Arco Madrid 2025
Arvin Golrokh
Arvin Golrokh

Arvin Golrokh: la pittura, la materia, il conflitto.

Primo Marella Gallery di Lugano presenta Fenice – ante fata resurgo, la nuova mostra personale di Arvin Golrokh, con testo critico di Demetrio Paparoni

Arvin Golrokh è nato nel 1992 a Teheran, in Iran, dove ha trascorso la prima parte della sua vita e completato la formazione di base, all’interno di una società fortemente segnata dai diktat dell’attuale regime ma al contempo in un mondo e un contesto che non può non risentire del fatto di portare in sé nel bene e nel male traccia dell’origine della storia che è alla base della civiltà contemporanea. Nel 2012 ha deciso di trasferirsi a Torino per completare la sua formazione artistica, e questo cambio di contesto ha profondamente inciso sul suo approccio alla pittura e sulla sua ricerca artistica: la possibilità infatti di conoscere, studiare da vicino, assorbire gli esiti più importanti a cui è giunta la società occidentale (nell’arte ma non solo) gli ha fornito un termine di confronto del quale ha saputo fare un impiego originale ed efficace.

Questo percorso lo ha condotto a elaborare un non comune senso dialettico, una consapevolezza che le cose non sono in un certo modo perché è così e basta, come vorrebbe la sempre più dominante visione astorica del mondo, ma sono il risultato di fatti, di azioni, di volontà delle persone. Nulla è scontato, tutto può essere messo in discussione. E anzi, deve essere messo in discussione, perché la realtà che ne traspare è caricata di tutti gli aspetti più pesanti della sua negatività, presentati a volte in termini crudi e impietosi, a volte più sottili e allusivi, che sono già immediatamente una sorta di istigazione ad un suo rifiuto, alla necessità di un suo superamento. Lo si percepisce in negativo, nelle sue opere in cui fissa forme e posture di presunte o reali autorità, che cercano di imporsi o di travestirsi ma di cui ci ritorna un’immagine che ne sottolinea la mancanza di credibilità, la fragilità, l’ipocrisia avvalorata dal sistema che le sorregge. Ma lo si vede anche nelle opere più sottili, delicate, in cui si ricollega a eventi storici tracici, a passaggi drammatici, attraverso la rappresentazione critica del loro mascheramento. E poi questa stessa visione rivolta a un approccio dialettico emerge ancor più chiara nelle sue opere più recenti, della serie Fenice, in cui si ricollega al mito nato in Egitto ma recepito in tutta la civiltà arcaica, in cui per rinascere bisogna sapere accettare la distruzione, l’annullamento, o della serie Nekropolis, in cui chiari rimandi e richiami alle vedute di paesaggi cittadini si disfano e si corrompono in giochi di forme, luci e ombre che ne sottolineano la disfatta, la degradazione e la rovina ancor più immediatamente concettuale che fisica e materiale.

La sua ricerca artistica, che utilizza la pittura come medium privilegiato, preferibilmente olio su tela o tavola, esprime tutta l’importanza di conservare una visione lucida e indipendente del mondo e della vita, a non accettare le narrazioni statiche, rassicuranti, o quanto meno rassegnate, imposte dall’autorità. Lo fa attraverso forme complesse, espressive, evocative, che non concedono nulla a contorni netti e riconoscibili, ma richiedono una riflessione attenta, e anche la disponibilità a lasciarsi coinvolgere. Così in alcuni casi sembra che si possano riconoscere corpi, forme umane o animali, esseri viventi, che però con un altro sguardo possono invece apparire materia inerte, inorganica, al di qua e al di là del labile confine tra vivente e non vivente. 

Insomma, nei lavori di Arvin Golrokh la necessità di una visione autonoma, consapevole, critica e mai appagata da nulla di rassicurante diviene un tema dominante, che trova il suo linguaggio nella capacità di guardare alle esperienze della sua terra d’origine, ma anche nella sua “dimora adottiva”. Prende infatti spunti dalla storia e dalle soluzioni visive elaborate in Iran (e in generale in medio oriente) fin dai tempi più risalenti, ma anche dall’arte antica, moderna e contemporanea europea, i cui canoni e i cui artifici retorici vengono reinterpretati per essere anch’essi messi in discussione e rovesciati per farne un uso diverso.

Così, se come si accennava, privilegia la tecnica più tradizionale che è la pittura ad olio, sempre meno nel tempo sembra accettare i confini geometrici e ordinati della tela e della tavola. Sono mezzi adatti a una pittura tutto sommato sottomessa, o almeno succube dell’autorità che la condiziona. In essa la cornice aveva per l’appunto la finzione di delimitare l’immagine e concentrare lo sguardo. E infatti in passato già si erano sperimentate delle “sortite”, con le cornici invase che venivano investite dal colore.

Nei suoi quadri più recenti Arvin Golrokh spezza ulteriormente questi limiti, fisici e concettuali, per spingersi oltre: le sue “cornici” perdono la loro funzione originaria per divenire modo e strumento di allargamento, di superamento del perimetro tracciato, continuazione dell’opera. Sono apparati piuttosto complessi, realizzati dall’artista assemblando materiali di recupero, legni combusti, frammenti di telai o di chiambrane con chiodi, chiavistelli, serrature ancora incluse. Il quadro tradizionale, insomma si allarga in una sorta di richiamo all’installazione, nell’impiego di soluzioni che si espandono nel senso e nello spazio.Se le forme dipinte rappresentano di volta in volta figure umane corrose e scarnificate, città in rovina in cui non solo le costruzioni crollano su loro stesse, ma anche gli apparati produttivi e le strutture sociali si disgregano, le cornici sono a loro volta intrecci di frammenti disomogenei, reperti alla ricerca di una reinvenzione, che conservano tracce non più funzionanti del loro uso passato. In questo si riallaccia alle antiche miniature persiane, che non erano incluse in confini geometrici ma si espandevano nella pagina a seconda della necessità del tema.

Arvin Golrokh
FENICE ante fata resurgo
15 giugno – 26 luglio 2024
PRIMO MARELLA GALLERY LUGANO
Inaugurazione 15 giugno
dalle 14:00
Via Lucchini 10 – 6900, LUGANO – CH