Continua anche nel mese di aprile la mostra di Gianfranco Gorgoni, fotografo di grande talento che ha immortalato i protagonisti del panorama artistico mondiale dagli ultimi decenni del secolo scorso, ha documentato la loro produzione collaborando in particolar modo con i pionieri della LAND ART di cui è considerato il più autorevole divulgatore e interprete.
Il suo breve ma denso sodalizio a fine anni ‘60 con Robert Smithson, iniziatore e principale esponente della Earth Art deceduto prematuramente nel 1973, lo ha consacrato come il fotografo preferito dagli artisti del movimento. Un movimento che esigeva dalla fotografia la corretta e puntuale documentazione degli earthworks, un compito impossibile da assolvere senza una profonda cognizione e condivisione degli ideali, dei concetti, delle finalità alla base delle loro pantagrueliche imprese. E Gianfranco Gorgoni non è stato soltanto un fotografo, né il fotografo, ma un co-autore che assisteva, partecipava, viveva il compimento delle opere.
Fu così sin dall’inizio: l’incontro con Robert Smithson nel 1968, la collaborazione artistica nella realizzazione dello Spyral jetty, ultimato nel 1970. Due immagini in mostra ci fanno conoscere questo poderoso intervento: un molo a spirale costruito sulla sponda dell’inospitale Grande Lago Salato, due immagini da prospettive diverse, prese in tempi diversi, che ben dimostrano l’imponenza e la versatilità dell’opera in base ai cambiamenti stagionali.
Nelle foto in bianco e nero delle opere di Walter De Maria (Lines, 1970), Michael Heizer (Motorcycle drawings, 1970) e Richard Serra (Sculpture in Toronto, 1972) la presenza umana fornisce la scala delle dimensioni mentre le ombre solitarie e lunghe guidano l’occhio nella lettura del contesto e conferiscono un senso di isolamento e atemporalità persi nella vastità del panorama.
Colorata con toni tenui, in prevalenza grigi, marroni e azzurri, l’immagine dei Sun tunnels di Nancy Holt cattura l’essenza del paesaggio deserto in un’atmosfera silente, calda e dorata che invita a un senso di placido abbandono, di ripiegamento, di riconciliazione con sé stessi.
Le installazioni caduche di Christo e Jeanne-Claude delegavano alla documentazione fotografica. la loro stessa sopravvivenza: non bastava documentarle, bisognava assicurarle al futuro, alla posterità. All’infinito. Ed ecco che Gianfranco Gorgoni fa serpeggiare all’infinito il Running Fence, 1972-1976, il Recinto Corrente per quasi 40 Km a nord di S. Francisco. Lo riprende con una prospettiva angolata che ne enfatizza la sinuosità e la lunghezza, lo proietta oltre i limiti spaziali dell’immagine. Oltre i limiti temporali della sua breve vita. Un’atmosfera di fiduciosa tranquillità traspare dalle Surrounded Islands, 1983, ferme tra l’azzurra serenità del mare e del cielo. Christo e Jeanne-Claude le circondano con una larga fascia di polipropilene rosa fluo, un evidenziatore gigante che sottolinea promesse di sole, vacanza, gioco. Gioco anche quello che Gianfranco Gorgoni evidenzia ritraendo Christo dietro il modellino galleggiante, dove la bellezza dell’effimero eclissa l’impegno gigantesco preventivato e speso per un balocco del genere.
La collaborazione con Ugo Rondinone, nel 2016, sfiora il tema del magico sin dal titolo dell’opera: Seven Magic Mountains. Sette poderosi totem formati da grandi rocce impilate, dipinte con diversi colori fluorescenti e vivaci, eretti in un luogo disabitato non lontano da Las Vegas, Nevada. Sette giganti snelli e silenziosi bloccati nel silenzio di un paesaggio disabitato. Gianfranco Gorgoni li guarda e li fotografa a più riprese. Li coglie, variopinti e maestosi, nella magia di un cielo che sfuma dal blu chiaro all’arancione, osservati da una timida luna piena, nell’incertezza di un’alba o di un tramonto. Li sorprende, allineati e monocromi, nella magia di un caldo tramonto, retroilluminati dall’ultimo sole che incorona di luce quello centrale: il Re, l’Eroe, il Santo……
Nel presentare la mostra Alberto Dambruoso afferma che le foto di Gianfranco Gorgoni “restituiscono allo spettatore l’idea dell’artista ….. sommata a quella del suo sguardo”. Niente di più vero.


