Lentezza e silenzio si contrappongono alla voracità dei media contemporanei e agli innumerevoli suoni che invadono le nostre metropoli. Contrasti, questi, che trovano il giusto compromesso all’interno delle opere esposte in visual HAIKU_OLIVETTI poems di Francesco Thérèse & Hiromi Suzuki, a cura di Sveva Manfredi Zavaglia.
La doppia personale propone due modi di interpretare il mondo contemporaneo ideati da due differenti sensibilità artistiche: lontane sia per i mezzi impiegati sia per il luogo di produzione e residenza. Realizzata grazie al patrocinio dell’Istituto Giapponese di Cultura-Japan Foundation ed il sostegno del Teatro Brancaccio e Fineco Center, la mostra ci fa addentrare in distanti ma affini realtà: il lavoro del visual artist romanoFrancesco Thérèse e la poetessa, sceneggiatrice e artista giapponese Hiromi Suzuki. La duplice sede – il parco del teatro Brancaccio e gli spazi della Fineco Center di via Tiburtina 352d – evidenzia ancor più la natura duale che si respira in tutta l’esposizione.
Le due anime artistiche s’incontrano e confrontano nel parco del teatro Brancaccio dando luogo ad «intreccio sincopato e metamorfico in cui Francesco Thérèse e Hiromi Suzuki inscenano una fluttuazione che affida ai sensi la lettura delle opere, alla memoria la reminiscenza di tradizioni antiche e contemporanee, filtrate da un presente che accade nella distanza continentale, che si concretizza nella conoscenza surreale di prospettive che l’arte unisce senza che gli sguardi si siano mai davvero incontrati» come afferma Azzurra Immediato nel testo critico. Le opere instaurano un dialogo diretto ed itinerante con il pubblico. L’osservatore è in coinvolto prima persona sia grazie alla sinestesia prodotta dalla visione, poetica e sensuale, dei lavori sia dal fascino emanato dal parco e assimilabile a quello dei giardini zen giapponesi. Se le fotografie ed i video in loop di Thérèse ci offrono una modalità espressiva improntata al presente, Suzuki esibisce la sua serie di poesie-disegni su carta realizzati grazie ad una macchina da scrivere Olivetti col fine di generare, attraverso lettere e lemmi, l’immagine di ciò che la stessa poesia afferma. Apparentemente lontani, per pratiche impiegate e poetiche, i due arrivano, tuttavia, a dar vita ad una stessa soluzione: creare un HAIKU. L’immagine video del primo è suddivisa in tre parti identiche secondo la logica giapponese dell’HAIKU (3 righe composte da 5 sillabe, 7 sillabe e 5 sillabe) con l’obiettivo di rinviare la mente ad immagini diverse: una sorta di collage visivo ed effimero che, fotogramma dopo fotogramma, scorre davanti ai nostri occhi solo per pochi secondi per poi lasciar posto alla successiva sequenza. Ed è lo stesso Thérèse a spiegarmi in cosa consiste un haiku: «Un haiku: 3 righe composte da 5 sillabe, 7 sillabe, 5 sillabe. Dentro questa struttura si muove una poesia calma e concisa. Si muove un’emozione. I miei visual Haiku nascono dal desiderio di declinare questa forma poetica attraverso il linguaggio della video art. Mantenendo le sue proporzioni e riconducendo la portata delle clip alla somma di 5+7+5, i miei lavori ricercano un dialogo prettamente emotivo con lo spettatore, attraverso la selezione di immagini evocative e la manipolazione dei suoni.»

Stessa struttura ricorre nei poemi visivi di Suzuki ove perfezione, concentrazione e silenzio regnano ma solo in secondo tempo ovvero quando il ticchettio dei tasti premuti sulla macchina da scrivere cessa. «Due anni fa mi è capitato di imbattermi in una macchina da scrivere in un rigattiere di quartiere» – racconta la poetessa giapponese – «era una Olivetti dei primi anni ’80. A differenza dei computer, i tasti della macchina da scrivere emettono suoni e danno così vita ad un ritmo. Mi sono seduta davanti alla Olivetti e ho iniziato a battere sui tasti. Ogni suono mi ha portato al successivo. Le mie poesie da macchina da scrivere sono una specie di haiku. Scrivo le poesie lasciandomi trasportare dal flusso del tempo e di quello che vedo nella mia quotidianità.»
Tranquillità e confusione si ricorrono, alternandosi, anche nei lavori di Thérèse ma secondo la velocità propria del video per invitarci, al tempo stesso, ad una meditazione sull’oggi e sulla rapidità temporale che ci circonda.
Le opere presentate in “visual HAIKU_OLIVETTI poems” nascono per offrire al fruitore un consiglio: assaporare una vita più lenta, più vicina alle piccole cose che veramente contano, ad un ritorno verso la nostra natura poiché occorre abbandonarci e, come afferma la curatrice Sveva Manfredi Zavaglia, «[…] far viaggiare la nostra fantasia al di là del razionale. Riprendersi il tempo con l’arte si può. Un tempo invisibile che è visibile grazie alle opere di questi artisti.»


“visual HAIKU_OLIVETTI poems” di Francesco Thérèse & Hiromi Suzuki
a cura di Sveva Manfredi Zavaglia – Testo critico di Azzurra Immediato
fino al 30 settembre 2021
parco del teatro Brancaccio e FINECO center
Roma
Info: ingresso gratuito su prenotazione tel 064336171 o email: artecommunication3@gmail.com