Being There. Oltre il giardino: un lungo viaggio attraverso le parole

L’intervista a Claudia Losi in occasione della sua mostra “Being There: oltre il giardino” visibile presso la Rocca Roveresca di Senigallia fino al 25 settembre.

Pochi giorni prima della chiusura della mostra inaugurata lo scorso 3 giugno alla Rocca Roveresca di Senigallia, ho ritenuto più che legittimo, vista la grandiosità del lavoro e la profondità dell’arte di Claudia Losi, dedicare a Being There. Oltre il giardino questo approfondimento attraverso un’intervista rivolta all’artista che ci regala il racconto di un percorso biennale ricco di scoperte di luoghi, di incontri e di collaborazioni aggiungendo una giusta dose di casualità che dà vita e gioia all’insieme: il progetto è stato promosso dalla Rocca Roveresca di Senigallia, istituto della Direzione Regionale Musei delle Marche, in collaborazione con NTU – Centre for Contemporary Art – Singapore, Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme, Center for Mind/Brain Sciences dell’Università di Trento e Rovereto, Accademia di Belle Arti di Urbino e Collezione Maramotti di Reggio Emilia, e realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione, 2020), programma di promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Losi, insieme al curatore della mostra conclusiva del progetto Leonardo Regano, ci accompagna, qui con le parole, alla scoperta della sua realtà che ha incontrato variegati contesti in varie parti del mondo. A voi un assaggio di questa avventura tanto immaginaria quanto tangibile.

M.B.: Claudia, cominciamo dalla genesi del progetto: i viaggi nel nord della Scozia e in particolare sull’isola di St Kilda nelle Ebridi Esterne. Cos’hai trovato in quei luoghi? Perché tutto è iniziato da lì per poi far proseguire la tua indagine sulla complessa relazione tra l’essere umano e l’ambiente che abita?

C.L.: Quando ha inizio un progetto? È come domandarsi da dove inizia una montagna. Ho voluto provare a rispondere attraverso il sito dedicato al progetto (www.beingthereoltreilgiardino) individuando le stazioni più significative che hanno portato a Being There. Oltre il giardino. Difficile farlo con coerenza poiché non si possono isolare singoli momenti o lavori. La risposta che ho trovato, in forma visiva, assomiglia a quei paesaggi dove, nelle stagioni giuste, si possono riconoscere le linee dei sentieri battuti dagli animali, compresi quelli degli umani. Erba schiacciata dai passi, pietre spostate, terra messa a nudo. Sono tanti, s’intrecciano, a volte scompaiono e riprendono più in là. Being There è iniziato a St Kilda? Da questo arcipelago reale e fantastico, atteso, cercato, visitato? Oppure a Montbard, vicino a Digione, quando fotografai e stampai su grandi tessuti le piscine rettangolari in cemento, invase dalle sterpaglie e da alberi di pioppo e noci presso un allevamento di trote in località Marmagne abbandonato da anni? Quando infine vi ricamai le mappe dei continenti alla deriva? St Kilda è un arcipelago dalla storia particolare, sufficientemente a nord per la mia personale bussola da prendere la forma di un desiderio, di un segno esotico sulla mappa che mi fa da guida nell’esistenza. Un “fuori” accessibile la cui distanza non solo geografica, la sua geologia, la storia dei sui abitanti, vegetali, animali e umani hanno alimentato il desiderio per anni. Il desiderio di camminarne i pendii. Di osservarne le forme. E raccontare questa esperienza, di attesa prima e del corpo dopo.La prima volta che ci provai, nel 2006 fu con dei compagni di viaggio con i quali ci organizzammo come in una piccola spedizione (oltre a me la fotografa Daniela Morreale, il videomaker Daniele Signaroldi e il musicista compositore Marcin Strzelecki). Non riuscimmo ad arrivare a St Kilda e ritornammo ognuno con la sua idea di un luogo mai visitato ma solo immaginato. Qualche anno dopo realizzammo Being Elsewhere, un video di circa quindici minuti in cui quattro adolescenti, due maschi e due femmine, attori non professionisti, sono stati ripresi in quatto luoghi naturali dell’Appennino emiliano, ognuno nell’atto di stare, guardare, camminare un bosco, un fiume, una pietra, un torrente. Un’iniziazione che poi li rivedeva parlare tra loro attorno a un tavolo dal piano di pietra concavo in cui una sottile strato d’acqua rimandava i volti e i dipinti della sala del palazzo che li ospitava; le loro immagini riflesse, deformate dall’aria dei loro fiati, dalle dita delle loro mani che giocavano disegnando nell’acqua.Infine nel 2012 ci sono riuscita, questa volta viaggiando con una cara amica artista, Shona Illinghworth. Ognuna muoveva il proprio sguardo diversamente. Quello che ho trovato era in parte simile a quanto immaginavo ma l’esperienza di essere fisicamente lì, in un dato momento (della mia vita, con quel tempo atmosferico, con quelle persone), ha sbaragliato le carte in tavola: cosa stavo guardando, cosa vedevo e cosa avrei trattenuto di quell’esperienza e quanto la mia memoria avrebbe modificato nel tempo il vissuto? Queste domande, apparentemente semplici, che toccano un punto radicale del nostro essere umani, le ho elaborate, masticate, risputate formulando non delle risposte ma altre domande, domande in forma di opere. La mostra del 2016, presso la Collezione Maramotti, How do I Imagine Being There, è stato il risultato col quale ho voluto formalizzare, in quel momento, questi interrogativi.

M.B.: Nel febbraio di quest’anno sei stata ospitata presso il CIMeC – Centro Interdipartimentale Mente/Cervello dell’Università di Trento e Rovereto. Lì hai potuto aprire un dialogo con i ricercatori. Con che modalità è stato portato avanti questo confronto e che peso ha avuto nella totalità del progetto?

C.L.: Il CIMeC è uno dei partner del progetto. Questo grazie all’etologo e neuro scienziato Giorgio Vallortigara che ho conosciuto diversi anni fa e col quale abbiamo avuto, negli anni, degli scambi, per me soprattutto, molto arricchenti. Un suo testo appare già nel libro d’artista in cui racconto della storia di St Kilda, How do I Imagine Being There, e un suo intervento è nel libro dedicato a Being There. Oltre il giardino edito da Viaindustriae. In particolare ho avuto la gioia di illustrare un suo libro Born Knowing: Imprinting and the Origins of Knowledge, MIT Press Ltd (2021), durante gli anni pandemici. Le giornate trascorse presso i laboratori di Rovereto sono stati un’esperienza intensa. Anche il momento in cui sono iniziati: il primo giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, lo scorso febbraio. Nello sconcerto di quella mattina ho prima raccontato del mio lavoro ai ricercatori e introdotto i temi di Being There. Oltre il giardino con particolare attenzione alla domanda che ha fatto da fil rouge del progetto: “quale è la tua idea di luogo naturale?” In particolare è stato interessante ragionare sulle affinità tra ricerca scientifica e ricerca artistica; il tema della creatività, dell’invenzione, del confronto, della narrazione nel metodo scientifico hanno animato questo incontro. I ricercatori mi hanno raccontato e mostrato, durante le visite ai loro laboratori, il proprio campo di ricerca, di tanto in tanto mostrandomi praticamente cosa voleva dire. Molte cose mi sfuggivano ma talvolta, indirizzando la conversazione verso zone neutre, meno “tecniche”, abbiamo trovato punti di tangenza e di scambio su temi che riguardano molte discipline. Vorrei riportarti una citazione di un libretto che ho letto con molto interesse (Noam Chomsky/Andrea Moro, I segreti delle parole, 2022): “La vera forza viene dal porsi domande su ciò che tutt’a un tratto non sembra più essere ovvio. Certo, può darsi che si possa essere esposti a un determinato fatto per caso, ma come disse Pasteur nel campo dell’osservazione il caso favorisce solo le menti preparate, ed è per questo che abbiamo bisogno d’imparare a stupirci”.

M.B.: Oltre il giardino è un grande tessuto di oltre 15 metri che chiude il percorso espositivo all’interno della Rocca Roveresca in cui son stati fissati graficamente tutti i contributi che negli anni son giunti a te. Una sorta di diario prezioso e complesso realizzato in collaborazione con il centro di ricerca sul tessile Lottozero di Prato in collaborazione con l’azienda Aròmata di Pistoia. Perché hai scelto di lavorare su tessuto? C’è un legame tra la scelta dei materiali e il concetto di ambiente naturale?

C.L.: Il disegno realizzato per la tessitura jacquard è, come dicevi, composto da centinaia e centinaia di disegni ottenuti ricopiando le risposte raccolte attraverso la call alla domanda che ho già citato. La composizione è stratificata, senza una modalità unica di lettura (leggibile cioè da sinistra a destra ma anche in verticale e in orizzontale) e costruisce una narrazione complessa (grazie alla sapienza compositiva di Chiara Neviani, Studioarighe). Presso la sede pratese di Lottozero ho trascorso anche una breve residenza d’artista per produrre alcuni ‘libri tessili’ ricamati e ho lavorato insieme ad Aròmata affidandomi alla loro esperienza e alla eccellente sapienza artigianale. I filati scelti e le combinazioni dei materiali hanno permesso di realizzare non solo un bel jacquard ma un tessuto che sembra inciso, una sorta di petroglifo morbido. Il tessuto è composto da una trama e un ordito la cui combinazione crea una superficie doppia, con il retro che è il contrario di quanto appare in superficie, ha una texture molto diversa. Il lato notturno. Fili che solo combinati in quel determinato modo tessono uno schema di quel tipo, tra tutti i possibili. Nessuna risposta definitiva. Come la vita che vive.

Installation view © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

M.B.: L’allestimento site-specific è stato progettato da Claudia Losi per trasportare il visitatore all’interno di uno spazio che diviene flusso di energie continue che richiamano numerosi aspetti culturali e riflessioni eterogenee provenienti da diverse parti del globo. Leonardo, tu sei il curatore della mostra conclusiva del progetto. Quando ti sei imbattuto in Claudia e secondo quali criteri avete deciso di esporre i tre grandi lavori (Ossi, Marmagne3, Cose che sono cose) presenti in mostra nelle sale antecedenti quella finale in cui è presente il grande arazzo?

L.R.: La collaborazione con Claudia per Being There Oltre il Giardino è iniziata nel 2019. È stato un lungo percorso che oggi si riassume in questo evento espositivo per la Rocca di Senigallia, sede che accoglie ed esporrà in permanenza il lavoro prodotto da Losi per l’Italian Council. In mostra non abbiamo voluto raccontare in maniera didascalica l’intero progetto (la cui storia è sempre disponibile sul blog dedicato) ma selezionare alcuni momenti che si rivelano importanti nella ricerca di Claudia e nei quali si definisce il suo interesse per la percezione del paesaggio. In Marmagne3, per esempio, il dato naturale rivendica la possibilità di creare paesaggio anche laddove l’intervento umano lo ha negato o comunque snaturato. Stampata sulla tela è l’immagine di un allevamento di trote in disuso nell’omonima regione francese, in Borgogna, in cui le vasche sono state “sommerse” dal dato vegetale. Su queste immagini Claudia interviene tessendo – pratica che da sempre accompagna il suo fare artistico – un’ipotetica scena di deriva dei continenti, immagine che ribadisce il continuo processo evolutivo del paesaggio e il suo essere un concetto mai “definitivo”. Proponiamo poi un allestimento inedito di Cose che sono cose, installazioni di sculture in cui alcuni oggetti personali e di uso comune sono stati trasformati e ibridati in forme che richiamano un paesaggio quasi lunare, colonizzato da esseri di cartapesta simili a licheni – elemento che torna in più occasioni nella semantica dell’artista. Infine Ossi, un lavoro più recente, del 2019, realizzato in ceramica a Montelupo fiorentino, che ho selezionato perché lo leggo come trait-d’union tra The Whale Project e Being There, due campi di indagine complementari nella ricerca di Claudia. Le tre costole di balena sono unite a formare un’unità abitativa nomadica, riconnettendosi così alla riflessione sul luogo naturale.

Installation view © photo Ela Bialkowska, OKNOstudio

Claudia Losi

Being There. Oltre il giardino

A cura di Leonardo Regano

Rocca Roveresca

Piazza del Duca 2, Senigallia

4 giugno – 25 settembre 2022

Inaugurazione: 3 giugno, 18

Orari di apertura: da lunedì a domenica 8.30-19.30 (ultimo ingresso alle 19.00)