Arco Madrid 2025
Palazzo Zuleikha, Villa Zibadasht, 2022. fotografia Roshanak Tehrani - Albero Della Vita, IFCM, Lione, 2019. fotografia Kamran Tafreshi

II. Danzando sul vuoto. Kamran Afshar Naderi

In questa seconda parte del mio dialogo con Kamran Afshar Naderi, architetto, scultore e designer iraniano di fama mondiale innamorato dell’Italia, in cui ha studiato, parliamo di arte contemporanea tra Iran e Italia, in particolare della sua, dagli anni Settanta ai nostri giorni.

Il tuo stile di scultura, questo è certo, serba memoria delle antiche miniature persiane…

Dal punto di vista compositivo e formale, ci sono delle affinità, ma a differenza delle miniature le mie sculture non hanno una funzione narrativa. Almeno fino ad oggi. Le miniature persiane riescono a trasmettere i sensi di profondità e di planarità contemporaneamente. In alcuni miei lavori, come “Il Palazzo Zuleikha”, ho cercato di creare e di intensificare questa qualità. Si tratta di un pannello scultoreo basato su una costruzione geometrica che rappresenta una prospettiva multifocale (ispirato ai lavori di Enzo Mari). Tutto il disegno è composto dai triangoli di varie dimensioni che hanno una loro logica prospettica tridimensionale, indipendente. L’effetto di chiaro scuro, creato sulle superfici riflettenti in acciaio inox, fa da tramite tra la prospettiva bidimensionale e l’oggetto tridimensionale. I riflessi provocati dell’ambiente circostante e della scultura stessa, conferiscono maggiore profondità alla scultura.

Parliamo un poco del processo. Come nascono i tuoi lavori dall’idea, al primo abbozzo, alla realizzazione finale? Immagino ti avvalga di valenti collaboratori.

Parliamo di un esempio concreto. Nel 2015 visitai l’expo di Milano. Li c’era il famoso edificio che si chiamava “Albero della Vita”. Appassionato di iconografia antica persiana, dissi a mia figlia che avrei voluto fare una scultura che richiamasse il mito dell’albero della vita, un motivo molto ricorrente nei disegni persiani sin dal IV millennio a.C. Tornando a Teheran, ho iniziato a fare una ricerca abbastanza vasta sul concetto dell’albero della vita nelle varie civiltà del passato. Ho incaricato uno dei miei collaboratori di elaborare i miei schizzi al computer. A quel tempo non avevo nessun’idea di dove mi avrebbero portato quegli studi. Un paio di anni dopo, una mia amica, l’artista Leila Farzaneh, che produce ceramiche dipinte a mano, mi disse che aveva ricevuto una richiesta di presentare proposte per le opere d’arte da collocare in un istituto culturale dedicato alle civiltà islamiche a Lione. Nella sua fabbrica, Leila produceva begli oggetti e piastrelle decorate con i suoi disegni eseguiti a mano, ma per quel genere di lavoro servivano altri know-how. Nel programma della competizione erano previste opere d’arte di diversissima dimensione da fissare ai muri o ai soffitti della hall principale del complesso. Ho proposto di lavorare sull’opera più grande (un pannello di dimensioni 9.50 x 3.50 m) prevista nel programma. Andai a Lione. Visitando l’edificio dell’istituto, ancora in costruzione, ho scoperto che l’opera sarebbe stata collocata su una parete alta 16 m., di proporzioni verticali. Le condizioni erano ideali per un albero della vita. D’altro canto, l’istituto (IFCM) era un luogo per tutte le culture islamiche e l’albero rappresentava un elemento in comune tra tutte le culture storiche. Tornato in Iran, ho cominciato a lavorare sul progetto. I miei lavori sono sempre stati una via di mezzo tra astrazione e figurativo. Per poter controllare il disegno dell’albero su una superfice di circa 33 metri quadri, avevo bisogno di una regola. La regola era una griglia che veniva dalla mia conoscenza delle geometrie antiche persiane. La ceramica intarsiata di tonalità azzurra mi collegava alle tradizioni iraniane, gli specchi anche. Stranamente i persiani non avevano mai utilizzato le ceramiche e gli specchi in combinazione. La scelta del colore e dei motivi decorativi sulle ceramiche è stata di Leila, dopo esserci confrontati. 

Difficoltà nel tradurre in pratica questi concetti non saranno mancate…

Gli elementi piramidali, in acciaio riflettente inox e ceramica, ciascuno diverso dall’altro, costituivano un grande problema tecnico da risolvere. La scelta del supporto ideale per installare circa 3000 elementi in ceramica e acciaio, il loro trasporto e l’installazione a Lione erano altri fattori da considerare. Occorrevano anche dei calcoli strutturali specifici per garantire la stabilità dei supporti e del telaio che conteneva l’opera. Il tutto ha richiesto un lavoro stancante di un anno e mezzo di un gruppo di circa 40 persone tra artisti, artigiani, ingegneri, architetti e fabbri per riuscire a finire e installare l’opera in modo permanente nella sala principale. Abbiamo prodotto diverse centinaia di disegni, tanti prototipi e campioni in scala reale e prima di trovare la soluzione finale, abbiamo fatto molti tentativi. 

(segue)