Francisco Goya, Maja Vestida

Amore per la pittura

L’appuntamento del venerdì di Sistematica, le riflessioni di Andrea Guastella

Il primo ricordo della Maja desnuda e della Maja vestida di Goya è una foto della sala del Prado in cui i due dipinti sono esposti: dinnanzi a una, tanti visitatori; dinnanzi all’altra, una persona smarrita, soprapensiero, che, se la foto fosse stata scattata oggi, sarebbe stata sorpresa a scrollare il cellulare. Inutile specificare dietro quale maja la folla si accalcasse. I gusti della gente sono abbastanza prevedibili e, tutto sommato, banali. La Maja desnuda, vincitrice del podio, si presenta infatti in postura adamitica, sdraiata su un letto con le braccia dietro la schiena, per far risaltare i seni prosperosi. Il suo nudo non lascia nulla all’immaginazione. Persino i peli pubici – prima assoluta nella storia della pittura – sono effigiati con cura, sicché non sorprende la censura cui il dipinto fu soggetto: anticamente da parte del Sant’Uffizio, più di recente degli zelanti postini americani, che si guardavano bene dal consegnare le lettere, spesso inviate agli emigrati dai loro amici e familiari, accompagnate da un francobollo delle Poste spagnole con un’oscena e scandalosissima Desnuda. Oggi, leggendo notizie simili, ci facciamo due risate; un tempo forse altrettanto, ma con più riservatezza. Pare persino che il committente del dipinto, quel Godoy che fu primo ministro spagnolo al tempo di Carlo IV di Borbone, usasse celare la Desnuda con la Vestida, per poi rivelarne le grazie, in un colpo di teatro, a un pubblico ristretto e sbalordito.

In realtà, come tutti sanno, il nudo femminile non lo ha inventato certo Goya. I grandi veneti, da Giorgione a Tiziano, avevano dipinto fior di nudi che, attraverso le collezioni reali, Goya conosceva bene. E tuttavia il nudo di Goya è davvero speciale: non c’è, in questo dipinto, alcuna idealizzazione. La donna non è una Venere, come quella dipinta pudicamente di spalle dal grande Velázquez, oggi a Londra; è una donna così spontanea, così sfidante, così vera che in tanti hanno pensato che Goya, ritraendola, pensasse a Cayetana, a quella Duchessa d’Alba di cui, a quanto pare, fu l’amante. Una donna reale, quasi pronta a uscire dal quadro se il soggetto non suggerisse al visitatore, come effettivamente fa, di prendere l’iniziativa e di entrare lui stesso nel dipinto, per farle compagnia. Altro che alcolici, sigarette, preservativi, vestiti sporchi, giornali come in My Bed di Tracey Emin! Il tutto senza intellettualismi o, come nei realisti, polemiche sociali. Un mio amico pittore, tra l’altro amante di Goya, a chi gli chiedeva chi fossero le sue modelle preferite, additava la moglie. Goya, che alla moglie non ha dedicato che un unico ritratto, avrebbe probabilmente risposto “la pittura”. A me, che non sono un pittore, il massimo che si può chiedere è se preferisca la Vestida o la Desnuda. Sono un uomo spostato. Per la pace in famiglia rispondo la Vestida.

Francisco Goya, Maja desnuda
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