La mostra di Andrea Strizzi rimarrà aperta fino al 14 ottobre e rappresenta il proseguimento di un’attività espositiva avviata lo anno scorso quando questo giovane artista, originario di Giussano, aveva avuto la possibilità di esibire le proprie opere presso la YAG. La galleria pescarese prosegue, infatti, il lavoro di valorizzazione dei suoi giovani siglando accordi con spazi presenti in città italiane dove il fermento culturale è particolarmente effervescente. Tra questi anche lo Studio Zecchillo, con sede nel cuore di Brera.
Quelle di Andrea Strizzi sono installazioni audio-tattili che nascono da lastre di creta bianca sulle quali il percussionista Stefano Corbetta agisce direttamente utilizzando differenti tipologie di bacchette che abitualmente sono utilizzate per strumenti a percussione: parliamo di bacchette classiche, hot rods, timpani e spazzole. Ad ogni bacchetta utilizzata sulla creta corrisponde un’impronta tattile e un suono che, se ascoltato attentamente, può aiutare a prevedere come saranno i tratti creati dagli strumenti. La creta, essendo un materiale malleabile, ha la capacità di catturare perfettamente le impronte che nascono dai colpi delle bacchette, mentre la parte sonora viene registrata in presa diretta con dei microfoni.
Andrea Strizzi disegna su un foglio l’andamento del tracciato e indica le bacchette che dovranno essere utilizzate; il percussionista Stefano Corbetta, a partire dall’osservazione di questo schema segnico preparatorio è libero di eseguire sulla creta fresca le idee ritmiche che nascono dal suo intuito. Le lastre, una volta essiccate, vengono quindi cotte. Il risultato finale consiste in una serie di impronte che sono diretta conseguenza sia dell’atto pratico del suonare che dell’idea di Strizzi, il quale conduce da anni una ricerca orientata verso la tematica dell’impronta e il rapporto tra arti visive e musica. Strizzi studia la valenza semantica dell’impronta ed elabora metodologie volte a catturare l’impronta e a trasformarla in un’esperienza multisensoriale.
Nella mostra, i visitatori possono toccare con mano le diverse tracce lasciate dalle bacchette e contemporaneamente ascoltare tramite un mp3 i suoni che hanno generato quelle forme, da cui il titolo Toccare il Suono – Impronte Sonore.

L’idea alla base della mostra milanese è proprio quella di creare un legame tra i sensi, quelli del tatto, dell’udito e della vista. Esistono numerose forme artistiche che esprimono, in varie forme, uno o più sensi, ma è possibile immaginarne una che li racchiuda tutti? Nel percorso di ricerca di Andrea i sensi convivono, non si sovrappongono, piuttosto riescono a dare vita ad una serie di sinestesie, che si traducono in percorsi complessi e allo stesso tempo intuitivi per tutti. Uno degli obiettivi del progetto di Strizzi, come sottolinea il curatore Ivan D’Alberto, è infatti quello di far vivere allo stesso modo le opere a vedenti e non vedenti, tramite un vero e proprio scambio sensoriale, oltre che culturale.
Strizzi elabora questa ricerca durante gli anni in Accademia, concludendo i propri studi con una tesi specialistica dal titolo “Toccare il suono – Impronte sonore”, da cui nasce l’idea della mostra. Vedenti e non vedenti hanno quindi la medesima possibilità di vivere un percorso comune: le persone possono chiudere gli occhi mentre toccano le formelle e quindi essere trasportate in una dimensione estraniante in cui, grazie al rapporto tra suono e tatto, si può ripercorrere l’esperienza della performance musicale. Durante la visita è possibile toccare le impronte, immedesimandosi in una condizione diversa dal quotidiano poiché invitati a chiudere gli occhi seguendo il percorso “descritto” nelle brevi tracce audio, che fungono da audioguida senza parole. E’ qui che risiede la magia di una poetica che ci permette di entrare in contatto con un nuovo “codice universale”, in cui non si avverte l’assenza dell’eloquio, rimpiazzato da un linguaggio sincero, primitivo e quasi naïve.

La mostra di Strizzi ha anche un legame con lo spazio che ospita tale appuntamento. Nel corso della sua storia recente, lo studio di Via Fiori Chiari 16 è stato luogo di interpretazione delle due anime della ricerca di Strizzi, utilizzato come laboratorio artistico da Manzoni per poi divenire studio di registrazione e di canto del lirico della Scala Graziano Zecchillo. Durante la performance, che diventa uno spettacolo scultoreo e contemporaneamente sonoro, si è assistito ad una sorta di ritorno alla funzione originaria dello spazio, quella di laboratorio e di luogo di creazione artistica.
