Come ogni anno, ho approfittato delle vacanze di Pasqua per il mio sport fittizio preferito: andare in cerca di libri, necessari alle mie ricerche, nei magazzini dell’usato. Trovandomi a Palermo, città di commercianti, pensavo di trovarne in abbondanza. Mi sbagliavo. I libri stanno per sparire. Persino i remainder più agguerriti hanno chiuso bottega. Al loro posto sono spuntati come funghi bar, ristoranti e pizzerie. O – il che è anche peggio – negozi di souvenir. Ci salveranno i dazi? Ma neanche per scherzo! Ve li immaginate i palermitani di oggi a intrecciare vimini e cucire centrini? Una volta chi intendeva portarsi via un lavoro di una certa importanza acquistava un dipinto. Oggi, anche volendo, non troverebbe nessuno capace di realizzarlo. Del resto, a cosa serve un pittore se basta uno scatto a fissare un ricordo? Ma vuoi vedere che anche gli oggetti d’arte, come i libri, si avventurano sul viale del tramonto? Passando dall’una all’altra di queste riflessioni di disarmante ovvietà, la mia attenzione è stata captata da un video pubblicitario proiettato da uno schermo gigante. La realtà vi fluiva con una forza straordinaria. Camminavo per strada, ma mi sembrava di essere allo stadio. Era come se degli individui uscissero da quella finta parete, facendosi presenti. È proprio vero: Mind Opens Our Reality. “La mente”, come è solito dire Gianluca Balocco, che ha scelto questo acronimo (MOOR) per introdurre il suo nome di battesimo, “apre la nostra realtà”. L’arte dei nostri giorni è qualcosa di vivo, di attuale, che o interagisce col pubblico coinvolgendolo integralmente, o piuttosto non è. Gianluca ne ha dato prova nella sua ultima opera, Judith of Flowers, presentata al Fuori Salone di Milano: un’opera “aperta”, contaminata con oggetti di design (l’installazione nel suo complesso, Neural Temple, comprende anche una lightbox, una poltrona, un elemento floreale composto da semi che reagisce con variazioni RGB a stimoli sonori…) e quindi, come la réclame che mi aveva coinvolto, in grado di creare una relazione attiva con lo spazio e con il tempo. L’artista, che prima di tutto è un fotografo, realizza infatti migliaia e migliaia di immagini ad altissima risoluzione, che poi monta sovrapponendole e incrociandole a velocità diversa. Il risultato è paragonabile a una tavola fiamminga, ricca di minuti particolari. Ma con una differenza. Mentre i pittori del passato conseguivano effetti di “dilatazione neurale” sovraccaricando di dettagli lo spazio limitato del supporto, Gianluca si affida alla lunga durata delle sue sequenze, cioè al tempo, che non è un tempo lineare ma sistemico; un tempo prolungato, in grado di abbracciare svariate dimensioni. A cominciare dall’interiorità del fruitore, che non potrà rapportarsi alla sua Giuditta senza fare propria la contaminazione che il video propone tra un celeberrimo dipinto di Klimt e le diverse stagioni di una rosa, dalla prima fioritura al disperdersi dei petali caduti. Non a caso, l’opera presentata a Milano da Balocco non è stata pensata esclusivamente per i musei, ma pure per luoghi di disagio, di disabilità, o semplicemente di rilassamento. Luoghi in cui davvero un’opera d’arte, aiutandoci a prendere coscienza di noi stessi, può guarirci. Evitiamo soltanto, per non incrementare gli incidenti, di collocarla per le strade. Se uno spot formato gigante è sufficiente a catturarmi, con lavori del genere il mio destino è segnato.


