Pignatelli e Scarabello: tra recupero della memoria e delicatezza al MEF di Torino 

Lo scorso marzo il Museo Ettore Fico ha inaugurato due personali degli artisti Luca Pignatelli (Milano, 1962) curata da Luca Beatrice e Alessandro Scarabello (Roma, 1979) curata da Andrea Busto, direttore e presidente del MEF. Le mostre sono visitabili fino al 19 giugno 2022.

Sono due artisti difformi e lontani a livello generazionale quelli ospitati al Museo Ettore Fico. Luca Pignatelli è nato a Milano nei primi anni Sessanta, artista che raccoglie e recupera una classicità nascosta e lontana dal nostro contemporaneo e Scarabello, nato alla fine degli anni Settanta a Roma, sottoposto ad un nuovo spirito pittorico con sapiente delicatezza, capace di coinvolgere lo spettatore in molteplici realtà. Le personali del MEF presentano al pubblico l’intera ricerca degli artisti, un’occasione per raccontarsi.

Al piano terra del Museo Ettore Fico, tra i corridoi e le intime sale, sono allestiti i lavori di Luca Pignatelli che si alternano tra tecniche, tematiche e colori. Grandi opere site specific e altri lavori dell’ultimo decennio raccontano l’evoluzione del suo processo artistico dedicato al recupero di immagini di carattere archeologico e scultoreo. Fotografie della storia dell’arte e immagini storiche trovate tra bancarelle e in gallerie di antichità, vengono riportate dall’artista su supporti di diverso genere e con tecniche differenti, come a volerne fare una trascrizione. Si tratta di un richiamo che non rimane fine a sé stesso, ma fa sì che tutto diventi reale con un confronto tra il presente qui ed ora, e il nostro già vissuto. Ferro, teloni, tappeti e legno diventano il sostegno per preservare il rapporto con il tempo, materiali in cui sono impressi elementi e forme del passato di ogni genere, talvolta ben riconoscibili, come nella serie Caligola (2021-2022) e Musa (2021-2022). L’allestimento del MEF è attento a sottolineare la ricerca dei supporti e delle pratiche, come quelle sui teloni dei treni merci che interessano l’artista dalla metà degli anni Novanta. Lavori più recenti come Artemide (2021-2022) o Lotta (2017) ed altri meno recenti, come Treno (2007) o Pompei (2014) raccontano la sua ricerca, mentre con le sue iconografie continuano a decontestualizzare, trasportando un messaggio che sta tra l’estetica e la poetica. La proporzione che sfiora il gigante emoziona e coinvolge, alternando la quiete armonica all’inquietudine, la classicità alla contemporaneità e il bello alla miseria.

Al piano superiore Alessandro Scarabello non accoglie il pubblico con un’opera pittorica, ma con un testo nel quale asserisce la preferenza di uno stato mentale confusionario e privo d’istinto. Con le sue parole crea nella mente dello spettatore l’immagine del suo studio, dove lo vediamo dipingere privo dell’idea di un tempo di lavoro, mentre tutti i materiali convivono e si supportano. Gli elementi pittorici impressi nei telai e le loro parti strutturali dialogano, dando vita ad uno scambio, necessario alla creazione delle successive opere in cui ognuna cede all’altra qualcosa. Astrazione e figurazione non si escludono mai, è come una riprogrammazione di forme diverse con la quale Scarabello ci ricorda che, nonostante le epoche, le storie e le guerre che si susseguono noi uomini proseguiamo sempre uguali. Come scrive il curatore, direttore e presidente del MEF Andrea Busto “il tempo si è frantumato come uno specchio e le mille schegge formate riflettono una realtà che si palesa nuova ma identica al passato”. Nei lavori ad olio come Sphinx (2017) e Apologia (Nerone) (2017), illuminati quanto basta dalla luce che entra dalle vetrate del museo, sono evidenziate le peculiari velature di Scarabello, capaci di mantenere il fluire dei ricordi. La figura umana e gli interni sono elementi ricorrenti e diventano dei punti di riferimento e ci riconducono ad una sensibilità intrisa e cosciente di mostruosità. Talvolta i piani sono astratti, ma tutto mantiene un equilibrio preciso, oscillando tra ciò che è riconoscibile e ciò che è verosimile, mentre lo spettatore si ritrova spaesato e al tempo stesso coinvolto.

Con Luca Pignatelli al piano inferiore siamo in una zona aperta, come i panorami di New York. Al piano superiore, invece, Alessandro Scarabello ci riporta in luoghi chiusi e privati. Con entrambi però, sembra di far parte di uno spettacolo messo in scena per noi. Dalle rovine del mondo antico, tra i reperti, le fotografie e la pittura dovuta all’istinto, al MEF le abitudini si spezzano e il criterio con cui si osserva la storia ed il presente viene rinnovato.

La mostra di Luca Pignatelli oltre ad essere curata da Luca Beatrice è stata realizzata grazie alla collaborazione con la Galleria Poggiali, quella di Andrea Scarabello vede i testi di Andrea Busto, Davide Ferri, Damiano Gullì e Hans Op de Beek.