voler leggere la schiuma, Armando Andrade Tudela and Daniel Steegmann Mangrané, September-November 2021, Installation views at Francesca Minini Courtesy the artists and Francesca Minini, Photos Andrea Rossetti

voler leggere la schiuma | Armando Andrade Tudela e Daniel Steegmann Mangrané

Si intitola voler leggere la schiuma la bipersonale che la galleria Francesca Minini dedica ad Armando Andrade Tudela e Daniel Steegmann Mangrané, inaugurando la nuova stagione espositiva con un’importante riflessione sul tema delle forme e della loro fluidità. Forme dallo statuto incerto di cui percepiamo la trama ma la cui realtà, a dire il vero, ci sfugge. Gli artisti infatti, stimolati dal contesto dentro il quale sono chiamati a intervenire, non si accontentano di formule e categorie esistenti ma intendono individuare nuovi percorsi, nuove vie aperte alla sperimentazione.

L’unica cosa diabolica, oggi, è starsene a lavorare di fino su forme, invece di essere come dei condannati, che continuano a fare segni sui loro roghi. Così scriveva Giuseppe Rocca nella prefazione al testo dedicato ad Antonin Artaud, “Il teatro e il suo doppio”. E così probabilmente, come dei condannati che vogliono trovare le parole giuste per spiegare, pur senza riuscirci, va letto il suggestivo titolo della mostra che fa riferimento ai versi poetici di Cesar Vallejo, Intensità e altezza, tratto da Poemi Umani, 1938 (postumo):

“Voglio scrivere e mi viene fuori schiuma,
voglio dire moltissimo e m’ingolfo;
ogni cifra parlata è successione,
ogni scritta piramide ha il suo nucleo”

Pur differenti negli esiti estetici, gli autori, legati da anni da una lunga amicizia e dalla profonda condivisione di riflessioni artistiche, danno origine a una commistione linguistica e semantica polisemica e aperta all’interpretazione. Che intenzionalmente afferisce ai temi della trasformazione, della metamorfosi, del rinnovamento. 

Il lavoro di Armando Andrade Tudela (nato nel 1975 a Lima, vive e lavora a Lione) esplora le relazioni tra cultura popolare e arti visive e riflette sulla difficoltà di comunicazione e traduzione tra mondi così apparentemente distanti tra loro. L’artista analizza le rime nascoste e le sottili discordanze all’interno della nostra storia, smantellando le strutture culturali, sociali e storiche che il suo lavoro esamina. Quello di Daniel Steegmann Mangrané (nato nel 1977 a Barcellona, vive e lavora a Rio de Janeiro) si interroga invece sulla relazione tra cultura e natura. L’interesse dell’artista per la biologia lo ha portato a introdurre il mondo naturale all’interno delle sue opere. Nella sua pratica, numerosi sono i riferimenti alla foresta pluviale in Brasile che, uniti a forme geometriche e motivi astratti, aprono a riflessioni sulle complesse dinamiche tra gli elementi che ci circondano. La morfogenesi, come una forma si crea in natura e così, per ispirazione, anche nell’arte, è il sottinteso che lega tutte le opere tra loro.

Un dialogo di mutua reciprocità che mette in relazione mondi diversi: quello naturale con quello industriale, quello umano con quello non umano, aprendo lo sguardo a un universo plurivoco. La forma organica che avvolge il gheriglio della noce e che si trasforma in rigidi elementi di acciaio inox – Thin nut’s skin di Tudela – incontra la pietra metamorfica che nei secoli si è trasformata in un’altra roccia e sulla quale è intervenuta la mano dell’artista a creare una sorta di puzzle che indirizza la materia verso un nuovo percorso di nuova leggibilità – Metamorphic map di Steegmann. Le colonne in acciaio smaltato dentro le quali si intravedono divise da operaio – Strange arrangement of a skilled worker #1 e #2 di Tudela – a loro volta conversano con un piccolo ramo diviso longitudinalmente che aggroviglia la sua forma organica alla geometria pura delle corde elastiche che la tengono in tensione, suggerendo un delicato incontro tra forme naturali e artificiali – geometric nature/biology di Steegmann. 

La mostra si connota per essere una profonda riflessione non solo sul tema della pratica scultorea ma anche sul concetto di relazione che si genera dentro lo spazio liquido dell’incontro tra l’opera e il fruitore dell’opera. Un perimetro mobile i cui confini sono costantemente modulati dal vicendevole scambio di energia. In tal senso, le tende Kriska in alluminio di Steegmann. Nella ripetizione di una geometria di manifattura tipicamente industriale irrompe il segno artistico che dà vita a una nuova spazialità. L’opera è simultaneamente autonoma, ha valore di per sé stessa, ma la sua esistenza vuole intrecciarsi con le circostanze che la ospitano e con l’attività partecipatoria del visitatore.

Con il suo movimento di espansione, una sorta di alterità espansa che prevede la partecipazione dell’altro, in cui lo spettatore è sempre complice, il progetto espositivo provoca domande e si mette in cerca di risposte in un continuum tempo – spazio – relazione. Il tempo è quello della scultura. Lo spazio è quello della mostra, intesa come erranza, come tragitto. La relazione è quella dialogica dell’uomo con gli uomini, attori responsabilmente coinvolti in un pensiero costruttivo.

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voler leggere la schiuma
Armando Andrade Tudela e Daniel Steegmann Mangrané
Francesca Minini | Milano, Via Massimiano 25

fino al 6 Novembre 2021