SALVIFICA – Il Sassoferrato e Nicola Samorì tra rito e ferita , Palazzo degli Scalzi, Sassoferrato (AN). Foto Michele Alberto Sereni

A Sassoferrato il Premio Salvi

Dal 28 ottobre 2022 al 15 gennaio 2023, si rinnova il Premio Salvi alla sua 71^ edizione mettendo in scena passato e presente con “Salvifica. Il Sasssoferrato e Nicola Samorì tra rito e ferita”, curata da Federica Facchini e Massimo Pulini.

Il Premio G. B. Salvi cambia pelle nella ripetizione differente che unisce la produzione artistica del Sassoferrato e Nicola Samorì alla premiazione tra le più longeve d’Italia. La rassegna si ripete abbandonando una dispendiosa ricerca di artisti e opere in favore di un progetto di durata triennale capace di leggere, tra le pieghe della contemporaneità, il bisogno di rinnovarsi tornando alle origini. Da quest’anno, per i successivi due anni, il più illustre personaggio della città sarà di nuovo protagonista con opere inedite in dialogo con artisti contemporanei. 

SALVIFICA – Il Sasssoferrato e Nicola Samorì tra rito e ferita, curata da Federica Facchini e Massimo Pulini, ricuce con fine intelligenza la dicotomia di rito e ferita esemplare delle recenti difficoltà di una comunità piegata dall’alluvione; restituisce un differente punto di vista su Salvi, impone a Samorì un confronto serrato che si costituisce di vicinanza e lontananza, di armonia e tormento, di rigidità e mollezza, di ideale e materico. Il suggestivo Palazzo degli Scalzi diventa il luogo in cui la pelle mutata, ripetuta fino alla lacerazione, affonda negli abissi della condizione umana. 

Non è certo nuovo Nicola Samorì, classe 1977, a stabilire un rapporto con i grandi maestri del passato a partire dalla tradizione pittorica cinquecentesca, fino ai fiamminghi e ai manieristi. Carlo Dolci, Alberto Burri, Lucio Fontana, Mattia Moreni sono alcuni punti di riferimento da cui prende spunto per la riscrittura di quei modelli dopo un processo di rimozione della materia fatto di strappi, ribaltamenti di senso in cui l’opera d’arte assume un’aura epica. È il caso della scultura alta 3 metri in alginato ad apertura della mostra, Artaud, collocata nel centro del chiostro e dedicata al drammaturgo francese. Gli elementi del passato vengono decodificati secondo i parametri della contemporaneità nella figura dell’antieroe reso fragile dalla violenza della schizofrenia con un preciso rimando al tema tanto attuale della salute mentale. Samorì traduce il genio del personaggio con il baratro della malattia mentale scarnificando, piegando, rendendo molle la scultura fino ai limiti più estremi dell’equilibrio. 

Al suo opposto, Giovanni Battista Salvi (Sassoferrato, 1609 – Roma, 1685) fa della ripetizione un rito ascetico, dell’imperturbabile la sua unicità in controtendenza rispetto ai canoni barocchi del tempo. Risulta persino impossibile datare le sue opere, stabilire quale sia precedente ad un’altra, perché da ispirazioni iconografiche rinascimentali Salvi non lascia trasparire le emozioni dei protagonisti e nemmeno le sue. Idee e pensieri scissi da una progettazione ideale che persino nell’azione creativa dell’opera è scevra da qualsivoglia egoismo. Il “Sassoferrato” mira all’elevazione spirituale con modelli raffaelliani dove l’atto pittorico si trasforma nel gesto sacro di chi vive l’imperturbabile come porta d’accesso del trascendente.

Samorì afferma: “Non posso accettare la semplicità e la rapidità ho bisogno di torturarmi” e ciò significa che ad essere torturate sono le sue creature che dialogano con un’ideale di perfezione da cui egli stesso rifugge. Ispirandosi alla Madonna di Foligno di Raffaello, l’artista ricrea quel dipinto su olio strato dopo strato e, non aspettando l’asciugatura, decide di piegarlo, martoriarlo ed eliminare i riferimenti alla sacralità. De Santi e del Fuoco, anche nel titolo suggerisce l’intensità dell’azione distruttiva dell’elemento fuoco. La ripetizione dei volti della Madonna del Sassoferrato sono reinterpretati da Samorì con scaglie di onice mancanti di materia su cui dipingere a partire da quei vuoti considerati scarti in cui il buco è trasformato in luce, come con l’opera Lucia. L’onice deturpato in corrispondenza degli occhi che da lontano sembrerebbe una mancanza (chiaro riferimento a Santa Lucia), da vicino brilla di riflessi cangianti della pietra. 

La mostra si chiude con un’emblematica scultura di matrice rinascimentale, La Madonnna del Sasso, in cui la figura è depauperata di ogni estetica di bellezza, il marmo tradito della sua magnificenza, il bambino declassato a pietra non levigata. Ciononostante, il “sasso” racchiude l’identità della città, l’umana vulnerabilità, il rapporto tra naturale e artificiale.

Samorì affascinato dal passato, profana quella sacralità, secolarizza la pratica artistica confermando il suo talento e rigenerando la prospettiva sul Sassoferrato e sulla rassegna che vince la sfida di salvezza nella contemporaneità di ogni tempo.

71^ Rassegna Internazionale d’Arte | Premio G. B. Salvi
SALVIFICA – Il Sassoferrato e Nicola Samorì tra rito e ferita
A cura di Federica Facchini e Massimo Pulini
Palazzo degli Scalzi
Sassoferrato (AN)
28 ottobre 2022 – 15 gennaio 2023