Le opere di Sergio Nannicola e Davide Viggiano, accostate nel progetto espositivo di Dialoghi #6, riflettono sullo stato di “emergenza” perenne che caratterizza negli ultimi anni non solo il nostro Paese ma tutto l’Occidente. Made in Italy assume dunque in questo contesto un significato traslato che indica la “produzione” italiana non come prodotto dell’alta specializzazione ma come somma degli errori perpetrati dalla politica nostrana.
Sergio Nannicola si inserisce in questo discorso portando l’attenzione su tematiche di scottante attualità come il terremoto de L’Aquila, la questione dei migranti e delle morti nel Mediterraneo e l’emergenza sanitaria da Covid – 19, con opere dirompenti come la serie MareNostrum (NutriMenti) (2018 – 2019), di cui in mostra sono esposti anche i bozzetti (2017 – 2019), Mari d’Italia (2017), Zona tricolore – Made in Italy (2021), Zona rossa (2020) e l’installazione Piatti d’Italia, in terracotta smaltata, composta da venti piatti raffiguranti le regioni italiane, disposti su una tavola rotonda coperta da un telo nero, a completamento alcune quinte sceniche con la sagoma della Penisola accompagnata dall’epigrafe delle diverse “zone policrome”, riferimento alle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria.
I lavori di Davide Viggiano intervengono con un linguaggio diametralmente opposto, che con la loro impronta introspettiva fanno da contrappunto all’aperta denuncia sociale di Nannicola. Rin-Tracciami (2021), Monologo (2021), Coabitare (2020), Abitare 01 (2020) riflettono sulla condizione di estraneità dell’uomo separato dalla società. La serie Corpi (in)visibili 01, 02, 03 (2020) espone corpi svuotati della loro materia di cui resta come ultima traccia solo il vuoto involucro della pelle, realizzata in garza e fili, a riflettere sulla spersonalizzazione e disumanizzazione cui i corpi umani e le persone che li abitano sono sottoposti, richiamando anche la delicata questione dell’identità di genere. Lo stesso disagio di esistere del corpo, nello spazio e dentro sé stesso, anima il video Respiro (2019).
Allievo e maestro parlano due linguaggi diversi, prodotti dei differenti contesti socioculturali in cui sono maturati ma entrambi forniscono una visione speculare e complementare del medesimo bisogno di dar voce al disagio diffuso che caratterizza il Paese e il nostro tempo. Il risultato è una riflessione che coniuga la dimensione sociale più ampia e il riflesso di questa nella sfera più intima e privata, in un continuo gioco di rimandi fra collettivo e personale, denuncia e introspezione, che dà vita a un messaggio che si carica in tal modo di un valore universalmente valido.







Davide Viggiano, classe 1994, diplomato in textile design all’Istituto Statale d’Arte di Potenza, consegue nel 2016 la laurea in Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Foggia e nel 2020 la magistrale all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. La sua ricerca artistica è incentrata sull’alienazione dell’uomo e dell’artista isolato dalla società e sull’esplorazione dei confini del corpo attraverso la membrana della pelle.
Sergio Nannicola, docente all’Accademia di Belle Arti di Brera, si forma nella scena artistica italiana degli anni Settanta, studiando con artisti del calibro di Fabio Mauri, Gino Marotta, Giosetta Fioroni e Sergio Lombardo. Nel 1976 si unisce al gruppo Aura, con il quale realizza l’intervento ambientale Una rosa sulla neve a Campo Felice in Abruzzo. Negli anni Ottanta e Novanta approfondisce il linguaggio dei segni, che si traduce nella sua ricerca nella tecnica dello strappo murale. Dopo il sisma, realizza per L’Aquila i piatti e i nutrimenti del cratere e parallelamente si dedica a diverse performance ed esposizioni sia a livello nazionale che internazionale.