The Floating Collection vede riuniti sei artisti contemporanei di varie nazionalità, da tempo attivi nel panorama internazionale. Il progetto nasce dalla volontà di creare un focus di riflessione sulle collezioni museali bolognesi, puntando la lente sulle esposizioni permanenti di tutte le reti cittadine. I due curatori hanno così invitato i sei artisti a confrontarsi con realtà e storia del territorio, ma anche con i principi fondanti della museologia e museografia attuali. Il punto di riferimento proposto agli autori coinvolti, per la loro indagine, è dunque il patrimonio conservato in città.
La mostra che completa questo periodo di residenza compiuto dai sei invitati è stato un racconto inconsueto del territorio reso nella forma dell’espressione artistica. Fra i lavori in mostra molti si fanno promotori di nuovi approcci alle attività di analisi e documentazione. Tutte le opere inoltre sostengono un criterio che Lorenzo Balbi e Caterina Molteni definiscono “collezione fluttuante”. Questa espressione vuole indicare un metodo di indagine e trasmissione delle informazioni che si contrappone all’impostazione enciclopedica e catalogatoria del modello contemporaneo. Si tratta di un approccio che rifiuta le interpretazioni unitarie ma offre al pubblico spunti di riflessione e percorsi aperti di approfondimento.
Nel racconto presentato dagli artisti, inoltre, l’indagine storica si affianca a quella estetica e sociologica.
The Floating Collection, del resto, si ispira al dibattito sui processi di decolonizzazione che hanno riguardato i musei etnografici e antropologici di tutto il mondo. Dagli anni Novanta, infatti, questi ultimi hanno posto al centro della propria attività la revisione della storia a cui fanno riferimento le proprie collezioni, promuovendo nuovi criteri di metodo e di studio.
La collettiva al MAMbo comincia nella sala d’ingresso del grande spazio al piano terra e si presenta imponente nel suo insieme. Occupa tutte le sale ma in modo perfettamente equilibrato.
Tra gli artisti invitati un riferimento esplicito alle collezioni bolognesi viene fatto da Alex Ayed. L’artista francese infatti utilizza la pratica del ready-made per fare “rivivere” quei fatti e circostanze a cui fanno riferimento i reperti conservati nelle collezioni museali cittadine. Ayed in questa occasione si appropria di metodologie ed elementi “trovati” nei musei dell’Alma Mater di Bologna. L’artista mette così a confronto diversi metodi di indagine in rapporto alle discipline e agli ambiti di studio.
Se il lavoro di Ayed interessa prevalentemente la sala d’ingresso, al lavoro di Cevdet Erek è dedicata la prima metà della Sala delle Ciminiere.
La grandiosa opera dell’artista turco interpreta le forme che caratterizzano la struttura architettonica dello spazio museale e dello spazio esterno all’Ex Forno del Pane. L’installazione Columns of curiosities è stata immaginata dall’artista a partire da una riflessione sulle caratteristiche architettoniche del territorio bolognese. Erek trova aspetti molti comuni fra gli elementi tipici dello spazio urbano e quelli delle sale del museo, come la colonna e il pilastro. In Columns of curiosities le ciminiere della sala espositiva del MAMbo, copiate e ricostruite a partire da un modulo più volte ripetuto, diventano piedistalli, strutture portanti e di congiunzione. Questi elementi determinano la forma dello spazio e il suo ritmo interno. Allo stesso tempo collegano idealmente la sala delle mostre temporanee con lo spazio al primo piano, dedicato alla collezione permanente.


Al concetto di “collezione fluttuante” fa riferimento in modo diretto Alexandra Pirici che propone una impalpabile collezione virtuale. Nella sua esposizione, del tutto intangibile, gli elementi perdono il loro contorno definito sfumando l’un l’altro in un racconto organico. Famose opere artistiche, letterarie e teatrali ma anche elementi della natura sono semplicemente “rappresentati” attraverso la parola e il corpo. Tutto ciò è reso possibile dall’azione delle due performer che si muovono nella seconda metà della grande sala.
Il corridoio di destra ospita invece le sculture di David Jablonowski, realizzate combinando assieme strumenti legati a vecchie e nuove tecnologie. Queste opere sono disposte una dietro l’altra, in modo da richiamare i vagoni di un treno merci. Sul piano tematico l’artista giustappone il concetto di innovazione, propagandato come valore nel mondo capitalista, al principio di conservazione, collegato all’attività museale. Jablonowski crea così un corto circuito dove viene denunciato, per ogni elemento esposto, l’appartenenza a un sistema di mercificazione in voga nel presente o nel passato.
Alle attività museali fa riferimento anche l’opera filmica Moonbird, realizzata da Rä di Martino. Nel video dell’artista romana si comprende come la conoscenza della realtà può avvenire attraverso la rappresentazione di quest’ultima, oppure attraverso la sua ricostruzione fittizia. Nella trama del film, infatti, il protagonista, Amedeo, smarrito nell’immensa collezione della sua dimora, ritrova il senso di tutte le cose proprio in quel vissuto onirico scatenato dal suo turbamento. In Moonbird l’artista utilizza musiche composte da Mauro Remiddi che rielaborano campioni sonori di strumenti musicali antichi, custoditi nel Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna.
Di stringente attualità è invece il video di Miao Ying, visibile nell’ultimo tratto del corridoio di destra. Ispirata dalle collezioni del Museo Civico Medievale l’artista cinese riflette sull’azione di collezionare nella società odierna.
Miao Ying ha vissuto in patria l’esperienza del controllo governativo sull’informazione e sulle scelte dei cittadini. Nel suo lavoro tuttavia i riferimenti a forme di autoritarismo “dolce”, e ben mimetizzato fra gli ideali di giustizia e sicurezza, riescono a scuotere anche le nostre coscienze di occidentali.
L’opera filmica Surplus Intelligence, ambientata in un futuristico medioevo, presenta una società in cui si è consolidata la pratica di accumulare indulgenze papali attraverso i bitcoin. La popolazione di Walden XII, dunque, è sottoposta al serrato controllo di una “casta” dirigente. Questo persuaso e consenziente popolo è soggetto inoltre alla raccolta di big data e a punteggi buoni o cattivi in seguito a scelte o comportamento individuali.
Dal punto di vista visivo gli ambienti e l’animazione traggono ispirazione dal mondo dei videogiochi e della grafica web.
La trama del film è stata elaborata da un software che utilizza le funzioni del machine learning, L’artista ha fornito all’intelligenza artificiale diverso materiale per l’elaborazione della storia: il romanzo utopico Walden II dello psicologo comportamentale B. F. Skinner; il racconto sadomasochista 霸道总裁体 (Presidente prepotente), famoso in Cina, varie teorie ideologiche e storie bibliche.