ARCO Lisboa
Alberto Burri, Cellotex, 1980

“La Luce del Nero” agli Ex Seccatoi del Tabacco, Fondazione Burri, Città di Castello

“La Luce del Nero” è il titolo dell’esposizione, a cura di Bruno Corà, aperta recentemente agli Ex Seccatoi del Tabacco, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri a Città di Castello

È stata allestita nei vasti ambienti adibiti alle mostre temporanee, dopo la riapertura degli spazi museali degli ex Seccatoi dedicati permanentemente ai cicli pittorici del maestro umbro, alla conclusione di importanti lavori riguardanti la climatizzazione, la pavimentazione dell’enorme struttura nonché la manutenzione delle opere collocate negli undici seccatoi. 

Queste opere appartenenti ai cicli “Il Viaggio”  del 1979, “Orti” del 1980, “Sestante” del 1982, il “Rosso e Nero” del 1984, “Annottarsi ” del 1985-86, “Non Ama il Nero” del 1988, i “Neri” del 1988-89 e  “Il Nero e l’Oro” del 1992-93, collocate al piano superiore del complesso architettonico, splendenti nella luminosità originaria,  riacquisita dopo le operazioni di ripulitura, si collegano con quelle  della “Luce del Nero”, allestite al piano inferiore del medesimo stabile.

In particolare i cicli  di Alberto Burri  dalle monumentali superfici pittoriche di colore nero, declinanti in inimmaginabili variazioni materiche e luminose dialogano con le opere presentate nella mostra “La Luce del Nero”, in una sorta di continuità ideale. All’inizio del percorso sono esposti alcuni lavori  dell’artista,  in una selezione stringata di opere delle varie stagioni pittoriche, a cominciare dalla stupefacente sequenza di minuscoli quadri, sedici miniature, della donazione Sweeney, regalati al direttore del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, James J. Sweeney,  fin dal 1953 e in anni successivi;  si procede poi con il catrame titolato “Nero” del 1950, con dei Sacchi, un Ferro, Combustioni Legno e Plastica, nonché Cretti e Cellotex,  in un excursus cronologico che dagli anni Cinquanta  si protrae al 1993 con “Nero e Oro”, ultimo quadro di Burri esposto, nel segno predominante del colore nero.  La mostra prosegue con lavori  di altri maestri della seconda metà del Novecento di livello internazionale, quali  Agnetti, Bassiri, Bendini, Castellani, Fontana, Hartung, Isgrò, Kounellis, Lo Savio, Morris, Nevelson, Nunzio, Parmiggiani, Schifano, Soulages, Tàpies, nelle cui opere l’universo del nero è esplorato in una vasta gamma di possibilità e  in rapporto ai singoli linguaggi degli artisti. Fra gli aspetti rilevanti dell’iter espositivo oltre alla bellezza delle singole opere emergono altre caratteristiche come denominatore comune, quali l’espressione di diverse proprietà del nero nell’incontro con differenti materie e grammatiche artistiche, nonché la sperimentazione di una visione oculare e tattile proprio in rapporto al fatto che l’esposizione “La Luce del Nero” è stata realizzata nell’ambito del programma Europa Creativa con il progetto “Beam Up” (Blind Engagement In Accessible Museum Projects), sul tema dell’inclusione e accessibilità dell’arte contemporanea per il pubblico con disabilità visiva. 

La specificità e unicità di tale progetto, nato dalla collaborazione fra la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e Atlante Servizi Culturali, con il coordinamento e la consulenza scientifica rispettivamente della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano e di Bologna e con la cura dell’immagine della mostra e l’ideazione dell’allestimento di Tiziano Sarteanesi, cui si deve fra l’altro anche il progetto della  ristrutturazione  degli Ex Seccatoi, sta nell’offrire al visitatore vedente e non vedente  esperienze sensoriali ed esplorazioni tattili sia attraverso una “camera sensoriale” creata appositamente all’inizio dell’esposizione, sia attraverso riproduzioni delle opere di Burri e manufatti relativi agli altri artisti che contemplano alcuni fra gli elementi più rilevanti del loro linguaggio.

Allo sguardo fisico e alla visibilità tattile fa da riscontro poetico, sala dopo sala,  il motivo della veggenza scaturito dalla “caecitas” di poeti e scrittori, i quali mostrano, secondo quanto scrive in catalogo il curatore Corà, “che percepire la realtà del mondo non è facoltà esclusiva degli occhi aperti su di esso, al contrario, spesso sarebbe più efficace serrare gli occhi su quanto ci circonda per concentrarsi su se stessi e trovare nei propri sentimenti risposte altrimenti ardue da ricevere all’esterno di sé”.

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