Michael Beutler, Keep beating below 65°. Galleria Pinksummer, Genova

Michael Beutler – Keep beating below 65°

Nato nel 1976 a Oldenburg, Germania, formatosi alla School of Art di Glasgow, residente a Berlino, Michael Beutler torna alla Galleria PINKSUMMER di Genova, dopo la mostra Criss Cross Garage del 2017, con l’installazione Keep beating below 65°/Continua a sbattere sotto i 65°.

Il riferimento è alle istruzioni, creativamente interpretate, stampate sull’etichetta di una bottiglia di latte d’avena, per ottenere una schiuma soddisfacente. Il titolo è un invitometaforico ―commentano le galleriste Francesca Pennone e Antonella Berruti – a “sbattersi” quel che basta per tornare a lavorare collettivamente, pur con la dovuta cautela. Durante la programmazione, infatti, sembrava scongiurato un ulteriore lockdown da Covid 19, poi il virus si è propagato esponenzialmente e allora se ne è perso, parzialmente, il  controllo.  

L’artista tedesco realizza installazioni iperdimensionate, oscillanti tra scultura, architettura, ampie stesure orizzontali, monumentali dispositivi rotanti, utilizzando materiali aspecifici, non professionali, economici, artigianali, riciclabili, tramite un ricorso al cosiddetto fai-da-te, in inglese do-it-yourself.
Il suo potente immaginario macchinico si contrappone a un mondo in cui progressivamente l’intervento dell’uomo viene sostituito dall’ingegneria elettronica. Nella sua Weltanschauung, l’oggettualità, la manualità, la meccanica, sfidano l’immateriale, il numerico, il virtuale. In senso socio-politico, la demo-antropo-crazia sfida la tele-tecno-crazia. Beutler realizza operativamente, con la perseveranza di un monaco Zen, labirinti accoglienti, scale colorate, distese di tappeti, grandi balle di erba artificiale, mistiche pagode di lucente alluminio, muri, tavole, lampade, panchine, recinzioni, griglie lignee, capanne, tendostrutture, gazebo, case-tempio stabili-mobili-flottanti. Non esita a confrontare il suo lavoro con stazioni ferroviarie, contesti museali, biblioteche, accademie d’arte, mantenendo un’attitudine relazionale aperta e solidale. L’artista opera con un arsenale di attrezzi agricoli, dispositivi meccanici sia in contesti urbani che in aperta campagna. 

Decostruendo tradizionali concetti costruttivi, Beutler non cessa di fabbricare cantieri ai suoi pensieri. Interessato alle modalità del fare, prende in considerazione, citandole, a titolo di esempio, opere di Brancusi, ville del Palladio. Le sue situazioni espositive, sia in contesti istituzionali che privati, provocano ed enfatizzano la reazione degli interlocutori, ne registrano la sorpresa, i tempi di percezione seguiti da quelli di presa di distanza. Nella sua intenzionalità espositiva, l’opera in corso e gli strumenti per realizzarla entrano in una condizione di contiguità. Le sue installazioni sono la messa in opera di un tempo di vita, di ricerca, di studio, di lavoro, consegnato all’investimento dell’inutile dell’arte, quell’inutile senza il quale la vita potrebbe divenire un’insostenibile coazione a ripetere. 

In Pinksummer il visitatore si sposta, giusto come in un cantiere in cui fervono i lavori, tra rettangoli gialli di carte, trattate con colle viniliche, stese su precari supporti lignei, mini cumuli sparsi, rossi gialli, bianchi, di materie plastiche appallottolate, sfere di carta da giornale, cartone, fogli di alluminio, un seghetto a mano, rete metallica, fili. Su alte basi di canna di bambù poggia, nello spazio espositivo, un rudimentale forno in funzione, dalla superficie pezzata da materiali di colore bianco, nero, grigio, al cui interno cuociono, verosimilmente, manufatti irregolari rinvianti a pagnotte casarecce.

«Vorrei proprio fare anticipa l’artista  ― non una  mostra di frammenti, come la scorsa volta, ma una grande installazione che dialoghi con l’architettura in qualche modo. Immagino grandi volumi. Penso di produrre una specie di polistirolo fatto di palle di carta. Tutto questo farà parte della prossima personale, in primavera, al Wilhelm-Hack Museum di Ludwigshafenam Rhein, sede della multinazionale chimica della BASF (acronimo di Badische Anilin und Soda Fabrik) in cui si producono plastica e polistirolo, appunto. Immagino un grande volume simile a una roccia artificiale». 

Si coglie nella sua opera un’idea di Patchwork, di nomadismo creativo materiale e manuale, culturale e mentale. Il fattore tempo, accanto al fattore spazio, fa parte dell’opera, come il ritmo e il sottofondo musicale entrano in sintonia con gli sguardi, le parole pronunciate, bisbigliate, sottaciute, durante la visita della mostra.Il coinvolgimento intenzionale o spontaneo del visitatore ottiene l’esito, in qualche modo, di legittimarne la funzione di co-autore, interlocutore indispensabile al divenire dell’opera. Si esce, con Beutler, anche dall’universo analogico della mimesi, del fantasma, legati alla condizione rappresentativa, per entrare in quello fattivo, non mediato, ma immediato, del gesto fisico, della fatica del lavoro, del contatto operativo-esecutivo della squadra, dell’hic et nunc della decisione imprevista.Determinante, in Pinksummer, anche l’ingombro dello spazio. Uno spazio in cui viene precluso il percorso convenzionale della visita in galleria di uno spettatore abituato a fruire di uno scenario, per lo più parietale, dal centro-sala. 

Mentre, secondo il curatore svizzero Harald Szeemann, Ensor, Beuys, Kiefer, trasformano, con la loro opera, l’atelier in Universo, Michael Beutler rende Universo il Cantiere, fabbrica di idee, di lavoro, di decostruzione in progress di stereotipi formali, museali, espositivi. La sua filiera ideativo/operativa, produttivo/riproduttiva, è permeata da una spinta relazionale non estranea alla dimensione di Scultura sociale beuysiana, trasferita, però, in una società postindustriale, in cui la dimensione fabbrile e manuale del lavoro si è andata progressivamente perdendo. I progetti installativi di Beutler, connotati da una fluida visione socio-antropologica, non escludono la dimensione estetica. E qui un riferimento al Peter Osborne, teorico di Anywhere Or Not At All: Philosophy of Contemporary Art/Ovunque o in nessun luogo:Filosofia dell’arte contemporanea, è d’obbligo, in una fase epocale postconcettuale, in cui non sia più l’idea a fare l’opera, ma un processo di azioni-reazioni-costruzioni-decostruzioni, che ridiano ampio spazio alla visualità, in particolare, e alla sensorialità in genere.

Michael Beutler destabilizza, rendendolo elastico, il concetto di una site specificlty chesi conformi strettamente a uno spazio dato, non necessariamente artistico, per installarvi la specificità della sua modalità costruttiva, connotata da un’apertura progettuale che lascia spazio a improvvisazioni nate in corso d’opera o suggerite dai materiali in uso, dalla stessa “manodopera”, rappresentata solitamente da soggetti locali e da studenti. Slittanti tra il non-finito e l’indefinito, i suoi mega-progetti si configurano come opere aperte, che non mantengono neppure la site specificity iniziale, variando nella durata della mostra. E qui sarebbe interessante far dialogare Beutler con la storica dell’Architettura sudcoreana Miwon Kwon, residente a Los Angeles, autrice di One Place after Another –Site specific Art and Locational Identity/Un luogo dopo l’altro-Arte site-specific e identità localizzativa, tradotto in italiano da postmedia books, 2020, introdotto da Francesca Guerisoli.

Beutler mette in atto una condizione rara: quella di rendere visibile la mostra in corso d’opera e non a opera compiuta. Per sua dichiarazione, lavora a forme e oggetti basici, ricorre a geometrie e simmetrie, al colore. Nonostante il fatto che le sue modalità operative potrebbero mettere in questione l’Istituzione museale, deputata ad acquisire, esporre, conservare, le sue iper-installazioni vengono richieste e ospitate in musei occidentali e orientali. Recentemente infatti ha esposto al Portikus di Frankfurt, al Folkwang Museum di Essen, al Witte de With di Rotterdam, al Bonniers Konsthall di Stockholm, senza citare le sue partecipazioni alle Biennali di Berlino, Mosca, Gwanju.

Michael Beutler, Keep beating below 65°, solo show at PINKSUMMER Gallery, Genoa, Italy.
2020, Water, cardboard, aluminium tape, handsaw, cotton fabric wood, metal grid, PVC pipe, 990 x 790 cm. Unique.
Photographer Alice Moschin


Michael Beutler
Keep beating below 65°
PINKSUMMER, Genova