Athar Jaber
Athar Jaber, Offering. Photography by Kris Janssens | 2018 © www.viktorbentley.com

Athar Jaber, A Mask for Life

Nato a Roma da genitori iracheni e cresciuto tra Roma, Firenze e i Paesi Bassi, Athar Jaber attualmente vive ed esercita la sua pratica di artista ad Anversa, in Belgio, dove è Professore Associato di Scultura presso la Royal Academy of Fine Arts.

La vicenda umana di Athar Jaber, segnata al contempo dalle immagini della Guerra del Golfo con le quali è cresciuto e dall’ideale classico di bellezza coltivato a Firenze, si traduce in un linguaggio scultoreo che nella compresenza degli opposti – violenza e bellezza, Eros e Thanatos, il bene e il male – indaga il grande tema dell’esistenza rappresentandone in maniera fedele anche le componenti intrinseche, sebbene talvolta mostruose, della sua natura. 

“L’etimologia della parola mostruosità si riferisce ai ruoli complessi che i mostri svolgono all’interno della società. Monster deriva dal latino monstrare, che significa dimostrare, e da monere che significa invece avvertire. I mostri, in sostanza, sono dimostrativi, rivelano una verità scomoda.”

Ne consegue un’estetica dell’opera immersa nel reale, aperta al reale e compenetrata di esso, disposta ad accogliere con la stessa benevolenza armonia e pace ma anche declino e degrado. Ecco allora che nei visi mutilati, nei corpi violati della loro integrità, nelle porzioni mancanti, nell’alternanza di vuoto e di pieno, si leggono le lacerazioni del presente, la perdita d’identità, la fragilità stessa dell’essere umano contemporaneo.

“Parliamo di perfezione, ma esiste veramente? Che cos’é? Una razza purosangue? Un corpo atletico? Una pelle immacolata? La pace in terra? In questo caso allora la perfezione non rappresenta la natura ma un suo ideale platonico irraggiungibile – e forse anche eticamente scorretto. Vogliamo parlare di utopia o realtà? A me interessa la rappresentazione della realtà. E credo che la perfezione risieda nella fedeltà con cui questa viene presentata.”

Ed è proprio muovendo da un dato di realtà, quello dell’attuale pandemia che sta colpendo l’intera umanità, che Jaber ha avvertito l’urgenza di contribuire come artista, oltre che come essere umano, alla lotta contro il CODIV-19. 

Declinando in chiave morale la sua produzione, l’artista ha deciso di inaugurare un’ iniziativa di fundraising attraverso il progetto A Mask for life, realizzato in partnership con l’UNHCR. 

Dieci maschere scolpite nel marmo il cui ricavato della vendita verrà donato all’Agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati per sostenere l’attività di approvvigionamento di scorte salvavita a favore delle persone meno privilegiate del pianeta. 

Le maschere sono diventate un simbolo della lotta collettiva contro il virus. Ovviamente quelle di Jaber non hanno di per sé la proprietà di proteggere dal rischio del contagio, ma possono contribuire a farlo attraverso il loro acquisto. Perché sebbene ci sembri scontato avere la possibilità di stare chiusi in casa, non dobbiamo dimenticare che c’è chi non ha una casa, non ha il lusso di poter proteggere sé stesso o la sua famiglia e non può praticare nemmeno il distanziamento sociale. Sono circa 70 milioni le persone nel mondo costrette nei campi profughi, affollati e inermi difronte all’incombere della pandemia. Scenario di un’emergenza che si fa ancora più drammatica se si pensa all’impatto e alle ricadute che potrebbe avere su migranti e apolidi.

”La peggiore delle crisi richiede il meglio dell’umanità” chiosa Filippo Grandi, in qualità di Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. 

L’etimologia della parola arte sembra derivi dalla radice ariana ar- che in sanscrito significa andare verso, ed in senso traslato, adattare, fare, produrre. Questa radice la ritroviamo nel latino ars, artis. Originariamente quindi il vocabolo aveva un’accezione pratica nel senso di abilità in un’attività produttiva, la capacità di fare armonicamente, in maniera adatta. 

E niente mi pare più adatto alle circostanze di questo progetto, felice sintesi di etica ed estetica, ascrivibile a un pensiero di più ampio respiro che rispondendo all’hastag #antiviralart, coniato dall’amico e scultore Jago, vedrà entrambi gli artisti impegnati a proporre un cambio di paradigma in tal senso. Mentre tutti vogliono essere virali, presenti in maniera capillare nelle piattaforme dei social media, il mondo intero sta combattendo una lotta contro qualcosa, il virus, che é diventato nostro malgrado virale.

“Non é soltanto un gioco di parole quanto piuttosto una riflessione di senso più profondo: se l’arte ha la possibilità di curare l’animo, la mente e lo spirito, essa può anche assumere un ruolo più concreto per il benessere dell’umanità. Come in questo caso, dove la vendita delle opere potrà effettivamente salvare delle vite umane.”

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Athar Jaber, www.atharjaber.com 

UNHCR, https://www.unhcr.org/be/nl/26993-athar-jaber-maakt-kunstwerk-en-beschermt-vluchtelingen-tegen-covid-19.html

Chi volesse acquistare una delle sculture e contribuire alla lotta contro il coronavirus, può contattare l’artista al suo indirizzo di posta elettronica: mail@atharjaber.com. Il prezzo di partenza è di 1000 EUR. Il prezzo aumenta ogni volta che viene venduta una maschera, man mano che diminuisce la disponibilità.

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