Ci troviamo davanti a un nonluogo, un territorio incerto in cui le idee germogliano, sfidando il confine tra ciò che è umano e ciò che appartiene alla macchina. Il crash di un hard disk non è qui solo un dramma tecnologico, ma un evento epifanico, capace di trasfigurare il processo creativo e mettere in discussione i fondamenti stessi della proprietà intellettuale.
Nel gennaio 2021, un errore imprevedibile spalanca un orizzonte inaspettato. Ricciardiello, intento a lavorare su una serie fotografica ispirata a una scultura in ceramica – una corona di spine fiorita – si trova di fronte alla perdita di gran parte del suo lavoro. Ma il recupero parziale dei files non restituisce l’ordine conosciuto, bensì un caos nuovo: cromie stravolte, forme alterate, una materia visiva trasfigurata. Quello che era un progetto dal titolo Era de Maggio diventa un quesito filosofico: “È ancora mio questo lavoro? Cos’è, ora, l’idea che avevo immaginato?” si chiedeva l’artista.
L’errore tecnologico, lontano dall’essere rifiutato, si innesta nel linguaggio dell’artista come una mutazione necessaria. In un atto di resistenza creativa, Ricciardiello trasforma il bug in opportunità, lasciando che l’algoritmo agisca come co-creatore, un complice involontario del gesto artistico. Il risultato è un corpus di opere che non rappresentano solo il dato estetico, ma il passaggio da una concezione puramente umana dell’arte a una dialogica, in cui la tecnologia interviene come medium autonomo e in parte imprevedibile.
Le opere fotografiche sono divenute oggetto e soggetto di una mostra evento lo scorso 19 novembre, all’ombra del Duomo di Milano, esposte nello studio legale Campa Avvocati per un progetto ideato in collaborazione con Jaumann che, dal 1937 si occupa di Intellectual Property. Le opere, disseminate su un tavolo come prove di un processo, hanno ‘costretto’ i presenti a rivedere la natura dell’arte e della sua tutela.
Si trattava di documenti? Testimonianze? Opere? Sono ancora fotografia? E chi ne è l’autore? L’uomo che ha concepito il progetto originale, o la macchina che lo ha riscritto attraverso un errore? Questi interrogativi, oggi, spalancano una riflessione sul ruolo dell’artista, dell’algoritmo e del diritto nell’epoca contemporanea.
Gli avvocati Massimo Campa, Andrea Santini e Leonardo Jaumann hanno guidato il pubblico in un territorio poco esplorato, quello in cui l’arte si fonde con la legge, sollevando dilemmi inediti sull’applicazione del concetto di proprietà intellettuale. È possibile, oggi, definire i confini della creatività quando gli strumenti tecnologici diventano attori autonomi del processo creativo? E cosa succede alla proprietà di un’opera quando questa nasce da un’ibridazione tra mano umana ed errore algoritmico? Si è chiesta Azzurra Immediato nel testo critico che ha accompagnato Intellectual Property, considerando che la presentazione del progetto, non è stata una mera esposizione, bensì un’occasione di scavo intellettuale.
Ricciardiello non si è limitato a esporre il risultato di un accadimento tecnologico, ma lo ha tradotto in un linguaggio artistico che sfida le nostre certezze. Il suo lavoro non cerca la perfezione formale, bensì l’indagine, il dubbio come punctum che apre a nuove narrazioni. E proprio nel dubbio si annida la provocazione di INTELLECTUAL PROPERTY: possiamo ancora parlare di arte pura in un contesto in cui il processo creativo si svolge attraverso l’interazione di umano e tecnologico? L’opera di Ricciardiello si fa specchio di una società in bilico, in cui l’ibridazione tra arte, vita e tecnica è sempre più profonda e sempre più difficile da delimitare.
Il progetto si è completato con un’opera video e la scultura originaria, elementi che testimoniano il passaggio dal tangibile all’immateriale, dal progetto originario alla sua reinvenzione. Il tutto si innesta su una questione più ampia, quella della regolamentazione giuridica nell’era dell’intelligenza artificiale. Se da un lato si cercano leggi per tutelare i creatori di contenuti, dall’altro emerge il problema della paternità delle opere nate da processi automatizzati. Chi possiede il frutto di un’intelligenza artificiale? E cosa distingue un’opera d’arte da una semplice manipolazione tecnica?
Nella tensione tra diritto e creatività, INTELLECTUAL PROPERTY non offre risposte chiuse e rigide, ma apre un campo fertile di interrogativi. Ricciardiello, con il suo gesto di accettazione e trasformazione dell’errore, non solo riafferma il valore dell’idea come centro del processo artistico, ma anticipa un futuro in cui le categorie di arte, tecnologia e diritto si intrecceranno sempre più strettamente. E noi, osservatori di questo processo, quale ruolo rivestiamo? Siamo testimoni passivi, o parte di un dialogo che, come l’arte stessa, continua a evolversi?