beloved, veduta della mostra / exhibition view

Beloved: Paolo Bufalini a Gelateria Sogni di Ghiaccio

Nella mostra, intitolata beloved, Bufalini presenta tre nuove produzioni, lanciando anche il progetto Land of Nod e innescando un dialogo curatoriale tra la piattaforma Condylura e il duo Treti Galaxie.

Si intitola beloved la personale di Paolo Bufalini (Roma, 1994), curata dal duo Condylura, presso Gelateria Sogni di Ghiaccio. Inaugurata il 2 Febbraio nell’ambito di ArtCity Bologna 2023, la mostra presenta tre opere di recentissima realizzazione, legate da un intervento ambientale. Lo spazio espositivo, che solitamente si presenta come un classico white cube, è stato convertito in una stanza scura e umbratile. L’atmosfera fa pensare a una cripta, ma potrebbe anche essere una tana, o un bunker. Quest’ultima suggestione trova un’eco nel testo Dalla Collezione Esperimenti Onirici del duo curatoriale Treti Galaxie, un breve racconto sci-fi che affiancato al testo critico di Condylura. Il doppio intervento curatoriale ha una ragione specifica: beloved, infatti, include uno degli esiti di Land of Nod, progetto ibrido tra arte IRL e blockchain, commissionato all’artista dalla piattaforma OmniArtVerse e curato, appunto, da Treti Galaxie. L’opera, intitolata The Sleeper (life-size), costituisce un ritratto fotografico della compagna dell’artista, Federica, addormentata. Per realizzarla, l’artista ha collaborato con il fotografo Marcello Galvani (Massa Lombarda, 1975). Scattata con il banco ottico da prospettiva zenitale, la fotografia sembra testimoniare la presenza di uno sguardo altro, incorporeo. La figura risulta circondata dall’oscurità, le lenzuola blu scuro sembrano assumere le sembianze di un paesaggio. A turbare l’armonia cromatica e compositiva dell’immagine è una piccola placchetta bianca, situata quasi al centro della fotografia. Si tratta, come mi spiega l’artista, di un dispositivo biomedicale. Agganciato a un body dotato di elettrodi tessili, questo dispositivo genera un data report, che riporta i parametri della frequenza respiratoria, del battito cardiaco e dei movimenti del corpo. Registrando questi dati durante un’intera notte di sonno, l’artista ha inteso “generare un secondo ritratto in forma di dati.” Il data report, poi “mintato” come NFT, costituisce la parte digitale del progetto Land of Nod. Si tratta, come afferma il testo di Condylura, di una doppia forma di invasività: l’esposizione di un momento intimo, infatti, avviene in concomitanza con un atto di appropriazione di dati sensibili. Questa doppia violazione, secondo il testo, ripropone “il tema dell’immagine macchinica come cattura dell’anima.” La terra di Nod, del resto, è il luogo in cui viene esiliato Caino, il luogo di coloro che, ci dice il filosofo greco Origene, “hanno abbandonato Dio.”

La figura dell’”amata” è protagonista anche della seconda opera in mostra, Tricksters. All’interno di un’imponente vetrina frigorifera illuminata, infatti, troviamo 239 lattine di energy drink, su ognuna delle quali è stampata un’immagine di Federica da bambina, il volto e il capo coperti da una maschera veneziana. Se Condylura parla di un “aumento delle prestazioni fino a una caricatura taurina del sé”, l’artista, d’altra parte, mi parla dell’opera come di un “serbatoio”, una sorta di miniera, di zona dell’inconscio in cui questa immagine è conservata e prolifera. Tutta la mostra, del resto, appare attraversata da due direttrici parallele: a una riflessione sul nostro rapporto con la tecnologia e le immagini, infatti, è affiancato un approccio allegorico alla propria biografia. Se, in Tricksters, la proliferazione e la maschera trasformano la persona in figura, in The Sleeper (life-size) il rapporto con l’amata è portato a un’analoga freddezza, conferita dalla spersonalizzazione del punto di vista. Il titolo allude alla figura antropologica del trickster, il briccone divino. Presente in diverse tradizioni mitologiche, questa figura ha nella metamorfosi due dei suoi tratti caratterizzanti, oltre all’ambiguità sul piano morale (non è una figura positiva o negativa, ma un agente del caos, un attivatore). Ripensando alle parole dell’artista, al suo riferirsi all’inconscio, guardo a questa miriade di identità come messaggeri, ambasciatori della circolarità del tempo, testimoni di un passato ineludibile.

Paolo Bufalini, beloved, veduta della mostra

L’ultima opera, Senza titolo, è costituita da 45 sculture di stagni, “impaginate come fossero un dittico, o due pagine di un codice miniato”, come mi spiega Bufalini. Lo stagno fuso, gettato in acqua fredda, genera delle forme casuali, che sembrano però assumere sembianze riconoscibili – un fiore, un piccolo drago, una bocca, ad esempio. Anche quest’opera attinge al serbatoio dell’infanzia: l’artista mi racconta di aver partecipato, durante un Capodanno passato a Salisburgo con la famiglia, al medesimo rituale. Una volta ottenute le concrezioni di stagno, si procedeva a divinarle, formulando auspici sull’anno nuovo. Ricalcando questo procedimento, e conferendogli l’aspetto di un testo, l’artista sembra metterci di fronte a una sorta di vaticinio, a una profezia da decodificare. Mi vengono in mente gli aruspici, i sacerdoti che, presso gli antichi Romani, interpretavano le viscere degli animali sacrificati. Nell’insieme, le sculture di stagno ricordano organi e ossa, parti del corpo recise e disposte, ma anche attrezzi chirurgici. L’opera contribuisce a far uscire una dimensione più corporea, quasi carnale, che si sovrappone alle terrae incognitae che permeano tutta la mostra secondo diverse declinazioni – il mondo onirico e il sonno, l’amore, l’inconscio, l’enigma del futuro. Così come il data report sembra suggerire un approccio sentimentale ai parametri biometrici, così il corpo e la figura, secondo un analogo paradosso, subiscono un processo di raffreddamento del contenuto emotivo – in Tricksters quanto in The Sleeper.

La mostra, nel complesso, sembra essere una sorta di stanza del tempo, un luogo in cui passato, presente e futuro si incontrano, richiamandosi e alterandosi l’un l’altro. Ogni opera è caratterizzata da quest’ambivalenza: così come il vaticinio deriva da un ricordo d’infanzia, l’infanzia stessa si moltiplica e colonizza un eterno presente, un tempo congelato. La profondità del sonno e dei sogni, infine, si offre come un’altra declinazione del sommerso e dell’inconoscibile, ma anche come un luogo nel luogo, come il fiume sotterraneo in cui presagio e reminiscenza confluiscono e si mescolano.

Paolo Bufalini, beloved, veduta della mostra