Immagini di paesaggi naturali e scenari umani si alternano, secondo un flusso di coscienza a primo impatto incomprensibile, ad incontri con gli abitanti di differenti popolazioni prendendo tuttavia le distanze dalla logica documentaristica. Microstorie e microcosmi invitano l’osservatore ad addentrarsi all’interno di scenari del quotidiano.
Visibile fino al 26 febbraio 2022, la personale di Sergio Racanati presso lo spazio indipendente romano di AlbumArte, a cura di Paola Ugolini, propone quattro videoproiezioni – IMMEDIATELY PAST_ovvero la grande feste è finita, DETRITI_Salinas Grandes, DEBRIS / DETRITI_Puglia, Līlā, film realizzato in India, Himalaya – e un manifesto dell’artista dal titolo Perché ho scelto di vivere a sud, stampato su carta e allestita una grande installazione dal titolo Debris/Detriti_Argentina composta da una serie di 42 scatti da cui emerge un ritratto sociale, politico, ambientale di forte denuncia senza entrare nella dimensione del reportage. Il progetto è sostenuto da IRI REAL ESTATE – Istituto Regionale Immobiliare Roma e realizzato con il supporto di Apulia Center for Art and Technology.
Per approfondire il progetto ho avuto il piacere di intervistare l’artista ideatore: Sergio Racanati.
Maila Buglioni: «“NA NA N FRASTEIR (“non è un forestiero”) è il titolo della tua prima personale romana presso AlbumArte, un progetto molto articolato in quanto immetti il pubblico di fronte a tematiche antropologiche importanti. Ma come nasce la tua ricerca? Cosa ti ha spinto a investigare la sfera sociale, ambientale e politica attuale o comunque del Novecento?»
Sergio Racanati: «La mia ricerca nasce e si sviluppa all’interno della moltitudine e della proliferazione di relazioni, sentimenti, idee ed esperienze volte a generare delle possibili interazioni e connessioni con il materiale fragile dell’umanità, se non addirittura all’interno della stessa umanità alla deriva. Viviamo in periferie di città che non esistono. Viviamo in città fantasma in cui tutto è ormai sfibrato; in cui il doppio si è sostituito al vero. Forse, neppure il senso di comunità sopravvive più: città cimiteriali da cui emergono solo i resti di una civiltà esplosa. Siamo dentro un eco-sistema di biologie finite. La mostra, a cura di Paola Ugolini, è pensata come un dispositivo di messa in allarme sia personale che comunitario. Lo spettatore si trova quindi immerso dentro un ciclo di film dalla durata consistente in cui sono messe crudamente a nudo geografie distanti dalle grandi narrative a cui siamo abituati tramite le informazioni mediatiche.»
M. B.: «Obiettivo della tua ricerca è stimolare il pubblico che osserva i tuoi video. Quali sono le reazioni che vuoi provocare nell’osservatore?»
S. R.: «Con la mia pratica artistica, volta alla dis-articolazione dei legami sociali, cerco di aprire un possibile varco all’etnografia come forma ridistribuita o come parte costitutiva delle nostre soggettività. Definisco il mio cinema viscerale: la de-costruzione dell’immagine si scompone, de-compone e ri-compone in una sorta di costante ricerca di equilibrio precario di forme di narrazione non lineare che ripetutamente si smagliano e collassano. Voglio far compiere al pubblico una trans!»
M. B.: «In Līlā poni l’osservatore davanti a un mondo, quello dell’India, geograficamente e s’immedesima perfettamente poiché sono visibili scenari, ambientazioni e luoghi standardizzati da sembrare a noi familiari. Sembra quasi che lo scopo di questo film sia renderci consapevoli che “tutto il mondo è paese”. Inoltre, qui il tuo sguardo, che è soprattutto politico, denuncia l’intensa attività estrattiva che le multinazionali americane turbo-capitaliste stanno effettuando in molti territori liminali e che sta drammaticamente cambiando, e non per il meglio, il volto di quelle montagne sacre…»
S. R.: «Nei mieifilmil materiale presentato è esposto secondo una visione anarchica e sovversiva e serve a ripercorrere il fallimento e l’accanimento della produzione capitalistica bulimica degli attrattori culturali/turistici (land market/market place tanto osannati da tutte le forme di branding e da tutti i bandi pubblici a scala nazionale ed Europea). Mi interessa entrare nell’oblio; diventare una possibilità della molteplicità dello spazio/tempo non lineare ed univoco: un approccio attivo dentro la tassonomia della fine del mondo! Vivo stando sui margini. Un grande privilegio da cui osservare il grand, spero ultimo, walzer dell’umanità stritolata dalle forze “occulte” del turbo capitalismo.»
M. B.: «Mentre il manifesto Perché ho scelto di vivere a sud è una dichiarazione d’intenti, una presa di posizione esistenziale molto radicale che può essere interpretata anche come un invito rivolto a tutti gli abitanti dei Sud de mondo a ritornare a vivere nel luogo in cui sono nati, per ricollocarsi in una dimensione geografica e filosofica più “intima”…»
S. R.: «Il manifesto è indirizzato alla platea dell’umanità, allo sciame inquieto dell’umanità. Sì, la scrittura – e nello specifico quella del manifesto- è il momento in cui metto insieme le cose, lasciando aperte le letture, senza determinare una linearità.»
M. B.: «Infine, vorrei porre attenzione all’installazione Debris/Detriti_Argentina composta da una serie di 42 scatti: 42 immagini-racconto dell’esperienza vissuta in Argentina, che tipo di esperienza è stata?»
S.R.:«Le fotografie sono una parte del progetto con cui ho vinto la residenza artistica “officina italiana”. Un progetto complesso ai limiti dell’umano. Sono arrivato a vivere un’esperienza fuori da ogni geolocalizzazione, spingendomi fino nella foresta di Calilegua a nord dell’Argentina. Scenari allucinati.»
M.B.: «Parlando con gli artisti ho constatato che per molti l’arrivo della pandemia ha modificato qualcosa rispetto alla propria pratica artistica. Tu hai riscontrato qualche cambiamento e se sì cosa?»
S.R.: «Si sono spalancati dei mondi impensabili. Sono entrato in dialogo con i ruangrupa – il collettivo curatoriale di dOCMENTA XV- per arrivare alla presentazione del mio prossimo progetto filmico.»
M.B.: «Cosa ti aspetti rimanga al visitatore della tua mostra?»
S.R.: «Vorrei entrare dentro il corpo del pubblico, del visitatore, dello spettatore per smuovere percorsi inconsci, attivare sentimenti liminari, far (ri)affiorare memorie e pulsioni individuali e far compiere un salto nella dimensione corale.»
M.B.: «Progetti futuri? Puoi anticiparci qualcosa?»
S.R.: «A questa domanda credo di aver già risposto….non voglio fare troppo spoileraggio! Ahaha Sono dentro un flusso di buone energie, sempre fuori dal grande bailamme dei giochi di potere del divoratore sistema dell’arte.»
“NA NA N FRASTEIR (“non è un forestiero” in dialetto pugliese)” di Sergio Racanati
A cura di Paola Ugolini
fino al 26 febbraio 2022
Via Flaminia, 112 – 00196 – Roma RM
Tel: +39 06 24402941
email: info@albumarte.org
website: https://www.albumarte.org/