più rappresentativi delle azioni compiute dagli artisti Fluxus. Si passa da Daniel Spoerri che cuoce le sue zucche (1974) a John Cage che cucina il “Risotto a casa Sassi” (1976), a Ben Vautier che performa alla galleria Bellora di Milano (1971) ad Hermann Nitsch che intrattiene gli astanti con i suoi “riti” del Teatro delle Orge e dei Misteri (1976).La bellezza del lavoro di Garghetti risiede proprio nella capacità di fondere lo scatto documentativo, con l’azione e la fotografia artistica. A tal proposito di grande poesia sono le foto realizzate a Yoko Ono al Teatro dell’Arsenale a Venezia (2009) e quelle a Philip Corner alla Fondazione Mudina di Milano (2014).

Daniel Spoerri, 1976.

La mostra non si limita, infatti, a narrare l’esperienza Fluxus, ma racconta dell’evoluzione di questo fenomeno in Performing Art che, tra la fine degli anni ’90 e nel corso degli anni 2000 si trova a vivere una nuova recrudescenza. L’ultima azione documentata è del 2020 a Tolosa, al Musee Des Abattoirs, dove si è tenuta l’azione di Ben Vautier, lo stesso artista che, tra l’altro, apre il percorso espositivo alla galleria Scoglio di Quarto.Grazie a Fabrizio Garghetti l’esperienza Fluxus viene narrata come un’avventura culturale, visuale e sociale dove al centro trovano posto sperimentazioni linguistiche che unirono il brulicante fervore artistico che in passato animarono l’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone. Il fotografo milanese si fa mediatore tra le forme culturali più d’avanguardia e una società, che nel giro di qualche decennio, sarebbe stata assorbita totalmente dalla cultura dello spettacolo.

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