Gagosian Atene ha recentemente inaugurato una mostra collettiva che mette insieme le opere di tre generazioni di artisti locali, regionali e internazionali. Gli artisti in mostra hanno riflettuto sul potere poetico di rovine e frammenti. Questo discorso acquista maggior valore in una città come Atene, metropoli contemporanea piena di tracce di storie antiche. Per alcuni di questi artisti sarà la prima esposizione in Grecia. “Ruins and Fragments” è organizzata da Louise Neri e Christina Papadopoulou.
Architettura, scultura e cultura materiale in stati di rovina o di incompletezza stimolano la mente e la portano ad immaginare. Ed Ruscha disegna luoghi desolati e malinconici: durante la sua carriera, l’artista americano ha trovato innumerevoli nuovi modi di dipingere questi paesaggi. Nei dipinti di “Metro Mattress” (2015), realizzati con acrilico su carta, raffigura giacigli abbandonati e materassi distrutti, lasciati sulle vie di Los Angeles, isolati in vuoti spazi bianchi. Questi personaggi improbabili crollano e si afflosciano con l’età, i loro strappi e macchie attestano la nuda vita che un tempo sostenevano.
Per Rena Papaspyrou, la città di Atene rappresenta un perpetuo sito di sperimentazione e la fonte materiale e concettuale della sua arte. In lavori come “Image through Matter” e “Geography” (Images through Matter) (entrambi del 1981), l’artista greca rimuove uno strato di segmenti di parete e li modifica con la matita o il pennarello, rendendo quei segmenti opere d’arte autonome che posseggono una complessità visuale come fossero mappe o dipinti astratti, mentre l’osservatore può scoprire immagini che si formano sulle superfici grazie all’azione del tempo.
Per “Brick Reliquaries” (2020), Theaster Gates ha sperimentato nel suo studio di Chicago con il limite di rottura dell’argilla: i rilievi murali primordiali, realizzati con mattoni grezzi e manganese, sono stati cotti a una temperatura di gran lunga superiore ai limiti abituali. Nel processo, il materiale inizia a deformarsi e collassare, le sue note proprietà si trasformano nei misteri della scultura basata sul calore. Trovare possibilità creative alternative negli scarti dello studio: Cristina Iglesias costruisce modelli schematici utilizzando cartoncino e altri rifiuti, li fotografa e quindi ridimensiona le immagini, struggenti architetture mentali serigrafiche su scintillanti pannelli di rame.
Numerosi testi filosofici greci sono sopravvissuti solo come “frammenti”. Sebbene questi testi costituiscano una piccola parte degli originali, il loro significato risiede nella loro capacità di illustrare gli aspetti più rilevanti dei pensieri dei loro autori. Nella sua ultima serie di dipinti “in ceramica” ispirati dalla Ceramica di Talavera messicana, Adriana Varejão si interroga sulle relazioni tra le diverse culture latinoamericane, con l’intersezione tra le tradizioni indigene, i colonialisti spagnoli e l’internazionalità moderna. Nell’opera “Cuadrato Blanco” (White Square) (2020), la Varejão prende infatti spunto da un antico vaso messicano indigeno e rivela narrative oscurate dai margini della società. Anche Maria Loizidou fa riferimento ad antiche tradizioni vernacolari: nel suo caso, ai tessuti della sua nativa Cipro. L’artista esplora questo tema in “Pelage” (Pelt) (2021), un disegno diviso in venti parti di frammenti tessili in vari stati di decostruzione.
Sarah Sze intitola poeticamente la sua scultura “Wider Than the Sky” (2021). L’opera è una struttura parabolica erosa fatta di tanti elementi di acciaio colato lucidati a specchio che assorbono e rifrangono l’ambiente circostante. Un recente dipinto, dal titolo “Pause to Let the First One Pass” (2021), mostra l’approccio della Sze al piano pittorico, con una composizione fatta di parti di immagini, carta straccia, vivide pennellate e gocciolamenti. Nell’installazione “Corpo di pietra—rami” (Body of Stones—Branches) (2016/2021), Giuseppe Penone evoca il processo naturale di crescita e decadimento esponendo il sistema vascolare di un frammento di marmo tagliato, inserendo in esso rametti in bronzo fuso, mentre Tatiana Trouvé riflette sull’evoluzione e l’adattamento umano in una serie di sculture di cyborg realizzate con il bronzo fuso, che riuniscono oggetti discordanti. Con lo stesso spirito dei “Nonsites” di Smithson, Joana Hadjithomas e Khalil Joreige hanno dato vita all’ “Unconformities project” (2014–), che esplora attivamente ciò che gli artisti chiamano “un intervallo mancante nella registrazione geologica del tempo”.
L’artista Christodoulos Panayiotou si ispira ai processi di scavatura, documentazione, restauro e sotterramento, che costituiscono i principi dell’archeologia. Per la serie Mauvaises Herbes (2020), continuazione della sua presentazione al padiglione nazionale alla Biennale di Venezia del 2015, Panayiotou studia i mosaici del sito archeologico di Kourion, a Cipro, e le nuove superfici emerse in seguito alla sepoltura.
Una mostra sulle rovine non sarebbe completa senza una statua frantumata. Con un tipico gesto iconoclasta, Douglas Gordon realizza una replica in marmo nero della statua del celebrato poeta Robert Burns, conservata presso la Scottish National Gallery, la distrugge, quindi ne posiziona i frammenti ai piedi dell’originale in marmo bianco. Un lavoro collegato ad esso prende il nome dal soprannome del poeta: “Wee Rabbie Burns” (2017) è presentata ad Atene per la prima volta e riporta il poeta nel luogo dei suoi sogni.
Il 4 febbraio, infine, il Benaki Museum of Greek Culture di Atene ha inaugurato una presentazione sui recenti “Vasi d’argilla” di Theaster Gates, posizionati in mezzo ai reperti archeologici della collezione.
Dal 3 febbraio al 23 marzo 2022
Ruins and Fragments
dal 03 febbraio al 23 marzo 2022
22 Anapiron Polemou Street, Athens