Con artiste e artisti scelti dal comitato curatoriale composto da Simone Ciglia, Gioia Dal Molin, Rossella Farinotti ed Emanuele Guidi, il Premio Termoli si muove dalla performance alla scultura, dalla pittura ai video e le installazioni.
Il Premio si articola in due sezioni: quella di arti visive che prevede l’acquisizione di un’opera che accrescerà la collezione del museo, e quella di architettura e design che quest’anno ha avuto come obiettivo, creare l’identità grafica di Termoli.
I vincitori, annunciati all’opening sono: Sabrina D’Amicis, Domenico Piro e Marco Maria Corcione per il primo posto, Krisztina Bozzai, Renata Vasko per il secondo posto e Szilvia Biai e Adrienn Halàsz per il terzo.
La mostra si apre con un’ampissima sala centrale che in modo molto armonioso, presenta le prime quattro opere.
A catturare subito l’attenzione dello spettatore è la coloratissima tela di Luca De Angelis che con i suoi colori materici, conduce lo spettatore in una natura onirica. Continuando a parlare di colori, sulla destra, in una piccola nicchia ricavata dalla struttura circolare della sala, fluttua l’opera di Monia Ben Hamouda che oltre attirare la vista con i suoi colori caldi, stimola anche il senso dell’olfatto con le spezie adagiate sul pavimento. La sua opera ha riferimenti alla tradizione della calligrafia islamica.
Al centro della sala e appena alla sua sinistra le opere di Adji Dieye, la cui struttura lascia cadere dolcemente a terra dei drappi in seta su cui sono stampate immagini d’archivio, raffiguranti i protagonisti della liberazione coloniale del Senegal, e Binta Diaw che con una serie fotografica tratta il tema del suo corpo di donna nera.
Muovendosi verso le sale laterali del museo, troviamo l’opera interattiva di Aldo Giannotti che invita il visitatore a giocare con degli elastici creando delle forme geometriche a parete.
Nella stessa sala, l’opera di Allison Grimaldi Donhaue, è stata parte dell’appuntamento durante l’opening con una performance immersiva in cui l’artista, immedesimandosi in Giuni Russo, ha riprodotto un classico ambiente della Sicilia anni ’80, cantando sulle note delle sue canzoni, e leggendo delle poesie che rimandano ad un vissuto intimo e personale dell’artista.
Successivamente troviamo il video di Roberto Fassone, una sorta di documentario sul dietro le quinte della squadra di basket con cui gioca, alternando momenti semplici e quotidiani a citazioni e riferimenti artistici.
Le opere di Mario Airò e di Paolo Icaro convivono nella stessa stanza, la prima si presenta come un dittico, e ci invita ad osservare attentamente delle sottilissime e chiarissime pennellate su una tavola bianca che fanno riferimento a quel bagliore negli occhi di quando si osserva una luce per troppo tempo. Questo gioco pittorico è messo In dialogo con un piccolo quadro di radica di sequoia, che si presenta in modo quasi tridimensionale e carico di contrasti ed ombre. L’opera di Icaro invece, fuori concorso, si presenta delicatissima, ed a delinearne l’intenzione poetica è il suo titolo: Soffio.
Con Lucia Cristiani troviamo un’installazione in dialogo con l’architettura, dei delicatissimi arazzi su cui sono intrecciati fiori di campo galvanizzati in argento. I tre elementi presenti nella sala sono dei ritratti di donne che ha incontrato durante la sua permanenza di dieci anni a Sarajevo, e con cui è ancora in stretto contatto.
Elisa Giardina Papa costruisce un ambiente in fermento, abitato da figure e materiali legati a genealogie storicamente marginalizzate. Video e ceramiche coesistono con capelli intrecciati, zampe animali e limoni in decomposizione: un paesaggio attraversato da voci, miti e pratiche orali del Mediterraneo e della Sicilia.
L’ultima stanza, che alla vista ricorda una sala d’attesa, presenta una proiezione del video di Jiajia Zhang che mostra una serie di video presi dal web, che scorrono in maniera veloce come le nostre vite legate all’uso dei social.
Nel percorso del Premio Termoli 2025, l’arte si muove tra pratiche di resistenza e atti di cura, tra memoria e riscrittura, abitando spazi in cui le forme diventano atti politici, sensibili e condivisi.