16Civico è uno spazio indipendente di arte contemporanea, fondato dall’artista Christian Ciampoli, al piano terra di una caratteristica palazzina degli anni Cinquanta di Pescara, secondo un progetto temporaneo che ha saputo promuovere l’arte contemporanea in un’area nuova del linguaggio artistico, riuscendo a stratificare densamente la storia degli interventi che si sono alternati nel corso degli anni.
Lo spazio nasce nel 2015, ai confini della città di Pescara, a pochi metri di distanza dalle spiagge del mar Adriatico. Il suo progetto, sito in un contesto al di fuori dei sistemi convenzionali e immerso da molti anni in un territorio protagonista di metamorfosi incerte, e stratificatesi nel tempo tra la storia e la cultura del passato, è in continua trasformazione.
Il titolo della mostra Il bacio della pantera rimanda all’omonimo film del 1942, diretto da Jacques Tourneur, e narra i tormenti “stregoneschi” della protagonista Irena, costretta per un’antica maledizione a trasformarsi in pantera quando prova stati emotivi intensi.
Nella mostra a tramutare sono, invece, le tonalità di colore in rapporto con la variazione della luce e il gesto pittorico della nostra.
L’esposizione è, infatti, il risultato di una residenza settimanale dell’artista negli spazi metafisici di 16Civico. La mostra si compone di un’opera site-specific della serie 24_paintings e di opere pittoriche legate al suo percorso artistico degli ultimi anni.
Dentro la mostra…
Nel passo che varca la soglia d’ingresso, si ode quel “mormorio del mare naturale e dolce” – come afferma la protagonista del film, da cui la mostra trae il nome.
Contrariamente al grido tedioso della pantera, assimilabile a un acuto e acre mugugnare, l’animale ci invita ad accompagnarla in un bacio ideale nel suo girovago camminamento, dopo averci se-dotto nel suo richiamo gioioso, proprio come avviene per Oliver Reed, l’architetto navale americano che si innamora di Irena, protagonista del film suddetto.
La pantera dell’opera Out of the Pink (2024) è – come la definisce Piotr Hanzelewicz – appartenente all’“iconosfera Pop” della propria infanzia dell’artista: “si tratta di una citazione letterale, anzi di una trasposizione della condizione dell’artista, che in maniera inquieta si aggira famelica nel proprio studio, imprigionata ed al tempo stesso libera di muoversi tra le sbarre da cui filtra la straordinaria luce che impatta sui muri sporchi e sulle tele”.
A deduzione di una tale premessa, possiamo sincerarci di come 24 hours paintings sia auto-costrizione che si forma nel corpo dell’artista proteso, dalla mezzanotte alla mezzanotte a dipingere – allo scoccare di ogni ora – il colore, avvicinandosi per quanto possibile alla sfumatura di bianco che assume la parete. Ma è, altresì, un estrinsecarsi di quella stretta che unisce l’attitudine sviluppata dall’artista nel suo studio, con il ri-trovarsi e il ri-trarsi all’interno di un nuovo luogo, in cui la diversità di percezione del tempo e dello spazio garantisce una nuova ri-appropriazione dell’aere, della luce e di una dimensione di trasposizione affettiva dell’artista.
Lo studio della luminosità stabilisce la presa di coscienza dei nuovi confini di avvicinamento che fluiscono dall’animo della nostra nella tangibilità del circostante, secondo un moto di restituzione circolare.
La griglia-gabbia trattiene l’essenza, in cui l’artista riversa la sua natura e la sua poetica per alterare e alterarsi nel suo poter essere in un altrove che diviene proprio. La “voragine” della pantera nera del ’43 attiva il subconscio nella trasposizione di una nuova stasi. La luce è ora calore del ricordo, da cui trae iniziazione la ricerca cromatica, in relazione all’interazione tra il dipinto 24 hours paintings e l’unicità che lo spettro dell’arcobaleno, nel suo processo fisico, attua tra le mura di 16Civico.
L’osservazione sensibile continuativa ha generato un’annotazione dei toni di colore, a cui l’artista ha dato un nome, tramite elementi esperienziali circostanziali.
L’oblio, dunque, riecheggia la memoria, una rimembranza del sé più profondo tesa a riconfigurarsi in un nuovo spazio-tempo, con le modificazioni che lo stesso binomio fisico propone.
La pantera ha aperto, svelato e ri-portato in emersione il sangue della luce, trattenuto sotto la patina del colore. Il rilievo materico sgorga nel suo tono aranciato, identificativo di un equilibrio tra il prima, il qui ed ora e l’altrove.
I nostri istinti si liberano nell’accaduto, secondo la volontà del nostro essere. Ne deriva il risveglio emozionale tra corpo e anima. E l’intimità del cruore si offre nuda, tra le campiture di colore, all’altro.
L’individuazione lacaniana di quell’alterità insita nella nostra intimità, all’interno dell’operato della nostra, e proposta da Matteo Di Cinto è nota presentemente, come lo è il passaggio tra l’ingresso e il contenuto semantico della seconda sala, in cui l’accento materico è sprigionato tra i volumi delle campiture geometriche.
Tuttavia, nel riesame di tale procedere, possiamo identificare l’interesse per la pittura pura e, dunque, per la specificità del linguaggio fondato sul colore come sintomatico del variare della luce, non dimentica dell’interesse per il soggetto figurato che va oltre alla raffigurazione dell’elemento spazio.
Giungendo nella terza sala, si avverte, senza por tempo in mezzo, la marcata stratificazione dello spazio, dettata dai precedenti interventi degli artisti Paolo Assenza, Sara Basta, Elena Bellantoni, Lucia Cantò, Elio Castellana, Sabino de Nichilo, Gino D’Ugo, Fabio Mariani, Luana Perilli, Giovacchino Pontrelli, Maura Prosperi, Nicola Rotiroti, Davide Serpetti.
La nostra, dopo aver scelto a priori il posizionamento delle tre tele, le ha terminate in loco, sviluppando un’impronta di interazione che si esprime nel graffio verificatosi nell’acquisizione del passaggio transitorio delle esposizioni anteriori.
Così, l’accezione del bestiale (theros) che dimora nel termine pantera si contamina con un senso rinnovato di considerazione della libera circolazione dei propri istinti in connessione con la realtà abitata.
Dunque, un quotidiano tanto giovane quanto fecondo, restituito anche dalle parole che si immergono nel pigmento delle opere, suggerendo, di volta in volta pensieri e appunti che si uniscono coralmente alla rappresentazione pittorica.
IL BACIO DELLA PANTERA
Alessia Armeni
a cura di Matteo Di Cinto e Piotr Hanzelewicz
18 maggio – 25 agosto 2024
16 Civico – Strada Provinciale San Silvestro, n. 16 – Pescara
In Collaborazione con l’associazione OPUS
Tel. 3402357653