Trullo Rubina, Ceglie Messapica. ph. Marino Colucci

Nucrè

A Ceglie Messapica, in Valle d’Itria, nel cuore della Puglia, da qualche tempo si assiste ad un interessante fermento legato all’arte contemporanea. All’origine vi è la rassegna Nucrè promossa e organizzata dal 2022 da Artopia Gallery di Milano.

La titolare della galleria, Rita Urso, cegliese di origine, ha scelto di tornare nel posto da cui erano partiti i suoi genitori e portare in quegli stessi luoghi la sua esperienza di gallerista. Un termine apparentemente misterioso quello che dà il titolo alla rassegna ma che a ben vedere si rivela derivato dal dialetto locale “nu+crè” traducibile in “un domani”. Ed ecco che in quel titolo si scopre una dichiarazione d’intenti, una condotta progettuale che mira ad indicare le traiettorie future delle arti visive contemporanee esibendone le ricerche ultime. Un’opera di valorizzazione attuata mediante canali plurimi, dalla mera selezione di lavori ritenuti emblematici rispetto al tema prescelto alla creazione di opere realizzate nel corso di periodi di residenza, fino al dialogo con opere del passato. Fin dal primo anno il progetto espositivo si è configurato come un percorso bicefalo, articolato in due sedi: il Castello Ducale e il Trullo Rubina. Due mostre distinte ma strettamente connesse, che affrontano un medesimo tema declinandolo in modi differenti. Il tema (e titolo) comune è SpartiAcque, da intendersi non come separazione ma come condivisione, traendo spunto dal significato del verbo spartire, condividere.

Al Castello Ducale la mostra, curata da Antonella Marino, si definisce nel sottotitolo Storie intorno al pozzo. Allestita tra le scuderie e il piano nobile la mostra esplora il tema dell’acqua in relazione alla storia e al territorio di Ceglie Messapica, traendo ispirazione dall’antico pozzo collocato nell’atrio del Palazzo, oggi interessato da lavori di restauro. Il racconto visivo pone l’accento sulla condivisione della risorsa idrica, sulle molteplici problematiche che la coinvolgono, muovendosi tra presenze oggettuali, scenari glaciali e postapocalittici, suggestioni visive e  riflessioni memoriali. Al piano nobile, nel Salone dei Sindaci, la pregnanza materiale e formale delle pozzanghere di Alexander Gutke e del kit di salvataggio del duo Lucy+Jorge Orta si confronta con la riflessione interiore di Claire Chalet nelle cui opere l’acqua è rievocata dalla tecnica dell’acquerello e dalla fluidità del segno. Nello stesso spazio il paesaggio mediterraneo di Alessandro Vizzini, sintetizzato in forme di poliuretano e resina laccata, dialoga con i paesaggi glaciali ritratti nelle foto di Maia Marinelli. Gli stessi scenari, restituiti in forma ancora più complessa e problematica, si ritrovano nel video dei Masbedo posto a conclusione del percorso nelle Scuderie. Qui in stretta successione si dispongono l’ipertrofica goccia di Andreco, indagine formale sulla caduta della pioggia e della sua incidenza sul territorio, il video di Eva L’Hoest, in cui paesaggio rurale e acquatico si confondono in una nuova mitologia in chiave lettone, e i diafani disegni di Giuditta Vendrame, protagonista della residenza a Ceglie promossa dalla galleria, durante la quale l’artista ha avuto modo di approfondire l’antica usanza della conservazione e del commercio della neve rimanendone profondamente suggestionata. 

Spostandosi a Trullo Rubina, a pochi chilometri dal centro abitato, il tema dello SpartiAcque, qui curato da Marilena Di Tursi e Arechi Invernizzi, si declina nel dialogo tra opere recenti e dipinti di alcuni maestri del Novecento italiano. (Di)stanze vicine è titolo del percorso nel trullo, un titolo che oltre a palesare i legami concettuali e formali che si instaurano tra le opere riflette anche la realtà spaziale della mostra, articolata in ambienti attigui. In un crossover di esperienze e linguaggi la superficie estroflessa di Agostino Bonalumi dialoga con il video in bianconero in stop motion di una mano poggiata sull’acqua di Marzena Novak; il poetico video di Elena Mazzi dedicato alla piscina comunitaria di Moggio Udinese è posto a confronto con un’opera su carta di Fausto Melotti, imbastita da segni grafici minimi e corpose colature di colore. Infine se il dialogo tra la tenda di Julie Béna e il dipinto di Aligi Sassu si dispone su un piano antitetico in cui i poli di avanguardia e classicismo sembrano orientarsi in senso opposto, la particellare astrazione di un dipinto di Giulio Turcato cerca il suo corrispettivo in un video enigmatico di Rachele Maistrello, composto da immagini tratte dalle profondità subacquee, habitat estremo e misterioso all’interno del paesaggio acquatico.

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