Dal 25 marzo al 2 aprile 2023 al Cavalieri Art Hotel di St. Julian si svolge la prima edizione di MAD WEEK, la Settimana dell’Arte e del Design di Malta, a cura di Michele Citro.
Fotografia “esistenzialista”: Daniele Cascone
Non sarà inaccettabile e oltraggiosa come quella di cui parlava Celant nel suo Fotografia maledetta e non; di sicuro, però, legata com’è all’onirico e all’inconscio, all’imprevedibile e all’assurdo dei maestri surrealisti, la fotografia di Daniele Cascone è “incredibilmente affascinante”. Abbiamo discusso con l’artista del suo mondo, con un occhio di riguardo per gli ultimi lavori.
Arte e religione: Sergio Catalano
“A chi ama l’arte non sarà sfuggito un fatto tanto eclatante quanto poco dibattuto: l’assenza nelle gallerie e nei musei di arte contemporanea di opere genuinamente religiose, in cui il sentimento religioso non sia inquinato, cioè, da ironia o irriverenza”. Così la quarta di copertina di Lo strano posto della religione nell’arte contemporanea di James Elkins, pubblicato lo scorso anno da Johan & Levi per le cure di Luca Bertolo. Abbiamo discusso di questi temi in una prospettiva cristiana con frate Sergio Catalano, architetto e teologo domenicano – insegna Teologia dogmatica alla Lumsa – che ha di recente curato, tra le altre cose, interessanti rassegne e installazioni d’arte contemporanea presso la Chiesa e il Convento di San Domenico di Palermo.
Lo street artist del legno: Andrea Gandini
Per alcuni la Street art è una critica alla proprietà privata, una contestazione della politica vigente o della società. Per altri, semplicemente, un’occasione di esporre in piena libertà, senza i vincoli di musei e gallerie. Per Andrea Gandini, scultore, è soprattutto un modo per ridare “dignità” a chi un tempo la possedeva e l’ha perduta: i tronchi abbattuti (e abbandonati) che popolano le strade delle nostre città.
L’arte non ha genere
L’arte, a dispetto del nome, per colmo di ironia femminile singolare, non ha genere. Non vi sono tratti specifici che consentano di distinguere il lavoro di una donna da quello di un uomo o di un transgender, a parte, forse, una certa propensione a trattare certi temi. E tuttavia non si può negare che le donne artista abbiano meno possibilità di ottenere successo, anche commerciale, e riconoscimenti critici rispetto ai colleghi d’altro sesso.
L’arte di curare: Stefania Morici
Ricordate Adelante! Adelante! di Francesco De Gregori: “Passa correndo lungo la statale / Un autotreno carico di sale / Da Torino a Palermo / Dal cielo all’inferno / Dall’Olimpico al Quirinale / Da Torino a Palermo / Dal futuro al moderno / Dalle fabbriche alle lampare”? Bene. Sostituite Milano con Torino e avrete le coordinate perfette – con tanto di treno veloce, che nel mondo dell’arte esiste realmente, tra il Nord e il Sud Italia – del lavoro di Stefania Morici. Art producer, curatrice e consulente creativa, Stefania vive infatti tra Palermo, dove e nata, e Milano, dove si è formata, lavorando presso fiere, enti pubblici, musei e gallerie. Abbiamo discusso con lei di organizzazione, curatela e produzione di eventi complessi in contesti differenti. A cominciare dai suoi.
Un dialogo fra il mestiere e lo stupore:
Atanasio Giuseppe Elia
L’ottobre dello scorso anno presso Palazzo Moncada a Caltanissetta si è svolta la mostra di Atanasio Giuseppe Elia Sogno di un viaggio: un excursus che, riporto dalla mia presentazione, “vuole riassumere gli ultimi dieci anni della sua carriera; anni in cui i suoi dipinti si sono sviluppati in assoluta coerenza: quasi fotogrammi di un’unica pellicola, fermo immagine di un film che scorre in un immenso salone, in un non luogo, facendo balenare frammenti di mondi irriducibili e lontani. La pittura di Pippo nasce infatti da un’ombra che è soprattutto distanziamento e sottrazione: realizzati a partire da oggetti o figure svincolati dal loro contesto originario, i suoi quadri sono come deprivati di materia e di colore; paiono congelati, sbiaditi. Le sue figure umane, quando compaiono, sembrano statue, foto di sconosciuti o manichini. Neppure le finestre e i corridoi che si aprono qua e là invitano alla fuga; non rivelano varchi ma ostacoli in un viaggio che non conduce in nessun dove. In questo ‘teatro del silenzio’ – così Walter Wells ebbe a definire la pittura di Hopper – l’autore è come il minotauro di Dürrenmatt: un individuo che, in un labirinto di specchi, rimane sempre solo, ai confini della gioia e del dolore; cosa accadrebbe se, nel tentativo di stabilire un contatto con l’Altro, distruggesse il suo riflesso, la parete dipinta che lui stesso ha creato e lo ha reso prigioniero?”. Di questo, e di altro, abbiamo discusso con l’artista che, come ha scritto Diego Gulizia, che ha curato la mostra con me, “non è solo testimone dei suoi eventi, delle sue solitudini, delle sue sensazioni di impotenza. Attraverso le sue riflessioni visive egli diventa il rappresentante dell’intera collettività, di quella cultura del vivere sociale che attribuisce all’isolamento la negazione dell’esistenza, alla segregazione domestica la sconfitta della cultura della solidarietà”.
Trappola e nido: Giovanni De Lazzari
““Agire con povertà di mezzi (un foglio e una mina) per me è fondamentale; ciò a cui mi ispiro sono i resti delle cose, in particolare quello che rimane di forme vegetali che per me richiamano la complessità inesauribile della natura. Cammino a lungo, e mi capita spesso di pensare che se sommassi tutte le linee che finora ho prodotto con la mia mano qualche chilometro dovrei averlo fatto, perché il disegnatore percorre le vie che traccia (mentre le traccia).” Così Giovanni De Lazzari in margine alla sua personale Resti, a Ragusa sino al 21 gennaio 2023 presso lo spazio Clou, in collaborazione con Laveronica Arte Contemporanea. Lo abbiamo intervistato per Segnonline.
Woman’s Essence:
Natalia Gryniuk
Uguaglianza di genere, arte al femminile, guerra in Ucraina: di questo, e di altro, discutiamo con Natalia Gryniuk, art manager ucraina.
Bozzetti definitivi: Giuliano Cardella
Dal Canova a Giuliano Cardella di strada ne corre: bianco e compassato il primo – parlo ovviamente delle opere, non di chi le realizza – inquieto e coloratissimo il secondo. Entrambi, però, hanno questo in comune: sono grandi nei bozzetti. Così grandi che, nel caso di Giuliano, la creazione non parte dai bozzetti ma si conclude con essi, veri e propri “bozzetti definitivi”. Ne abbiamo discusso con l’autore.
Situ Festival. A Biscari
L’unità d’Italia qualche danno lo ha fatto. Ai tempi dei Borboni, ad esempio, a nessuno sarebbe venuto in mente di cambiare il cognome della dinastia regnante per l’assonanza con “barboni”, né, tanto meno, di ribattezzare una cittadina, la ridente Biscari, per l’altrettanto evidente assonanza con un lemma in purissimo idioma fiorentino. Dopo l’unità, è accaduto. Uno studioso bischerino – o in qualunque altro modo lo si voglia chiamare – è riuscito a cancellare il toponimo del paese natale, inventandosi di sana pianta il passaggio in quelle terre di uno scudiero virgiliano. Da allora in avanti Biscari si chiama Acate. E tuttavia la storia non perdona: chi cerchi Acate sui media, si imbatte subito nella strage di Biscari, non di Acate, uno dei massacri più efferati compiuti dagli americani durante il secondo conflitto mondiale, o in qualche descrizione del castello dei Principi di Biscari. In questi siti affatto anonimi, anzi carichi di storia, si è svolto dall’1 all’11 settembre scorsi SITU Festival, una residenza site specific dedicata alla ricerca sull’identità dei luoghi, curata dall’artista/curatore/personaggio immaginario Giuseppe Stornello. Ne abbiamo discusso con gli organizzatori.
Lo sguardo umano: Salvo Bonnici
Davanti a un’opera d’arte, non possiamo rimanere neutrali. Se è un’opera che ha a tema la violenza, non siamo mai solo le vittime, né solo i persecutori. La reinventiamo a ogni nostro sguardo: come recita il titolo dell’ultima mostra di Salvo Bonnici, organizzata dall’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, “Io siamo noi” (Galleria Civica d’arte contemporanea di Palazzo Moncada, Caltanissetta, 17 dicembre 2022-28 gennaio 2023, a cura di Antonio Vitale). È proprio questa coralità, questa partecipazione universale al dolore causato dalle guerre del passato e del presente, la “speranza nella ferita” cui si riferisce il sottotitolo dello stesso evento; la possibilità, che l’arte concede a chi la guarda, di riessere umani.
A fior di pelle: Angela Ghezzi
Di solito a fior di pelle si hanno i nervi. Ma l’espressione, a ben vedere, sottintende un tremore, un senso erotico, carnale. Così almeno la hanno intesa i sei artisti invitati da Angela Ghezzi, gallerista italiana di origine e parigina di adozione, nell’ultima mostra che ha curato presso l’Istituto Culturale Italiano di Rue de Varenne (Salvatore Alessi, Marco Cornini, Daniele Galliano, Alessandra Maio, Leo Ragno, Samantha Torrisi, A fleur de peau, 22 novembre 2022-27 gennaio 2023). La abbiamo intervistata sul suo lavoro curatoriale e sulle analogie/differenze tra Italia e Francia.
L’inizio di ogni giorno Camilla Marinoni
Ho conosciuto Camilla Marinoni quest’estate. Ci siamo incontrati a Palermo, in occasione di una mostra – ex voto – di cui ero il curatore generale, ma che ospitava al suo interno altri progetti. Quello che coinvolgeva Camilla, Luce, a cura di Valerio Dehò, rifletteva sul simbolismo della luce attraverso dipinti e installazioni. Il lavoro di Camilla, realizzato a partire da materiali reperiti sul luogo, non poteva essere più suggestivo. In una stanza ormai senza pavimento di Palazzo Costantino – le piastrelle, preziose maioliche, erano state sottratte da ladri che, strappandole, non erano andati per il sottile, producendo tanti cocci – Camilla ha disposto, come fosse un sudario, un telo dorato e riflettente, su cui ha pazientemente rimontato, frammento dopo frammento, una porzione di decoro. Il tutto risultava illuminato da un faro che, “bagnando” di luce il pavimento rifatto, lo sollevava idealmente sino al cielo. In sottofondo, si sentivano parole di Hannah Arendt e suoni suggeriti dal luogo. Dopo questa esperienza, l’istallazione – L’inizio di ogni giorno – è stata selezionata da una call nazionale ed è diventata itinerante. Ne abbiamo discusso con l’autrice.
Street art e mercato: Sofia Bonacchi
Street art e mercato: ne abbiamo parlato con Sofia Bonacchi, amministratrice delegata di Street Levels Gallery, galleria fiorentina specializzata in arte urbana.
Dinamismo di un giocatore di Basket: Piskv
L’originalità dipende essenzialmente dallo stile. Lo dimostra il lavoro di Francesco Piscu, in arte Piskv: street artist non particolarmente nuovo quanto ai soggetti trattati, ma efficacissimo per la sua capacità di rendere, con armonie cromatiche e tagli dirompenti – una sorta di cubofuturismo in formato gigante – il dinamismo della postmodernità.