Entrare in un museo significa attraversare il tempo, storie che ci precedono e che in modo imprevedibile continuano a parlarci. Proprio su questa sottile linea tra passato e presente, il Museo Gaetano Chierici di Paletnologia di Reggio Emilia accoglie fino al 27 luglio 2025 Acacia di Marco Maria Zanin. Un’opera totalizzante che, pur nella sua dimensione profondamente intima, riesce a far emergere il valore simbolico e umano degli oggetti custoditi in collezione, unendo arte contemporanea, archeologia e antropologia.
Il progetto nasce da un’esperienza intima di Zanin: la perdita della sorella gemella mai nata.
Una figura mai conosciuta eppure profondamente presente nel suo vissuto, a cui l’artista ha dato il nome Acacia. La ricerca dell’artista diventa così un’indagine sulla memoria, sulla perdita e sulla capacità di trasformare il lutto in racconto, interrogandosi sul ruolo dell’arte nella costruzione della sua identità.
Attraverso il lavoro di curatela di Irene Biolchini, Alessandro Gazzotti e Giada Pellegrini, e sostenuta dal PAC 2024 – Piano per l’Arte Contemporanea, in Acacia l’arte diventa un mezzo per riconciliarsi con questa assenza, dando vita a un corredo funebre contemporaneo – fatto di sculture, fotografie, ceramiche, bronzi, vetro e tessiture – che si fonde con i reperti del museo, carichi di umanità e portatori di storie e significati stratificati nel tempo.


Per Marco Maria Zanin dobbiamo ancora comprendere fino in fondo il potere dell’arte. Artista di formazione, poi antropologo, ha sempre cercato di mostrare come l’arte non sia solo rappresentazione, ma un luogo da abitare, da vivere, per dare forma al presente, che ci parla e al tempo stesso parla di noi. Varcata la soglia del Museo Chierici, ha sentito immediatamente una risonanza tra la collezione e la propria storia personale, trovando negli oggetti del passato le risposte riguardo il senso di perdita che lo ha accompagnato per tutta la vita.
In questa scoperta, il museo diventa spazio di riflessione sul tempo e su noi stessi, in cui l’arte non è mai un gesto isolato, ma il risultato di un confronto, di un intreccio di saperi e pratiche. Per questo motivo, Acacia nasce anche dall’incontro con gli artigiani, selezionati con la collaborazione della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. La collaborazione con maestri d’arte Antonino Negri (ceramica), Tuorlo (bronzo), l’Atelier Giuditta Brozzetti (tessitura) e Simone Crestani (vetro), professionisti che custodiscono tecniche secolari, hanno permesso all’artista di dare forma a tutto ciò che Acacia portava con sé. La decisione di Zanin di firmare il lavoro a più mani, mette in evidenza il carattere collettivo della creazione,
riaffermando l’importanza della pratica artigianale e dell’incontro con l’altro, elementi imprescindibili del processo artistico.


Ad accompagnare la mostra, un ciclo di incontri con studiosi e curatori, tra cui Anna Castelli, Alberto Cavalli, Matteo Lucchetti, Sara Ricciardi, Marco Scotini e Andrea Staid, che esploreranno il rapporto tra arte, memoria e patrimonio. Un catalogo bilingue raccoglierà testi critici e immagini della mostra, mentre un documentario di Stefano Rizzato offrirà uno sguardo sul processo creativo.
Con Acacia, Marco Maria Zanin ci invita a guardare oltre, a cercare nelle tracce del passato le radici di un futuro possibile. In questo continuo scambio, il passato non è mai davvero passato: è nelle nostre mani, pronto a trasformarsi in un nuovo racconto.


