Luigi Garofalo, Pittoscultura (sviluppo totale della stele), 2024. Legno intagliato con intervento pittorico misto, 200x1000

Una felice eccezione. Luigi Garofalo

In un mondo sempre più autoreferenziale e autocelebrativo, artisti come Atanasio Giuseppe Elia, Luigi Garofalo e Angelo Diquattro che decidono di esporre insieme, come accaduto in una mostra tenutasi presso il Centro Studi Feliciano Rossitto di Ragusa lo scorso dicembre, Ai confini del visibile, rappresentano una felice eccezione. Li abbiamo intervistati per Sistematica. Dopo Angelo Diquattro e Pippo Elia, è il turno di Luigi Garofalo.

Tu e Pippo fate parte del collettivo Bai (Bottega d’Arte Ippari) e avete realizzato varie bipersonali; Angelo, per suo conto, ha lavorato con artisti del gruppo di Scicli. Come è nato questo vostro sodalizio? Cosa vi ha spinto a esporre insieme?

La motivazione che mi ha spinto ad esporre assieme ad Angelo e Pippo è stata data dalla incondizionata e reciproca stima tra persone modeste, che si apprezzano vicendevolmente per quanto hanno fatto e fanno nel difficile mondo dell’arte. Inoltre a Pippo mi lega un grande rapporto di amicizia, che risale agli anni scolastici; più recente il mio rapporto con Angelo, che ho avuto l’onore di conoscere e di apprezzare solo ultimamente anche a livello umano. Il sodalizio è il giusto approdo quando si incontrano artisti con percorsi differenti, ma uniti dall’amore per l’arte e dal reciproco apprezzamento.

Un punto di incontro potrebbe essere una certa tendenza all’astrazione, o quantomeno alla dissoluzione della figura.

Indubbiamente l’astrazione è per noi la forma di espressione più confacente per raccontare al meglio ciò che abbiamo dentro.

Sia come sia, la mostra fotografa un momento preciso del vostro percorso artistico. Attraverso quali tappe siete giunti a questo crocevia?

Spero che la mostra possa mettere in risalto quanto realizzato da ognuno di noi nel corso di parecchi anni, in una assidua e coerente ricerca.

Tra i tratti stilistici su cui sarebbe possibile concentrare l’attenzione, e che richiederebbero comunque un approfondimento individualizzato, uno che particolarmente mi ha colpito è l’uso del colore: tu hai iniziato a produrre sculture colorate, e anche i colori di Angelo e Pippo si sono fatti più saturi e brillanti…

Certamente l’uso del colore ci accomuna. Ultimamente definirei le mie opere pitto-sculture, perché ho ritenuto opportuno impreziosirle con patine colorate, senza tralasciare le ricerche compositive e strutturali, il trattamento delle superfici, gli effetti materici.

Sbaglio o le linee, per converso, si sono smussate?

In un’assidua ricerca formale e coerenza stilistica, forse ho anche smussato qualche volta le linee. Parlerei, se sei d’accordo, di unicità nella diversità.

Chi sono i tuoi maestri, vicini e lontani?

I maestri che ho avuto a scuola. Poi tanti scultori e pittori del secolo scorso, con lezioni dirette dei primi e tantissime indirette dei secondi: artisti che hanno influito molto sulla mia formazione artistica con gli esempi e con le loro opere.

Hai mai avuto momenti di crisi nella tua ricerca? Come li hai superati?

Momenti di crisi non sono mancati. Quando li ho avuti mi sono rifugiato nelle produzioni figurative, con risultati a volte interessanti, ma non totalmente soddisfacenti, cosa che mi ha più volte riportato con più forza all’astratto.

Qual è il tuo atteggiamento verso la spiritualità?

Il mio atteggiamento verso la spiritualità si legge nella scelta della verticalizzazione delle mie opere, che mi aiuta ad avvicinarmi al trascendente, esprimendo con il fisico la ricerca del metafisico.

Pensi che la tua arte possa incidere, in qualche modo, sulla realtà?

Lo spero tanto. Penso che le mie sculture (realizzate nelle giuste dimensioni), a mio modesto avviso, possano essere interessanti soluzioni estetizzanti per l’ambiente urbano; se opportunamente e sapientemente installate nei luoghi giusti, potrebbero essere un invito a interagire con l’arte, rendendola fruibile a tutti.

A cosa ti stai dedicando, a cosa ti dedicherai?

Mi dedico e mi dedicherò a quello che ho sempre fatto, purtroppo con molta meno energia. Continuare a produrre quando ne sento la necessità equivale a soddisfare un mio bisogno.

Partecipare alle mostre, a cui ritengo valga la pena, è uno stimolo a cui ancora non riesco a sottrarmi.

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