Arco Madrid 2025

Un giro per Arte Fiera Bologna

Ultimo giorno a Bologna per vedere le opere esposte nelle 6 sezioni di Arte Fiera 2025

Chi definisse le fiere d’arte, in maniera dispregiativa, come “bazar di lusso” – nate dall’estenuante antagonismo delle case d’asta e imbevute di inutili, seppur sofisticate, recensioni – verrebbe clamorosamente smentito dalla fiera bolognese, che da mezzo secolo rappresenta una festa vitale e ludica, riflettendo la realtà frenetica, rigogliosa e speculativa dell’arte. La dinamicità delle proposte si oppongono a qualsiasi concetto di ieraticità museale, coinvolgendo il pubblico in un percorso alla sfrenata ricerca di novità. L’intenso e immediato rapporto che si genera tra l’opera d’arte e il fruitore in questo contesto caotico, conferisce al prodotto artistico un nuovo valore intrinseco, basato sulla dinamica relazionale in atto.

L’Arte Fiera di Bologna, considerata meritatamente tra gli eventi più significativi del settore, ospita anche quest’anno, come di consueto, un grande numero di gallerie, molte delle quali incidono sull’andamento del mercato internazionale. Nei quattro giorni di apertura si condividono il palcoscenico grandi e piccoli collezionisti assieme a numerosi enti istituzionali, sia pubblici che privati. A chi lamenta un eccesso di nazionalismo, va ricordato che fiera non è sinonimo di biennale, e che puntare su artisti italiani, perfettamente inseriti nel panorama internazionale, non può essere tacciato di provincialismo. Semmai, l’unico elemento che potrebbe forse essere considerato provinciale, è l’assenza dei prezzi esposti, diversamente da quanto accade nella maggior parte delle fiere del mondo occidentale. 

La qualità curatoriale, incentrata sull’innovazione e sull’interdisciplinarità, offre un prodotto globale e inclusivo, capace di coinvolgere e soddisfare pienamente i visitatori. Le proposte spaziano dalla pittura alla fotografia, dalla scultura alle immagini video, offrendo una vasta gamma di scelte provenienti da epoche e stili diversi. Nello specifico, tra le opere esposte prevale la pittura, seguita dalla fotografia, dai disegni su carta, rispettando sapientemente le statistiche sull’identità del collezionista e le sue preferenze. Sfortunatamente scarseggiano le installazioni, soprattutto quelle site-specific, la videoarte e l’arte digitale, escludendo così una fetta di compratori, prevalentemente i collezionisti d’arte Millennials, un segmento di acquirenti che si distingue per un approccio innovativo e per l’affinità con la tecnologia. Si tratta di una clientela esigente, interessata a stabilire un rapporto interattivo con l’opera, senza limitarne il valore a semplice status symbol. La mancanza delle opere interattive è tra i pochi difetti  della fiera; troviamo invece opere oramai superate, alle quali viene attribuita un’interattività preconfezionata attraverso il semplice collegamento con la corrente elettrica che muove ripetutamente parti dell’installazione.  Colpisce ad esempio il caso di Piero Gilardi, di cui sono esposti i tappeti natura, mentre mancano le sue opere interattive, che furono le prime testimonianze a livello italiano di tale medium. 

Le mostre includono, inoltre, una programmazione diffusa di conferenze, talk e performance, in alcuni casi esplicative a sostegno del vasto pubblico, composto non solo da collezionisti esperti, ma anche da chi è ai primi approcci con l’arte, considerata anche come risorsa economica. Non mancano i déjà vu, che riconosciamo in un alto numero di opere già incontrate in note esposizioni, come la Biennale di Venezia, che vengono riproposte da grandi gallerie come simbolo della loro affermazione nel settore. Irrita la grande quantità di artisti “copia-incolla”, diffusi in molte gallerie, con grande predilezione per l’art pop, forse adatta alle sale riunioni delle grandi società.

La curatela garantisce una visione completa del panorama stilistico e formale che, pur anticipando le tendenze contemporanee, mantiene al contempo l’attenzione verso l’arte storicizzata. Quest’ultima si rivolge a chi considera l’arte del proprio tempo priva di originalità e audacia, e quindi meno indicata per un investimento. Elemento comune della fiera è la dinamicità delle proposte, che tenta di opporsi a qualsiasi concetto di ieraticità museale, non riuscendoci a pieno soltanto nella sezione Pittura XXI, dove Davide Ferri non ha convinto le gallerie a condividere il clima propositivo della fiera attraverso una dialettica attiva con i fruitori. Qui le opere risultano accatastate in una sequenza casuale, priva di legami stilistici, tematici o cronologici, richiamando le pose fotografiche di gruppi di parenti che si incontrano accidentalmente durante eventi familiari. Purtroppo sono molte le gallerie che offrono musei portatili, malgrado la grande qualità delle opere storiche esposte, tra cui la galleria Russo,  la Secci gallery e la Frediano Farsetti. Altre gallerie, al contrario, si presentano molto abili ad ospitare opere del passato insieme a nuove proposte, attraverso allestimenti capaci di attrarre l’attenzione usando contrasti cromatici e sofisticati giochi di illuminazione. Si potrebbero citare brevemente le gallerie: Paradisoterrestre,  Apalazzogallery, la piccola galleria padovana Rossovermiglioarte e Gio Marconi.

Colpisce l’operato di Studio Trisorio, che raggruppa elegantemente installazioni di: Fabrizio Corneli e Roxy in the Box; la galleria di Giorgio Persano, esponendo il Totem Sole di Alessandro Sciaraffa, che gioca con le frequenze nascoste da un tamtam di ottone, Marco Bagnoli, che reintroduce nuove forme futuristiche, e le opere dell’artista francese Gillian Brett, che impacchetta e appende elegantemente i rifiuti tecnologici, ricordandoci Dino Formaggio, preoccupato che l’arte della  sua/nostra epoca fosse a rischio di essere identificata come l’arte della spazzatura; Luca Bertolo, presente in SpazioA con le sue piccole pitture che alludono alla fotografia, Gilberto Zorio che ripropone le sue stelle in più gallerie, ed Emilio Isgrò, con la sua continua ricerca del senso di comunità.

La sezione dedicata alla Fotografia, curata da Giangavino Pazzola, si distingue per una serie di opere che navigano nell’intreccio di identità personale e collettiva, ribadendo così l’impegno della fiera di promuovere un mercato dell’arte che valorizza l’inclusività e l’innovazione. La diversità non viene celebrata come un mero gesto simbolico, ma come una componente essenziale della sua missione. 

Particolarmente curato appare il vasto settore sperimentale dedicato agli artisti emergenti, inclusi studenti ancora in formazione presso le accademie italiane, considerati i veri protagonisti della staffetta generazionale, destinata a intensificare il rapporto interattivo con il fruitore. Una proposta molto vitale viene offerta dagli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, i quali, in un piccolo spazio curato in maniera estremamente minimale, dialogano tra di loro e soprattutto con lo spettatore. La presenza dinamica degli stessi giovani, disposti a guidare il fruitore con grande allegria, fa risaltare il contrasto con il disinteresse di molte gallerie nei confronti dell’artista, che viene volutamente offuscato, cancellando addirittura il nome oltre che la scheda dell’opera esposta. Si distingue la presenza di Marco Sisto, che porta i suoi sottili fiori, dipinti con estrema maestria, capaci di trasmettere intense emozioni. Altrettanto innovativi sono i giovani artisti della fondazione Zucchelli, tra cui Marco Mandorlini che, attraverso le opere, spesso provocatorie, riesce a colpire l’interesse del visitatore.

Michele D’Aurizio, curatore della sezione Prospettiva, lavora proprio con le giovani promesse e tenta di creare un ponte con l’universo newyorkese che, fino ad oggi e forse ancora per poco, resta all’avanguardia nel settore.

Percorrendo le sezioni della Fiera si incontrano indubbiamente molte proposte valide di artisti giovani e meno giovani, capaci di elaborare e proporre tematiche diacroniche sotto nuovi punti di vista, ma anche nuove angosce condivise con il visitatore. Emergono Dan Halter, che presenta un mondo impoverito sotto forma di mappa geografica costruita con sacchi di plastica usati per la spesa, Giorgio Tentolini, che ripropone continuamente immagini di statue emblematiche in stato di pura desacralizzazione, le figure femminili di Carla Bedini, di sapore metafisico, e la valigia accompagnata dalla proiezione di un colibrì interattivo di Donato Piccolo. L’artista tedesca Christiane Löhr porta una serie dei suoi lavori fragili e delicati che però risultano stabili e potenti, come se fossero basi architettoniche.

Un’intera sezione, intitolata Multipla e curata da Alberto Salvadori, è prevalentemente dedicata all’editoria e a tutto ciò che ruota attorno all’universo artistico, sostenendone la diffusione e confermando l’accuratezza ideativa e organizzativa dell’evento. Le case editrici e le riviste del settore, volutamente non sempre allineate, sono diffuse con maestria tra le gallerie, facendo sì che si integrino nel loro contesto in maniera naturale. Altrettanta attenzione è riservata agli spazi dedicati all’accoglienza, che si incastrano con naturalezza in varie parti del percorso, studiati accuratamente per rispondere alle esigenze di un pubblico eterogeneo.

Considerando il grande afflusso di visitatori e il loro interesse espresso, il risultato si rivela appagante, nonostante l’assenza di dati ufficiali sulla partecipazione e sulle vendite. Tuttavia, questi elementi non costituirebbero un certificato di successo, poiché, secondo le statistiche, una grande parte dei visitatori conclude gli acquisti in un secondo momento. Una fiera di tali dimensioni, inoltre, attiva una serie di investimenti su larga scala, valutabili soprattutto a lungo termine. Resta il fatto che l’Arte Fiera di Bologna è una manifestazione artistica dinamica e coinvolgente, capace di attivare l’economia del settore, dettare tendenze stilistiche e valorizzare gli artisti e il loro operato.