Zanele Muholi, Installation view, Gropius Bau, Berlin, 26.11.2021–13.3.2022 Photo: Eike Walkenhorst

Zanele Muholi

In vent’anni di militanza Zanele Muholi ha raccontato la vita delle comunità Black LGBTQIA+ in Sud Africa e non solo. La personale, al Gropius Bau di Berlino, che giunge dopo numerosi transiti nelle più prestigiose istituzioni museali, tra cui la mostra alla Tate Modern di Londra, lo Stedelijk Museum di Amsterdam e il Brooklyn Museum di New York, documenta la scena politica e sociale del post apartheid della Repubblica del Sud Africa, in cui la Costituzione per prima ha regolamentato legislativamente la discriminazione sull’orientamento sessuale.

In un esaustivo percorso espositivo, supportato anche da materiali d’archivio, che, insieme, compongono una linea del tempo utile a contestualizzare momenti, episodi e passaggi storici di fondamentale pregnanza per la causa. Le fotografie di Muholi svolgono duplici funzioni: testimoniali, risarcitorie e lenitive di una blackness calpestata dalla storia e vessata da ingiustizie e violenze. Immagini che riscattano un’assenza sociale convertendola in una presenza militante, nei ritratti e in ambienti privati dove si coglie l’intimità tra coppie omosessuali, la quotidianità affettiva sottratta allo sguardo razzista, vincolato alle opposizioni binarie bianco/nero e maschio/femmina.

Si parte con la serie sui sopravvissuti a crimini d’odio che vivono nelle township del Sud Africa, per proseguire con la celebrata serie «Somnyama Ngonyama». Raccoglie autoritratti in cui l’artista modella il proprio aspetto ricorrendo a una gamma di materiali connessi a storie, a luoghi differenti e alla cura domestica. L’ordinario repertorio di mollette, spugne, stracci, scovolini, utilizzato per stravaganti acconciature, riscatta una schiavitù atavica e aiuta nell’elaborazione di traumi legati alla segregazione razziale e, non da ultimo, ricorda la madre Bester, per molti anni a servizio di una famiglia bianca. Muholi volge l’obiettivo verso di sé, mostrandosi in un’accecante e patinata bellezza da copertina con cui si offre allo spettatore, in uno sguardo che turba e denuncia.

Un’ampia parte della mostra è dedicata alla presenza della comunità LGBTQIA+ in luoghi interdetti ai neri durante l’apartheid, per esempio le spiagge, o la Constitutional Hill, sede della Corte costituzionale del Sud Africa, fondamentale per la progressione del Paese verso la democrazia. Con la fotografia l’artista crea comunità, condivisione e appartenenza affrontando il tema della discriminazione razziale e di genere con sontuose immagini in bianco e nero, sintesi espressiva di un pensiero critico in cui mescola pubblico e privato. In questo clima di costante attivismo politico, intorno al suo lavoro, si è costituito il Forum for the Empowerment of Women (FEW), una onlus  per favorire l’autorappresentazione della diversità. Se ne colgono alcuni effetti nella sezione «Brave Beauties», ritratti di donne trans e non binarie, concorrenti nei concorsi di bellezza accanto alle drag queen. Con una fiera consapevolezza identitaria oppongono resistenza ai codici estetici regimentati dal suprematismo bianco, attraverso un lavoro condiviso con Muholi nella scelta delle pose e degli outfit. Fondamentale nella sua produzione il contributo all’attivismo della comunità LGBTQIA+ africana, mediante il costante monitoraggio di eventi pubblici, marce, proteste, matrimoni e funerali, confluenti in un archivio in continua espansione. Sia sul fronte sociale ma anche su quello privato, attraverso la serie «Faces and Phases», scatti che sviluppano storie siglate nei volti originari, prima della transazione, e poi seguiti nelle fasi verso il genere ambito, contemplando anche spazi vuoti per ricordare gli scomparsi.

Zanele Muholi
26/11/21- 13/02/22
Gropius Bau
NiederKirchnerstraße 7 Berlino
Gropiusbau.de