La No Man's Car di Honoré d’O

Jean-Baptiste Decavèle e Honoré d’O

Abbiamo avuto il piacere e l’onore di partecipare a una cena organizzata da Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier dove erano presenti due artisti, Jean-Baptiste Decavèle e Honoré d’O, convenuti per l’inaugurazione dei nuovi allestimenti realizzati a No Man’s Land, visibili da domenica 5 giugno 2022.

Jean-Baptiste Decavèle e Honoré d’O hanno partecipato a No Man’s Land in modi del tutto diversi. Jean-Baptiste Decavèle, infatti, ha avuto parte determinante nella configurazione di questo grande progetto ambientale, seguendo in parte le direttive di Yona Friedman, che immaginava questo luogo come il prototipo de La Cité des Réfugiés: che consisteva nell’offrire un alloggio minimo e adattabile a chiunque ne avesse bisogno, ipotizzando una sorta di villaggio costruito come l’aggregazione di moduli cubici elementari.

Arte ambientale o architettura? Una domanda oziosa, in definitiva, e lontana dallo spirito transdisciplinare e sperimentale di Friedman. Il quale, con i collage della Ville Spatiale, che risalgono agi anni ’50 del secolo scorso, aveva fatto della mutabilità nell’architettura, negli edifici e, infine, nella città, la propria bandiera.

Friedman non può vedere l’attuale l’ampliamento del suo iniziale nucleo di moduli; o forse, chissà, può anche vedere. In ogni caso Jean-Baptiste Decavèle ha l’onere, e l’onore, di portare a compimento le intenzioni di Friedman filtrate, ovviamente, dalla propria sensibilità di artista.

Conosciuto Friedman nel 2005, Decavèle ha documentato, attraverso video e interviste, il pensiero e l’opera di Friedman; rielaborandoli, poi, in maniera originale.

Honoré d’O è invece giunto a No Man’s Land con la sua No Man’s car. Cos’è la No Man’s car?

Esito di un progetto concepito durante la pandemia da Covid19, la No Man’s car è una vettura offerta a vari artisti, che hanno avuto la possibilità di allestirla come spazio espositivo itinerante. In tal modo la No Man’s car si è caricata di molteplici significati e del vissuto di quanti l’hanno utilizzata. Per esplicitare questo uso e questi valori particolari l’esterno dell’automobile è stato aggredito da una gran quantità di “bolle”, semisfere di polistirolo bianco che hanno il potere di evocare una sorta di infezione da Covid della macchina stessa.

Il desiderio di condivisione, e il desiderio di fare dell’utente, rifugiato o artista che sia, il vero protagonista dell’azione, sono condivisi dunque da Jean-Baptiste Decavèle e da Honoré d’O. E questa comunione di intenti è davvero singolare e significativa: basti pensare che Honoré d’O e Yona Friedman non si sono mai conosciuti, che sono divisi da 4 decenni e che il più giovane non ha mai studiato, per sua ammissione, l’opera del più vecchio.

Durante la cena, pertanto, Jean-Baptiste Decavèle e Honoré d’O hanno convenuto dell’importanza cruciale che hanno i fruitori nell’attivazione delle loro opere “mobili”: da un lato quanti si appropriano dell’autovettura o dei moduli cubici, riconfigurando gli oggetti secondo i propri desideri e le proprie necessità. Dall’altro, quanti hanno costruito fisicamente i moduli cubici disponendoli secondo la propria sensibilità.

In definitiva una cena all’insegna della libertà appropriativa e fruitiva di spazi e oggetti.

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