Gerhard Merz
Thomas Schutte, Old Friend Revisited, 2021. Ceramica smaltata, Pinault Collection

Thomas Schütte. Genealogies

La fondazione Pinault ha inaugurato nella giornata di ieri a Punta della Dogana una grande retrospettiva dedicata all’artista tedesco Thomas Schütte, che sarà visitabile fino al 25 novembre.

L’esposizione è il frutto di una collaborazione tra la curatrice indipendente Camille Morineau e la Pinault Collection, con il contributo di Jean-Marie Gallais, ed è composta da circa cinquanta sculture, provenienti dalla collezione ospitante e arricchita da prestiti diretti dell’artista, che includono un centinaio di opere su carta, molte delle quali inedite. Il percorso espositivo fornisce un’ampia panoramica sulla ricerca artistica di Schütte e, senza seguire un ordine cronologico, si concentra nel rivelare le costanti mutazioni e l’incessante sviluppo del suo linguaggio artistico, che si estende dal 1970 fino ai giorni nostri, mettendo in evidenza le principali fasi e sperimentazioni del suo lavoro. 

Il corpus di Schütte non è mai definitivo; al contrario, si rinnova attraverso una costante ricerca interiore e una continua reinvenzione di sé. Tale dimensione evolutiva si riflette nel carattere sperimentale delle sue opere, che sfidano il confine fra tradizione e innovazione, l’audace variabilità delle dimensioni e dei materiali, facendo emergere una tensione tra la forma e il contenuto, tra il fisico e il simbolico.

Il percorso espositivo mette in luce il concetto centrale dell’arte di Schütte: la figura umana, vista attraverso uno sguardo allo stesso tempo inquietante e ironico, su un mondo che sembra sfuggire alla nostra comprensione. Si tratta di un elemento identificativo e al contempo significativo, presente in tutte le sue sfaccettature e reso attraverso svariate forme, materiali, colori, dimensioni, contesti storici, etnici e sociali. Dominano i volti scolpiti, intrisi di una profondità emotiva e di una carica simbolica che li rende irrimediabilmente coinvolgenti. Le forme antropomorfiche distorte, apparentemente grottesche e caricaturali, che spaziano da contesti ed epoche diverse, attivano una riflessione profonda sulla condizione umana, sull’identità e sull’alienazione. Sono figure talvolta doppie, talvolta unite in composizioni che suscitano in alcuni casi un senso di intimità e in altri di conflitto, figure spesso prigioniere di una materia che sembra inghiottirle. La potenza evocativa di queste sculture, insieme alla loro drammaticità, conferisce una profondità unica a quelle forme che, pur essendo fortemente corporee, sembrano spingersi oltre la realtà fisica per indagare dimensioni più sottili, come il pensiero e l’identità. La tensione tra intimità e teatralità, tra serietà e umorismo, permea ogni aspetto del suo lavoro, creando un universo artistico che sfida lo spettatore a confrontarsi con una realtà complessa e ambigua. Ogni scultura sembra essere un atto di disgregazione e ricostruzione, dove la violenza del gesto creativo si mescola all’ingegno e alla cura del dettaglio. Questi volti caratterizzati, sembrano sfidare ogni categorizzazione, proponendo una riflessione radicale sulla nostra percezione dell’identità e del genere, con una visione che va oltre le convenzioni, interrogando l’essenza stessa dell’essere umano. 

Schütte, attraverso una sottile ironia e un’intenzionale estraniazione delle opere dal proprio contesto, riesce a rendere gli imponenti busti apparentemente monumentali in figure caricaturali, generando una serie di interrogativi sulla potenza del ritratto e sulla sua relazione con il potere in tutte le sue sfumature. Ogni busto, con la sua monumentalità, esprime anche una critica alla venerazione diacronica dell’immagine pubblica, aprendo un dialogo tra l’antico e l’attuale. Non meno suggestive sono le sculture che ritraggono corpi femminili distesi, che richiamano la storia dell’arte, ma che allo stesso tempo sfidano la tradizione, ripensando il corpo e il ruolo della donna nell’arte. Queste figure, sebbene distese e a volte vulnerabili, acquistano una forza inaspettata, suggerendo una riflessione sul modo in cui l’arte ha trattato e tratta tutt’ora la figura femminile il modo in cui l’arte ha rappresentato la donna nel tempo. La predilezione dell’artista per la variabilità trova conferma anche dai suoi riferimenti stilistici, a volte espliciti, come Auguste Roden, Medardo Rosso, e Henry Moore, e in altre velati, come nel caso di Pablo Picasso.

Schütte opera in maniera immersiva tra presente e passato, attraversando mondi e linguaggi, invitando il suo fruitore a confrontarsi con il monumentale e il simbolico, ma anche con la fragilità e la transitorietà dell’esistenza umana. L’esposizione, pur evidenziando alcuni limiti incentrati sul lavoro co-curatoriale, che non è riuscito ad attribuire il meritato valore alle opere dipinte e renderle fruibili al visitatore, si configura come un’opportunità per osservare l’evoluzione di uno degli artisti più influenti del panorama contemporaneo, che a sua volta invita alla riflessione e alla comprensione delle sfide estetiche e concettuali.