L’esposizione, allestita nelle suggestive sale della Galleria d’arte contemporanea di Palazzo Ducale di Pavullo nel Frignano (MO), vede 18 artisti invitati a partecipare : Karin Andersen, Nicola Biondani, Alessandra Brown, Erica Conti, Gianluca Groppi, Federico Lombardo, Dayana Montesano, Morgan O’Hara, Nunzio Paci, Flavio Pacino, Ilaria Piccirillo, Elisa Rossi, Giovanni Giacomo Sementi, Giulia Sensi, Giuliana Storino, Wainer Vaccari e Gioele Villani. Ogni autore è qui chiamato a differenziare situazioni legati alla sfera umana come il pensiero emotivo, il corpo anatomico, il linguaggio, la razionalità e lo slancio verso il divino, come aspetti comuni coinvolti nel recupero della humanitas .
Nell’ampia disamina, che vede confrontare le opere di artisti provenienti da tutta Italia nel tentativo di ricercare e descrivere la “dimensione umana”, si evidenzia in una sintesi, l’opera di Giuliana Storino, capace di generare riflessioni profonde, le quali all’interno di un gioco continuo di rovesciamenti e significati, ci rivelano la complessità di un topos identitario: la mano. La mano è il segno potentissimo che mette in relazione l’arte prima della storia; il simbolo della costruzione della civiltà così come anche della sua stessa distruzione. La tecnica è incarnata nella nostra ereditarietà genetica alle mani, divenute il principale strumento di ibridazione tecno-logica dell’uomo, in cui secondo il padre dell’antropologia André Leroi-Gourhan la liberazione della mano indica l’evoluzione verso il vertice della coscienza umana.
Ritmo, dondolamento (leggi oscillazione), imitazione, sono all’origine dei meccanismi che l’artista reputa la base costitutiva, il primum fondamentale dell’uomo, che «prima di fabbricare utensili, prolungamento dei suoi gesti, plasma il proprio gesto». La mano risulta così Il motore narrativo, l’elemento di raccordo tra la dimensione del fare e quella del pensare, con cui Storino agisce al recupero del segno di un legame che oggi tende all’utopia.

“U-mani, mano, umano, umanità” è il titolo dell’opera, in cui metonimia, tautologia e autobiografismo, si fondono nel gesto e segno, tra artista e opera, esecutore e ritratto, in cui l’umanità stessa si ritrae.
Giuliana ha studiato con l’aiuto dell’interprete LIS Mariateresa Gibo, la gestualità delle lettere che ha riprodotto in 9 calchi di entrambe le sue mani, con cui ci invita a compiere uno scavo nella materia del linguaggio. Segno, Disegno, Scrittura, Linguaggio e Gesto, convergono nella piramide tassonomica della mano che ha reso l’uomo umano. La mano muove la riflessione sull’individuo e la specie, e di nuovo sulla genesi di ogni atto creativo, i suoi legami con la tecnica e con il linguaggio, l’evoluzione verso il vertice della coscienza umana.
Giuliana Storino, confrontandosi con l’installazione ambientale nella sua pluralità espressiva, sonda le relazioni tra spazio, segno, materiali e linguaggio, raccordando la progettualità sperimentale all’eredità classica che ritiene imprescindibile.
Le sue opere mettono in atto i processi, ridiscutono le origini e i legami tra l’idea stessa di arte, di imitazione e di gioco, dando vita a un’indagine poliedrica, volta ai grandi temi di un’esistenza di stampo antropologico.
