Data

Set 26 2023 - Nov 11 2023
Evento passato

Ora

18:00 - 18:00

Grgur Akrap | Prophetic Dreams

Martedì 26 settembre la galleria Richter Fine Art apre la nuova stagione espositiva 2023/24 con la mostra personale di Grgur Akrap, dal titolo Prophetic Dreams. Ospite per la prima volta in galleria l’artista croato porta dipinti in cui l’uomo ha letteralmente voltato le spalle al mondo borghese e urbanizzato, a un mondo pieno di illusioni di una civiltà strutturata. Rappresentato come una figura solitaria, ha abbassato gli occhi per mantenere i suoi legami con l’essenziale.

“Sebbene sia un mezzo materiale – afferma Akrap – percepisco la pittura come il riflesso di una realtà invisibile e intangibile ai miei sensi. Attraverso l’armonia di colori e forme e la complessa grammatica del linguaggio visivo, si formano scene inesistenti di intenso contenuto. La ricerca di una forma d’arte ideale crea motivi intrisi di significato simbolico che lasciano l’impressione di un sogno nebuloso la cui interpretazione dipende dalla persona che lo sogna”. I dipinti sono abitati da figure verdi, grigie e viola, paesaggi mistici e bestie feroci. Gli stati spirituali interiori sono stati trasformati in motivi esotici. Un uomo che combatte una bestia, una nave arenata sulla riva e un’altra in fiamme, paesaggi di cieli rossi e acque grigie. Tale contenuto apre lo spazio per un’interpretazione stratificata e richiede un tentativo di decifrare i codici artistici inscritti nella materia dei dipinti. Spesso l’artista ritorna sullo stesso motivo finché non esaurisce il potenziale del dipinto che lo aveva attratto.

“Il materico è sintomatico – afferma Laura Catini nel suo testo critico – di un diafano trasognato che esige di manifestarsi per un’appartenenza al tangibile. Non ha peso ma fluttua nei nostri sensi e li tange, afferrandoli tutti verso una trama di lettura che cinge una narrazione in cui il mistico, l’esotico e il surreale esternano un turbinio armonioso di immagini come evocazione dell’io. Nel gesto compiuto si concretizza la forma del pensiero. Una barca e un cavallo gettano un riflesso sagomato di semioscurità, imprimendo un saldo limes estatico, nelle diverse realtà invisibili che il quotidiano reca.”

Per Akrap, il rapporto tra uomo e natura è estremamente importante, poiché la natura è portatrice del mitico e della voce dei devoti. Sui sentieri battuti, cerca costantemente nuovi incontri con fonti familiari di ispirazione. Resistendo all’impulso di utilizzare l’intera tela, accentua sia le superfici e le trame della pittura sia le sensazioni causate dall’aspetto degli oggetti. Ciò è strettamente correlato alla forma carnale, erotica e decisa del nudo maschile. Con gli occhi spalancati, l’unico sguardo diretto che lo spettatore è in grado di sostenere è quello di una tigre rappresentata attraverso pennellate visibili ed espressive. Akrap riesce ad incuriosirci con la sua disinvoltura, a divertirci con la sua audacia, a confonderci o a farci meravigliare con la sua nonchalance.

Grgur Akrap è nato nel 1988 a Zagabria. Nel 2013 si è laureato presso il Dipartimento di Educazione Artistica dell’Accademia di Belle Arti di Zagabria sotto la guida del prof. Damir Sokić. È membro dell’Associazione croata degli artisti (HDLU) dal 2012 e dell’Associazione croata degli artisti freelance (HZSU) dal 2018. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Croazia e all’estero. Ha ricevuto diversi premi, alcuni dei quali sono il Young Artist Award alla 3a Biennale di Pittura, il Premio del Museo di Arte Contemporanea di Zagabria al 51° Salone delle Arti Visive di Zagabria, il Premio Iva Vraneković – Artista ad Artista alla 4a Biennale di Pittura e Premio Grand Prix alla 15a edizione del Concorso Erste Fragmenti. Vive e lavora a Zagabria.

Grgur Akrap. Nel tempo del trasognato di Laura Catini

La spirale immaginifica di Grgur Akrap è balsamo che permea privatamente la storia della vibrante e leggendaria arteria di Manduševac. Il romanzo borghese viene ferito da una disillusione sedimentata nelle figure che si concretizzano nelle visioni sognanti dell’artista. L’iperpositività e l’iperrealtà che germinano, nell’umano, l’idea dell’immortalità dell’anima, vengono strappate dall’alternativa di un principio inconfessato e ideale più vero del vero, e che tenta una poetica del ritrovo nell’irresolutezza storica del presente. Inconsciamente, nella distruzione del reale chimerico, sorge un’alleanza cosmica, in cui l’individuo si misura con il calore di un corpo prossimo nello spazio, in una dimensione di afferenza che muta, dislocandosi nei piani di inclinazione di uno sguardo celato. Il materico è sintomatico di un diafano trasognato che esige di manifestarsi per un’appartenenza al tangibile. Non ha peso ma fluttua nei nostri sensi e li tange, afferrandoli tutti verso una trama di lettura che cinge una narrazione in cui il mistico, l’esotico e il surreale esternano un turbinio armonioso di immagini come evocazione dell’io. Nel gesto compiuto, si concretizza la forma del pensiero. Una barca e un cavallo gettano un riflesso sagomato di semioscurità, imprimendo un saldo limes estatico, nelle diverse realtà invisibili che il quotidiano reca. L’aspirazione nell’individuare le campiture, all’interno di un tracciato, e il riferimento all’Oriente si collocano nel respiro mentale e geografico della vita vissuta in pieno contatto con la propria terra. L’equilibrio compositivo è bacillo di una divisione che sopraggiunge come tensione dell’unità degli opposti, perpetuamente colti in un pugnace divenire e, ove ogni molecola assume una turgida variazione tonale nella definizione di un circostante che veicola, nei suoi orientamenti spaziali, un sentire che si fa denso nella massa corporea e nella finalità dell’azione figurata. Il ritmo sintetico della pennellata, che arriva fino a distendersi in piccoli filamenti colorati e che inchioda la luce nel suo bagliore, si arricchisce di pigmenti sia tenui sia vivi e intensi che sembrano rievocare una matrice post-impressionista, fino a spingersi su reminiscenze Fauves. Tuttavia, ogni impressione stilistica viene superata da un pungente amore per l’onirico, rivisitato con un piglio del tutto personale che informa la solidità dell’impianto delle opere. Ogni trascinamento meditativo è sublimazione di segrete impressioni che, nel loro apparire nell’alveo della tela, ne evocano altre prestissimo. Baudelaire, secondo cui, La Natura è un tempio dove incerte parole/ mormorano pilastri che sono vivi, / una foresta di simboli che l’uomo/attraversa nel raggio dei loro sguardi familiari…, sembra introdurci nelle entità che aleggiano nei luoghi concepiti dall’artista. Un rettile luciferino è combattuto da un centauro dalle ali fatate, dinanzi alle celesti acque, circondate da un dentello di pietra rossa levigata che ne designa l’anima del fondale. Le incorruttibili rocce sono vessilli della virginità del paesaggio. Figlio di Crono e dell’Oceanina Filira e dalle fattezze biformi, partecipi delle sembianze del cavallo e dell’uomo, è fermato in un virile slancio sensuale. Come le leggiadre creature del bosco croato, mostra la bellezza di un’euritmia della natura nel suo urto, al richiamo lunare, con il sinuoso rettile, spirito ancestrale creatore e distruttore, emblematico di una forza vitale primordiale e dell’epifania delle tenebre della psiche. Nelle atmosfere irreali, l’idealizzazione per un originario ed equilibrato stato di natura si fonde con un’impulsiva fascinazione, verso una voluttà misterica e primigenia. Il blu che irrompe nell’incarnato del corpo dell’uomo è concatenato a una trascendenza eterea, distante da ciò che è terreno e referente quel sentimento di Sublime e di discrepanza cosmica, spesso terrifica nella sua sinistra maschera da dominare illusoriamente. L’essere visionario, insito nell’artista, vede ciò che, comunemente non appare agli occhi e viaggia in un oltre solitario che si esterna nell’astrazione del sentimento. Tra i numerosi riferimenti, punti cardini del colore sono Odilon Redon e la Scuola colorista croata. Una donna, esibendo il leopardo sul dorso, ricorda l’iconografia del Moschophóros e trasferisce, con la sua intrinseca presenza di nudità femminile, il ricordo di un martirio, quale passione che, da tormentosa afflizione, si fa baluardo di un potere e di credenze liberativi farisaici.  Attraverso un immaginario simbolico, di cui il colore è codice primario, si ramifica un linguaggio visceralmente espressivo nel suo potenziarsi in frammenti profetici, e in cui – come testimonia il nostro – si formano scene inesistenti di intenso contenuto. Ne deriva l’espressione Prophetic Dreams che connota il titolo della mostra. Una barca arenata è in procinto di muovere il sacro fuoco della psiche, dal buio verso la luce aurorale della coscienza, in un passaggio che si autopone al confine tra la vita e la morte. Un arrossamento del cielo delimita la fase finale del processo di formazione dell’oro, corrispondente al compimento della personalità. Il nucleo rosso sfavillante è esso stesso forza universale che risiede nei corpi di tutti gli esseri. Nella Grande Opera è principio maschile per eccellenza che sprigiona un impeto improvviso, mentre il fumo, accogliente come un grembo materno, è principio femminile, anima degli elementi. Il fumatore si accinge simbolicamente all’operazione alchemica, e al tema dell’ascesa verso l’alto. L’incontro con il proprio io emotivo e spirituale, dissigillati dall’ammasso nugolo grigio e azzurrognolo, si cristallizza in un lasso di perspicuità e di riflessione. Difformemente, il fumo può ingenerare il bisogno di piacere, legato al nutrimento e alla consolazione materni e sessuali, nonché a un appagamento per l’appartenenza a un gruppo. Ciò carica tale cenno di un’accezione negativa, ripercorrendo quella dualità di significazione, a fondamento della nostra comprensione della poetica dell’artista. Il suono sciamanico di un tamburo pone in dialogo il microcosmo con il macrocosmo, attirando a sé le nostre parti più antiche e distanziandoci da un contemporaneo modus vivendi, per ripercorrere le nostre origini. È, altresì, riconosciuto come cavallo dello sciamano, in grado di guidarlo verso un locus amoenus di potere interiore, di sogno e di una purezza tale da sedurre gli spiriti, durante il cammino. Ne scaturisce il confronto tra l’essere che si è sviluppato in una coltre conformista, e la necessità originaria che lo ha fatto nascere nella sua espressione più tersa. Ma il falso profeta chi è? La fanciulla nell’atto di suonare o la misteriosa creatura terrena e mitologica, così come descritta nell’Apocalisse di Giovanni? Forse è una bestia della terra e del male che, alla fine, è vinta dalle forze del bene. Si presenta come un profeta, ma non lo è. La difficile interpretazione e il verosimile ribaltamento rendono la decifrazione sempre fervida di interrogativi sull’orizzonte di senso che l’artista ha voluto imprimere, riportandoci al primario merito della meraviglia, generata dal gesto creativo. La perdita delle utopie e degli obiettivi sperati e negati, relativi al nostro tempo, decade in una tentata decodificazione delle immagini alienanti delle opere. L’istante determina la realizzazione pittorica nel suo modificarsi continuo, in cui si manifesta, solo nell’attimo finale, l’interezza del pensiero che, uscendo fuori da sé, fa ritorno nell’affronto tematico-figurale. Un cordone ombelicale alimenta quel mondo lontano, in cui si fondono attualità e flusso vitale trascendente. La cecità del ciglio dell’artista-veggente viene sottomessa alla vista accesa e perturbante di una tigre che varca il lucernario di provenienza, per affermare un suo dialogo con l’hic et nunc.

Vademecum:

Titolo: Prophetic Dreams

Artista: Grgur Akrap

galleria Richter Fine Art, vicolo del Curato, 3 – Roma

Durata mostra: 26 settembre – 11 novembre 2023

Orari: dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19, o su appuntamento.

Sito internet: http://www.galleriarichter.com/

Email: info@galleriarichter.com

Fb account: Galleria Richter Fine Art

Ufficio Stampa: Chiara Ciucci Giuliani mob. +39 3929173661 | email: chiaracgiuliani@gmail.com