Arco Madrid 2025
Valentina De’Mathà, Il pavimento di casa di mia madre, video di 22’51”13, Spazio Cosmo, Piazza Santa Apollonia in Trastevere. Courtesy dell’artista.

Nella terra del rimpianto e della memoria

Il pavimento di casa di mia madre di Valentina De’Mathà, nell’ambito di Lascia andare, a cura di Majd El Roumy, presso Cosmo, Piazza Santa Apollonia in Trastevere 1° marzo 2025.

Siamo su una strada in salita, a sinistra del ciglio, risalendo un marciapiede che fiancheggia case con giardini, oltre i quali, al di là delle siepi, ci vengono incontro delle tartarughe. Siamo alberi sospesi, senza radici, arieti bianchi o scorpioni sul pavimento di una casa tra le montagne abruzzesi. Siamo circondati da losanghe che ruotano come un caleidoscopio, uno di quei tubi precari di cartone che avremo forse comprato da bambini su una bancarella in una fiera di paese – il paese dell’infanzia, dei nonni, delle madri.

Ci troviamo in realtà sotto la volta ad archi dello spazio Cosmo, in piazza sant’Apollonia, a poche decine di metri dall’adiacente Piazza di Santa Maria in Trastevere. Nel sottosuolo, e nel quadro della mostra Lascia andare curata da Majd El Roumy, l’artista avezzanese Valentina De’Mathà, che da anni vive e opera in Svizzera, affida a un video di ventidue minuti un nuovo capitolo della sua lunga opera di ricostruzione della memoria, familiare, ancestrale, ma anche e soprattutto personale. 

È un lavoro di profondo scavo nel quale il materiale raccolto nel corso degli anni nella casa materna ad Avezzano si incrocia e fonde con gli studi di antropologia e con un’analisi introspettiva, dichiaratamente ispirata alle teorie di Carl Gustav Jung ma nella quale intervengono studi di mitologia preromana, di storia delle popolazioni dell’Abruzzo e dell’Italia centrale, delle religioni comparate, delle feste rituali e dei miracoli, di estetica e di psicologia.

Il materiale raccolto è enorme e l’artista lo ha dipanato nel tempo affidandosi soprattutto all’uso di supporti originali, come la carta speciale per la fotografia analogica, trasformata attraverso il gesto antico del cucito in arazzi sorprendenti, a loro volta concepiti come lavori bidimensionali ma anche come costruzioni tridimensionali, che ricordano certe creazioni astratte ma non astratte di Carla Accardi.

Qui invece il pulsare vagamente psichedelico dei colori e delle geometrie sulla parete tremolante dei calanchi di Trastevere si accompagna a un sonoro che perfora gentilmente ma acutamente l’udito e l’anima dello spettatore-ascoltatore. All’inizio è un mantra a sua volta astratto, un canto di balena che risale dagli abissi e che non si traduce in frasi o parole di lingua riconoscibile. Tuttavia basta adeguare la nostra attenzione alle frequenze giuste perché quel flusso di voce divenga racconto – smozzicato, reiterato, sovrapposto, ma alla fine limpido.

Ho sognato che, ripete l’artista, in un tono sommesso, assonnato, che in più momenti scivola nello sbadiglio per poi ricomporsi come creta umida in nuove parole. Ho sognato che mi trovavo lungo una strada in salita, sul lato sinistro, e lì c’erano case con il giardino e oltre le siepi c’erano delle tartarughe. Ho sognato un albero, sospeso, senza radici. Ho sognato. Tutte queste frasi smuoiono l’una nell’altra, l’una sull’altra, inseguendosi come in un canone di Pachelbel.

Sono alcuni dei sogni che l’artista racconta di aver trascritto giorno per giorno, al risveglio, annotandoli su un quaderno tenuto accanto al letto, dal 2019 al 2025. La casa materna di Avezzano è il loro centro immancabile, attorno al quale ruotano memorie, suoni, profumi e colori, letti alla luce dell’irrazionalità consapevole della dimensione onirica. Un letto si trasforma in caverna, le mattonelle di un pavimento in tappeto istoriato: quel che conta, sul piano artistico, è la resa di questi materiali in valore estetico ma anche emotivo, e l’effetto che ne deriva potente e al tempo stesso delicato. Immersi nel buio e raccolti nell’incavo delle arcate, siamo avvolti dall’eco sommessa della voce narrante e dal rilucere tremante dei colori, e ci troviamo per un attimo perduti nella vasta inesplorata landa del rimpianto e della memoria.

Valentina De’Mathà, Il pavimento di casa di mia madre, video di 22’51”13
Spazio Cosmo, Piazza Santa Apollonia in Trastevere.
Courtesy dell’artista.