Parola d’ordine? Multidisciplinarietà, perché la tecnica combacia con l’opera, il significante che svela il significato, il guscio che racchiude il nocciolo duro ma, allo stesso tempo, l’opera d’arte non può essere ridotta a una definizione. I 7 artisti spaziano dal disegno all’assemblaggio, dall’installazione alla pittura monocroma, dal neon all’uso della parola: alla fine, ciò che risulta è un oggetto/scultura contaminato da parola e disegno e con uno spiccato carattere narrativo; un complesso di elementi che ruotano intorno a un cardine o un nucleo che disperde nello spazio la sua aura ma che non coincide con l’ampiezza tentacolare e contaminatoria dell’installazione.
La mostra sarà visitabile fino al 30 aprile presso la nuova sede del Contemporary Cluster. Gli artisti, scelti dal curatore Lorenzo Bruni – direttore di The Others, fiera torinese dedicata agli spazi indipendenti –, mostrano degli elementi comuni. Sono la predilezione della parola come dell’oggetto quotidiano, soprattutto ogni opera si rivela capsula temporale. Il tema del tempo torna in diverse maniere: la sua rappresentazione, la sua condivisione, il pensiero legato al suo inesorabile trascorrere.
Inoltre, l’esposizione è utile, come sostiene il curatore, a “individuare una certa tendenza dell’arte italiana nata, a partire dagli anni ’80 e ‘90, di confrontarsi e reagire alla cultura del post-moderno e dell’onda lunga della pittura figurativa espressionista diffusasi in quel periodo, ma anche rispetto alla successiva proposta neo-concettuale”.






Citiamo alcune opere rappresentative di questo approccio.
Il Tavolo maghi di Cuoghi Corsello presenta delle modellazioni scultoree in argilla che si seccano mano a mano che l’acqua evapora. Letizia Cariello dispone un Altarino quantico con delle spine di rosa e altri elementi che può, volendo, accogliere altri oggetti depositati sulla sua superficie dai fruitori. Pietro Fortuna con Weekend dispone un modellino di roulotte con davanti un modellino di vettura trainante su una roccia creando immediatamente nella testa di chi guarda un cortocircuito di associazioni. Eugenio Giliberti scompone la poesia di Leopardi attraverso delle caselle cromatiche, facendo corrispondere a ogni lettera un colore. Vittorio Corsini scioglie la grafia nel neon rosa Carezze mentre Maurizio Donzelli usa la linea per restituire un’idea di rete neurale e relazionale. Vittorio Messina con Lo scranno di San Gerolamo omaggia il dipinto di Antonella Messina, San Girolamo nello studio. Eppure, nessuno siede più chinando la testa sui libri come se la conoscenza fosse qualcosa che vogliamo acquisire istantaneamente, senza fatica. Nelle opere “monologo interiore”, invece, parte dall’Ulisse di James Joyce, ne estrapola alcune frasi come “una pupilla acquosa di grembo di donna spiava di sotto una siepe di ciglia tranquillamente in ascolto si vede la vera bellezza degli occhi quando non parla”. Incollando le parole l’una all’altra su una superficie specchiante, l’artista restituisce il flusso di coscienza dell’individuo insieme all’immagine cangiante di Narciso.