La mostra Il senso dell’oltre, a cura di Cecilia Casadei e Bruno Ceci è promossa dal Comune di Pesaro e Fondazione Pescheria – Centro Arti Visive, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, l’Archivio Oscar Piattella ETScon la collaborazione di Pesaro Musei e di Civita Mostre e Musei.
L’esposizione che fa parte del ricco programma di Pesaro Capitale della Cultura 2024 intende indagare lo stretto rapporto che esiste tra la ricerca artistica e quella tecnologica, mettendo in relazione trasversale tutta la storia dell’arte con l’innovazione e le sue potenzialità. Basti pensare ai primi strumenti rudimentali del Paleolitico fino alle attuali possibilità del digitale per comprendere che l’arte ha avuto la capacità di adattarsi attraverso le nuove possibilità tecnologiche che hanno influenzato i modi le tecniche espressive, i materiali usati e l’estetica. Questa mostra, attraverso le opere di questi quattro artisti, da sempre attratti dall’innovazione nel loro percorso creativo, documenta come l’arte possa rompere gli schemi espressivi del proprio tempo, offrendo sempre nuove letture dello spirito del tempo. Si tratta di una mostra affascinante anche per gli accostamenti tra le opere dei quattro artisti ed lavori classici della collezione permanente dei Musei Civici, tra cui si instaura un sorta di dialogo estetico e poetico che sembra prescindere dalle coordinate spazio temporali, assestandosi su una dimensione altra.



Se da un lato, le opere classiche della collezione permanente, ammaliano per il loro naturale splendore, per la loro antica aura storica, i lavori di Renato Bertini, Bruno Bruni, Oscar Piattella, Giuliano Vangi, attirano per la loro verve creativa, per il loro essere innovativi, ciascuno in modo personalissimo. Sono creazioni che nascono dalla sperimentazione, dalla voglia di intercettare nuove strategie espressive, partendo dagli elementi essenziali: l’uso della luce che diventa guizzo di energia, il colore che diventa materia pulsante, la gestualità che sembra liberarsi da lacci millenari ed infine il segno che come uno squarcio segna indelebilmente la cifra identitaria di chi lo ha agito.
Tutto ciò ha molto a che fare con chi ammira queste opere, lo spettatore infatti con la propria sensibilità agisce sul senso della creazione, moltiplicandone i significanti, in relazione al proprio vissuto. Il percorso espositivo è costituito da opere che vanno dalla seconda metà del Novecento fino ai giorni nostri, interessante per il taglio filologico, che peraltro esce dalla dimensione locale per collocarsi nel catalogo della storia dell’arte globale.