Arco Madrid 2025
Jason Hirata

Jason Hirata. Dà a chi avaregia

Fino al 9 settembre, Fanta-MLN ospita la seconda mostra personale dell’artista multidisciplinare Hirata, che offre spunti sui processi produttivi oltre il flusso creativo

Secondo alcune fonti, il primo documento scritto della storia dell’umanità di cui si abbia testimonianza è una ricevuta di pagamento incisa su una tavoletta di argilla. Per Jason Hirata (Seattle, 1986), il concetto di denaro è ancora più antico di quanto non lo sia il termine che sta ad indicare. In occasione della sua seconda personale negli spazi di Fanta-MLN, la ricerca analitica dell’artista statunitense si concentra ancora una volta sulla stratificazione, sia storica sia materiale, e sull’indagare i processi artistici al loro interno, spogliandoli degli aspetti emotivi per arrivare a mostrarli da una prospettiva inedita.

Il titolo della mostra, Dà a chi avaregia – un madrigale scritto da Lorenzo da Firenze – è lo stesso dell’unica opera scultorea presente, che si compone di due metronomi e di una fattura “suonabile”. Alle voci presenti in fattura (grave, lento, adagio, allegro, vivace ecc.) è abbinato il relativo valore economico che viene quantificato in BPM, o meglio nel range di battiti per minuto all’interno dei quali sono descritti i singoli tempi. I due metronomi, impostati su due tempi musicali distinti, ci accompagnano col loro incedere claudicante all’interno del percorso fotografico, per il quale Jason Hirata si è avvalso della collaborazione della fotografa svizzera Gina Folly. La pratica dell’affidarsi ad altri artisti o di accreditarli nei suoi lavori fa parte della poetica di Hirata da quando, nel 2008, inizia a lavorare come assistente per artisti e istituzioni museali, spesso proponendosi come videomaker, installatore, o tecnico. Secondo lui, il supporto tra artisti è paragonabile all’importanza che i materiali come  proiettori e cavi elettrici hanno per il buon funzionamento di una mostra.

Hirata chiede quindi a Folly di recarsi al tempio di Giunone Moneta, o quello che ne resta, sull’Arx Capitolina di Roma, e di fotografare il sito dai quattro angoli. Il termine “moneta” per come lo conosciamo (da cui il corrispettivo inglese money), deriva dall’attributo monere, “ammonire”, da cui Giunone “Ammonitrice”. Il tempio sorgeva accanto alla prima zecca della Roma antica, dove iniziarono a essere coniate monete raffiguranti proprio l’effigie della dea. A partire dalla ricerca storiografica ed etimologica dei termini moneta e conio (cuneo, angolo), Jason Hirata, tramite l’obiettivo di Folly, si concentra quindi sui vari livelli, sul riportare alla luce ciò che era ed è sempre stato. Ecco allora che sui mattoni originali delle mura del tempio compaiono centraline di ricarica per auto elettriche (Comobility, 2024), passanti indifferenti che mangiano o guardano sorpresi all’obiettivo (Looking at Gina, 2024), una chiesa in stile romanico sorta sulle rovine, erba e margherite laddove si trovava il vestibolo (Daisy, 2024). 

Sulla falsariga di Painted Square, già proposta negli spazi della galleria milanese nel 2021, Hirata ci costringe a incuneare lo sguardo – non a caso anche il termine coin, moneta, deriva da “angolo” – per concentrarci sui dettagli e sviscerarli, in un’ottica analitica e intimista. Similmente, una ben poco romantica fattura si fa al tempo stesso testimone dei meccanismi insiti all’interno del processo di produzione artistica e opera finita, superando i limiti imposti dall’oggetto e dal suo significato reale.

Jason Hirata Dà a chi avaregia
Fanta-MLN
via Asiago 12, Milano
fino al 9 settembre 2024