Nel corso dei quattro appuntamenti, l’artista invita i partecipanti a indagare, camminando e navigando, quattro aree della provincia diffusa e post-industriale, alla ricerca di atmosfere tarkowskiane e ripercorrendo la propria personale biografia: Venezia, base attuale dell’artista, e Palermo, città dei suoi avi e luogo del suo progetto a lungo termine Cassata Drone Expanded Archive.
Ispirato dal lavoro del collettivo Stalker e in omaggio a Debord, maestro ideale, stuppia sceglie per questo progetto il metodo della deriva situazionista, passaggio rapido e istintivo tra un ambiente e l’altro, per andare a verificare l’abuso di potere operato dalla cultura industriale.
Capitolo I: le lucciole di Venezia
Il primo appuntamento si è svolto il 7 maggio 2022 a Venezia: nel tardo pomeriggio la deriva è cominciata a piedi nel Sestiere di Cannaregio, Baia del Re: uno dei primi complessi abitativi popolari della Venezia moderna. Il cammino conduce a un appartamento operaio, entro il quale g. olmo stuppia presenta un’installazione realizzata con il consueto accostamento di oggetti allusivi, attraverso i quali egli costruisce lo spaccato di vita quotidiana di un possibile inquilino: l’aroma di caffè in ebollizione avvolge un divano, attorno al quale si raccolgono ciabatte, giornali e libri consumati, specchi e lubrificanti, sigari incominciati e mai finiti, una riflessione sull’abitare in forma di scambio epistolare con Gian Maria Tosatti.
Con il calare del buio, i drifters attraversano la laguna in direzione di Sacca San Mattia, Murano, isola artificiale composta da detriti e scarti delle celebri vetrerie, dominata da un carroponte abbandonato, ultima sorprendente destinazione del primo cammino. È ormai notte quando giungono alla spiaggia, che esplorano in silenzio, e dove, con l’aiuto di piccole torce, come archeologi raccolgono i cocci di vetro, scarti ora divenuti tesori che l’artista catalogherà poi. In una sorta di liturgia laica, letture poetiche si alternano a momenti di silenzio: la voce della laguna e la fauna dell’isola dialogano con i decolli dal poco distante aeroporto di Tessera.
Capitolo II: gli operai di Via Montalbo, Palermo
Il secondo appuntamento, nel pomeriggio inoltrato del 10 giugno 2022, porta a Palermo, sulla costa nord ai piedi di Monte Pellegrino: alle industrie dismesse della Manifattura Tabacchi, Ortofrutta, ex Chimica Arenella, Fincantieri – unico stabilimento ancora attivo e produttivo.
Questa volta il gruppo radunato da stuppia (amici e artisti, urbanisti e professori, accompagnati da ragazzi del Quartiere Montepellegrino) si muove imbattendosi nelle sensazioni, nei racconti della gente dei luoghi oggetto della deriva. I professori raccontano la storia e la ragione architettonica, gli abitanti rispondono con il presente e la ragione propria.
In Via Montalbo, quartiere tristemente noto per fatti di mafia, alcuni operai spiegano la loro malattia del lavoro, la silicosi da amianto – le cause giustamente in corso; ci sorridono, assaggiano le ciliegie freschissime, del Sud, comprate in quartiere dall’artista.
Nelle nuove case popolari di Acquasanta vivono giovanissimi candidati alle politiche alla Circoscrizione (siamo alla vigilia delle elezioni), mentre nel vecchio borgo uomini e donne raccontano il problema del lavoro, ma anche la continua distrazione, la bellezza che trovano nel dialetto, nell’aria; al contrario, altre donne che hanno vissuto al Nord ci vogliono tornare, “picchì a Palermo avimmo troppo disordine”.
Si passa al vecchio cinema d’essai Igiea Lido, per poi dirigersi verso la parte storica di Acquasanta: qui il Prof. Ferdinando Trapani, urbanista e professore di architettura all’Università di Palermo, spiega la fondazione del primo istituto nautico, per volere del gesuita Monsignor Gioeni alla fine del XVIII secolo, da un lato per dare alla città e alla Sicilia tutta adeguati navigatori, dall’altro per dare un tetto e un mestiere ai giovanissimi palermitani. L’Hotel Villa Igiea, col suo arco liberty distrutto da dissennati lavori di restauro è una tappa fondamentale, che riapre ferite e ricordi.
Dopo circa 6 km di deriva, i camminanti approdano all’ex Chimica Arenella con una lettura dal cosiddetto “articolo delle lucciole” di Pasolini:
[…] l’industrializzazione degli anni Settanta costituisce una “mutazione” decisiva anche rispetto a quella tedesca di cinquant’anni fa. Non siamo più di fronte, come tutti ormai sanno, a “tempi nuovi”, ma a una nuova epoca della storia umana, di quella storia umana le cui scadenze sono millenaristiche. Era impossibile che gli italiani reagissero peggio di così a tale trauma storico. Essi sono diventati in pochi anni (specie nel centro-sud) un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale. Basta soltanto uscire per strada per capirlo. Ma, naturalmente, per capire i cambiamenti della gente, bisogna amarla. Io, purtroppo, questa gente italiana, l’avevo amata: sia al di fuori degli schemi del potere (anzi, in opposizione disperata a essi), sia al di fuori degli schemi populisti e umanitari. Si trattava di un amore reale, radicato nel mio modo di essere. Ho visto dunque “coi miei sensi” il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiani, fino a una irreversibile degradazione.
Pier Paolo Pasolini, «Il vuoto del potere», Corriere della Sera, 1 febbraio 1975
La deriva ha dunque permesso, nella prima notte veneziana, l’esplorazione di luoghi svuotati dalla presenza umana, limitandosi alle impronte della cultura industriale sugli spazi, testimoniata da oggetti (i vetri a San Mattia, gli effetti personali nell’appartamento operaio), che i drifters come archeologi raccolgono, esaminano, mettono insieme per ricostruire un racconto, un “canto dei cocci brillanti”. A Palermo invece la presenza umana è preponderante, vulcanica, profondamente necessaria. Grazie ai sorrisi di queste persone i drifters non hanno che da ascoltare (e stare “muti” se non per brevi postille storiche), poiché Sposare la notte ha letteralmente dato voce agli abitanti dei quartieri visitati: non solo gli spazi, ma le persone divengono “resti vivi”, pulsanti cuori antichi e giovani insieme. Persone che meritano l’attenzione degli artisti.
Nei mesi a seguire verranno divulgati gratuitamente dei contenuti video, per avvicinare il pubblico alla creatività contemporanea, e il progetto performativo andrà avanti nel continuo divagare e ricercare le ragioni dello sfruttamento della vita e dei processi della cultura industriale. Sposare la notte assurge così a luogo dove sondare l’inesplorato e aprire l’indagine del rapporto tra uomo, produzione di merci e spazi naturali. Sposare la notte proseguirà attraverso altri due appuntamenti: nella costa Sud di Palermo attraversando anche il quartiere di Brancaccio (sabato 9 settembre) dove si vedranno coinvolte diverse realtà associative e Istituzionali dei territori panormiti; e infine nuovamente a Venezia, dove si camminerà e poi navigherà fino alle bocche di porto. Scopo ultimo è di ritornare alle acque, per esaminare la meccanizzazione – solo parzialmente compiuta – della Laguna Veneta, con la speciale collaborazione dell’Ing. Giovanni Cecconi, Ex responsabile della sala di controllo della “grande opera” (sabato 22 ottobre): arte e scienza, unite per rinnovare le immagini del mondo, in una prospettiva transdisciplinare.