Arco Madrid 2025
Maia Lai, Il miele delle Janas, 1991, Courtesy (C) Archivio Maria Lai by SIAE 2023

Maria Lai, “Sul Filo dell’infinto”

La Nuova Galleria Morone, in collaborazione con Archivio e Fondazione Maria Lai, presenta la personale dell’artista Maria Lai, dal titolo, “Sul filo dell’infinito”, accompagnata da un testo di Gabi Scardi e in occasione del decennale della sua prima personale, presso la galleria e per commemorare il decimo anniversario della sua morte.

Maria Lai lavorava con la stessa rapidità e la stessa precisione con cui le nostre madri, zie e nonne lavoravano all’uncinetto. Attualmente l’immagine della donna che cuce, potrebbe richiamare l’idea di un tipo di donna a cui l’emancipazione è stata negata. In effetti, prima delle rivolte femministe del ’68 molti diritti erano negati al sesso femminile. Si pretendeva dalle figlie che diventassero prima delle “brave ragazze” e poi delle brave e angeliche mogli e madri, votate esclusivamente alla famiglia. L’ambizione e la carriera lavorativa erano argomenti prettamente maschili e coloro che si azzardavano a prendersi la libertà di perseguire un proprio percorso autonomo, non erano ben viste.

Una delle attività femminili per eccellenza, dai tempi dei tempi, è sempre stata proprio quella del cucito che Maria Lai ha però convertito in arma per ottenere la sua stessa emancipazione. Infatti, questa giovane donna è stata in grado di trasformare quel che sarebbe dovuto essere l’ordinario, nella sua arte, riuscendo così a evadere da un futuro già prestabilito dalla nascita.
Parlando della sua vita lei stessa affermò: “Io fin da bambina avevo sempre bisogno di fuggire di casa e mi si guardava con un’interrogazione: ‘Non ti amiamo abbastanza? Perché stai sempre lontana? Perché ti nascondi sempre?’ Io amavo molto stare sola, nascosta, e mi dicevano: ‘Ma cosa fai?’ E io ascoltavo il silenzio. Mi sembrava bellissimo. Però naturalmente mi sentivo diversa, mi sentivo sempre un po’ accusata, mi pareva di tradire sempre chi mi amava. E sempre ho avuto il bisogno di creare distanze tra chi mi ama e me. Non sopporto di essere amata più di tanto. Il vero amore è quello che mi dava mio padre aiutandomi a essere libera anche essendo preoccupatissimo per me”.

Maria Lai, Geografia, 2006, Courtesy (C) Archivio Maria Lai by SIAE 2023

L’arte e la persona di Maria Lai si ricollegano alla virtuosa Caterina Cantoni che nel XVII secolo fu protagonista di moltissime citazioni letterarie, encomi e lodi che le vennero dedicati per la sua eccezionale virtù nel cucito. Il suo Ricamo di Aracne si è conservato fino a oggi e la grande rivoluzione di questa artista fu proprio quella di andare contro le regole prestabilite e rappresentare ancor prima delle pittrici donne del tempo, all’interno dei temi di carattere mitologico, dei momenti erotici e dei soggetti del tutto profani.
Ecco che anche Maria Lai come Caterina Cantoni, oltre a decidere di usare l’ago e il filo per farsi spazio in un mondo maschilista, crea un mondo incantato e mitologico tutto suo, partendo dalle figure leggendarie delle Janas, antiche divinità che, secondo la tradizione sarda, passavano il tempo a tessere. L’artista medita solitaria per riallacciarsi alla traduzione della sua terra d’origine e ricostruire un legame tra il presente e il passato arcaico.

Se pur vicina al gruppo Informale, non ne prende parte e agisce da sola con un bagaglio di esperienze e di vissuto del tutto singolare, impossibile da associare a qualsiasi movimento. Nelle sue opere Maria Lai parla di sé e del lavoro femminile nella sua terra. Maria Elvira Ciusa, sua ex collaboratrice, a riguardo ha dichiarato: “Il mondo delle arti, quando esordì, era dominato dagli uomini… Maria Lai veniva assalita dallo sconforto di dover continuare a lottare e trovarsi a vivere all’ombra dei suoi compagni di strada, coi quali aveva condiviso negli anni Sessanta i nuovi linguaggi dell’arte, di artisti come Pino PascaliJannis Kounellis, Piero ManzoniAlighiero Boetti”.
All’interno della sua mostra personale presso la Nuova Galleria Morone si nota grazie a un allestimento pulito e asciutto, la sua predilezione per i materiali tessili e gli elementi poveri come il legno, la carta, la terracotta e il cemento. Per poi passare all’uso delle stoffe, vernici e spago, in altri casi l’artista si è spesso confrontata anche con l’uso del pane ricollegandosi alle tradizioni e al folklore della sua terra d’origine, la Sardegna.

Maria Lai, Il muro di Maria, 1990, Courtesy (C) Archivio Maria Lai by SIAE 2023

In mostra si può ammirare la natura polimaterica che caratterizza l’arte di Maria Lai: l’opera lo Scialle di Janas, composta da una cascata di tavolette in terracotta su cui sono impressi i motivi dei tessuti tradizionali; il Muro, costruito da cementi ingentiliti da terrecotte smaltate inserite al loro interno; per poi passare alle Geografie, geometrie di fili bianchi su tessuto nero. Ma merita soffermare l’attenzione sui suoi Libri cuciti. In mostra è esposta tra le altre, l’opera Il miele delle Janas, del 1991 realizzato in stoffa, filo e tempera. Si nota la volontà di Maria Lai di far sì che lo spettatore osservi lungamente il suo libro, ricco di piccoli ricami e dettagli da scoprire. A prima vista appare simile a un volume antico eroso dal tempo, che esposto alle intemperie si è completamente scucito perdendo le sue rifiniture. L’artista sembra parlarci di una scrittura, di un’arte che nonostante tutte le avversità che affronta, riesce a sopravvivere nel tempo e contro il tempo. Infatti, come diceva lei stessa: “L’arte è come una pozzanghera che riflette il cielo, ma può passare inosservata. Può essere calpestata, ma l’immagine del cielo si ricompone sempre”.