La manifestazione che si è chiusa lo scorso 19 luglio nasce come legittima reazione al blocco pandemico, una risposta operativa e fattiva che invita attraverso l’arte a riattivare, come solo gli artisti sanno fare, la città. Su questo aspetto la Frillici ha messo in campo tutta l’esperienza di cui possiede affinché le attività potessero avere un grado di coinvolgimento esponenziale inserendosi nel cuore della polis perugina.
Tre sono stati i luoghi coinvolti, tutti simbolicamente esprimono l’idea di una apertura nuova verso la riappropriazione o la semplice conoscenza degli spazi entro cui poter generare visioni creative e artistiche innovative. Il primo luogo è proprio lo studio dell’artista, posto in un luogo simbolo della città a pochi passi dall’arco etrusco. All’interno di quello che un tempo fu lo studio di un altro grande scultore perugino Romeo Mancini, compagno di strada di Guttuso e Leoncillo negli anni cinquanta a Roma presso Villa Massimo, la Frillici ha realizzato nei mesi di quarantena un lavoro di forte intensità espressiva, Materia-febbraio-maggio 2020.
Fedele ad un linguaggio ormai consolidato negli anni in cui l’elemento di partenza è la foto estrapolata da un contesto di cronaca (attuale o storica) o semplicemente da un prelievo di immagini che attingono da una memoria familiare dell’artista, questi volti, dopo la stampa xerografica, assumono una patinatura polverosa che leggermente sgrana la nitidezza dell’immagine e che tradisce il gusto per la storia di un passato trascorso. L’intervento che la Frillici compie e quello di rigenerare i volti con interventi che potremmo definire di cosmesi dell’immagini, in cui cioè l’azione pittorica, che interviene sui lineamenti del viso, ri-anima (letteralmente: riconcede una nuova anima) a queste immagini del passato alcune delle quali, per lo più donne, ritraggono vittime di omicidi o incidenti. Una volta compiuta la ri-animazione l’immagine viene appesa in una parete il cui fondo è diviso per zone di colore non predeterminate, ma giocate per lo più su tre colori rosso, nero e giallo.
Precedenti in queste utilizzo del collage è sicuramente l’artista milanese Bepi Romagnoni che attraverso la ricomposizioni di immagini estrapolati da riviste del tempo tentava di rigenerare una nuova visione della realtò fatta di relazioni visibili ed emozioni solo percepite. Nel lavoro della Frillici, l’insieme dei volti posizionati a parete genera un mosaico denso di storie, volti e immagini che comunicano con la nuova espressività trasfigurata, la visione di una realtà che aleggia nella dimensione di un altrove reso manifesto dall’artista. Un lavoro di intensità forte, mosso dalla pura istintività dell’artista, che si lascia guidare unicamente dal proprio sentire percettivo evitando ogni azione predeterminata. Al cospetto dell’opera arricchita da un “Sonografia”, rumori e suoni raccolti durante la quarantena da Antonello Turchetti, si genera una nuova comunicazione uditiva. Ogni rumore si collega allo sguardo di un volto che sembra parlare nuovamente in una nuova vita di rinascita. Una variante di questo processo artistico è stata realizzata in un altro luogo della città un ex negozio, ormai come tanti sfitto nel centro perugino, anche qui il processo è quello di riattivazione della memoria dei cittadini e la rigenerazione di una diversa funzionalità dello spazio.
La Frillici ha disseminato il pavimento di volti xerografici provenienti dal proprio archivio e ha invitato i passanti a partecipare all’azione. A coloro che hanno aderito, l’artista ha scattato una o più fotografie invitandoli a manipolarle attraverso il proprio gusto, ricorrendo a collage con le immagini messe a disposizione nel luogo o con l’utilizzo di due colori: il rosso e il giallo. Anche in questo caso l’azione terminava appendendo a parete l’autoritratto modificato. Il risultato è un’azione in progress di un lavoro di partecipazione in cui l’emozione individuale e la sensibilità del singolo si uniscono in una rappresentazione corale di una moltitudine di espressioni visive, capaci di restituire la ricchezza e le particolarità del singolo nella collettività.
Un esempio efficace per rimettere al centro l’insieme delle comunità, non tanto dopo lo shock pandemico quanto piuttosto dopo quasi un trentennio in cui l’unico valore riconosciuto si costruisce su un modello di individualità estrema. Un terzo spazio in cui avrebbe dovuto tenersi la lectio magistrale Vedo Dove Devo di Bruno Corà, spostata causa maltempo all’interno del negozio, era la piazza antistante l’Edicola 518 esempio eccellente di rigenerazione urbana nel cuore della città storica. La coerenza organizzativa della Frillici si sposa a perfezione con la sua poetica artistica, in quanto lei sembra partire da ciò che rappresenta un rifiuto, sia questo uno spazio fisico, un luogo dismesso o un’immagine di un volto di un corpo ucciso o vittima di violenza.
In entrambi i casi l’artista riesce a ripensare con la forza del sentire creativo, ad una rinascita offrendo, a coloro che si lasciano trasportare in questo viaggio dai connotati spesso onirici, gli strumenti per poter essere protagonisti di questo processo che prima di tutto è un risveglio di sensibilità e consapevolezze sopite. Strumenti necessari per affrontare il mondo post pandemico.